05 Marzo 2021

Covid, a un anno dal primo lockdown marzo è di nuovo un mese nero

Di NS
Preoccupa la curva dei contagi. Si ragiona di vaccinazioni sui posti di lavoro. E Speranza apre al siero russo “se l’Ema dà l’ok”

di Marta Tartarini

L’Italia si tinge di rosso e arancione: con l’aggiornamento settimanale delle classificazioni dei territori aumentano le restrizioni che entreranno in vigore da lunedì in alcune aree del Paese. I contagi, complici anche le varianti inglese e brasiliana, aumentano e l'Rt passa dallo 0,99 della scorsa settimana a 1,06. E' la prima volta che si verifica dopo sette settimane. Passano in area arancione Friuli Venezia Giulia e Veneto e in zona rossa la Campania. Il Lazio, in bilico, resta giallo come anche la Liguria.    

Il mese di marzo si preannuncia un mese terribile: il pensiero torna a un anno fa quando proprio in questi giorni iniziò, a sorpresa, il lockdown totale. E ora, un anno dopo, c’è chi, soprattutto tra gli operatori sanitari, invoca maggiori restrizioni per non tornare alla situazione di allora. I dati che più preoccupano sono quelli dei contagi ma anche quelli delle strutture ospedaliere: il tasso di occupazione delle terapie intensive a livello nazionale è in aumento al 26% contro il 24% della scorsa settimana, avvicinandosi pericolosamente alla soglia di 2.500.

Il governo Draghi cerca di accelerare con la campagna di vaccinazione, stretto tra la difficoltà di reperimento delle dosi e la speranza di nuovi brevetti. Di fronte a quasi 5 milioni di dosi somministrate, l’esecutivo mette in campo una nuova organizzazione sulla base della esperienza militare del nuovo commissario Figliuolo. E cerca di mettere a frutto due fronti interni, coordinando nell’azione anti-contagio gli enti locali, da un lato, e i luoghi di lavoro dall’altro. Dopo il via libera a una campagna di vaccinazione nelle aziende, resta da verificare la modalità organizzativa più efficace e capire quale tipo di personale medico coinvolgere, ma un ruolo importante dovrebbe svolgerlo l’Inail.

Sul fronte dei territori le Province avvieranno in questi giorni una ricognizione per trovare tutte le sedi utili a diventare hub vaccinali, soprattutto nelle aree interne. Il presidente dell’Upi Michele De Pascale assicura piena disponibilità nel reperimento di spazi per contribuire alla massima presenza di centri anche nelle aree collinari e di montagna. Le Regioni poi spingono per una decisa accelerazione del piano vaccinale, ma i nodi restano le forniture, tanto che i governatori chiedono al governo di percorrere tutte le strade possibili per autorizzare nuovi vaccini da affiancare a quelli già utilizzati. L’attesa è in particolare per il vaccino made in Russia, con il ministro della Salute Speranza che sottolinea: “Non ci interessa dove sia stato studiato e prodotto ma che sia sicuro ed efficace. Siamo pronti ad acquistare anche il vaccino russo, purché l’Ema dica con sicurezza che è efficace e sicuro”. Cosa però che richiederà del tempo.