27 Aprile 2021

Sanità, “le strategie di finanziamento della ricerca vanno ripensate”

Di NS
Parla Sanguinetti, direttore del Dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche della Fondazione policlinico Gemelli: “Il Pnrrr? Grave se non c’è nulla sulle malattie infettive”

di Paola Alagia

L’autonomia produttiva è fondamentale. “Non solo per i vaccini, però. Il discorso vale in generale per qualsiasi device e, naturalmente, per altri tipi di farmaci”. Ne è certo Maurizio Sanguinetti, direttore del Dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche della Fondazione policlinico Gemelli. Ma il microbiologo clinico, ancora di più dopo questo anno alle prese con la pandemia, si è convinto soprattutto della necessità di “ripensare tutte le strategie di finanziamento della ricerca”, in Italia come in Europa. Intervistato da Nursind Sanità, il professore ordinario di Microbiologia e microbiologia clinica all’Università Cattolioca -campus di Roma, ha commentato anche lo stanziamento di risorse destinate alla sanità nel Pnrr e il miliardo previsto nelle bozze del Piano per la creazione di un Centro di eccellenza contro le epidemie poi sparito nella versione finale: “Se non c’è nulla di specifico per le malattie infettive è grave. Noi abbiamo ancora una rete della microbiologia che fa ridere, pur potendo contare su persone in gamba che ci lavorano. Capisco che nei momenti di emergenza le competenze possano incrociarsi e sovrapporsi, ma non è ammissibile che i singoli ambiti sanitari non abbiano una rete solida per reggere stress come quello che abbiamo vissuto quest'anno”.

Professore, col virus avremo a che fare ancora a lungo. Calcolando un’immunità garantita di sei mesi col vaccino e quindi inevitabili successive vaccinazioni da fare, quanto è importante per l’Italia raggiungere una sua autonomia nella produzione.
E’ fondamentale, ma attenzione. Il discorso non vale solo per i vaccini. Non dimentichiamo che all’inizio di questa pandemia c’è stato un problema pure di produzione di diagnostici. Resto dell’idea che poter condividere impianti di produzione, come è successo negli Stati Uniti, con aziende che si sono consociate magari dopo aver fallito il proprio vaccino, sia una strada percorribile. Bisogna andare verso una realtà di condivisione, anche se comprendo che non è proprio la direzione auspicabile per chi deve fare profitto.  

La sospensione temporanea dei brevetti, sulla quale c’è una grande mobilitazione, per garantire l’accessibilità dei vaccini in tutto il mondo, sarebbe un ostacolo in meno pure nel processo di “indipendenza” produttiva dei preparati?
Il discorso è complesso. La sospensione temporanea dei brevetti ha molto appeal. Non a caso c’è tanto consenso intorno a tale questione. Io sono dell’avviso che bisognerebbe ripensare tutte le strategie di finanziamento della ricerca, valutando gli ambiti in cui l’impatto sulla salute pubblica è maggiore. Dal mio punto di osservazione di microbiologo, ho diretta esperienza di come funzioni l’attività in campo europeo sull’infection control e le posso assicurare che non è molto diverso da quello che stiamo vivendo con il virus. E’ da tempo che mi chiedo come mai anche i Paesi che godono di grandi investimenti in questo campo si sono trovati in grosse difficoltà più o meno come quelli che ne hanno meno.

A quali Paesi si riferisce?
Penso all’Olanda e al Regno Unito nella fase iniziale della pandemia. Ecco perché dico che c’è qualcosa da cambiare. Non bastano le risorse, bisogna verificare come vengono impiegate. L’attività di ricerca deve essere misurabile in uscita perché nominalmente è così, ma in pratica no. Questa è la priorità. Anche perché i suoi effetti alla fine si riverberano sul fronte della produzione. E, invece, guardando all’Italia, nonostante i pochi finanziamenti di cui gode il settore, poi si investe nell’Human Technopole, iniziativa lodevole ma che inevitabilmente assorbirà la gran parte delle risorse.

A proposito di risorse. Nel Pnrr non c’è più traccia del miliardo che nelle bozze veniva allocato per la creazione di un centro di eccellenza nazionale contro le epidemie. Che ne pensa?
E’ grave se non viene destinato nulla nello specifico alle malattie infettive. Noi abbiamo ancora una rete microbiologica che fa ridere. Ed è assurdo, anche solo dal punto di vista organizzativo, che la microbiologia clinica non venga ancora considerata un ambito degno di investimenti. Le dico solo che noi da settembre attendiamo un potenziamento delle nostre unità operative. In generale, nel Pnrr le risorse ci sono ma, ancora una volta, tutto sta a vedere come verranno allocate e soprattutto i risultati che porteranno. Perché la verifica è fondamentale, seppure difficile da fare.

Cambiamo argomento e soffermiamoci sulle nuove aperture. Draghi ha parlato di “rischio ragionato”. Quanto c’è di rischio e quanto di ragionato, secondo lei?
Questo bisogna chiederlo a Draghi. Quello che posso dirle è che tutto dipenderà dai comportamenti delle persone. Siccome i vaccinati sono ancora pochi, è inevitabile che ci sarà una circolazione maggiore del virus. Sono dell’avviso, tuttavia, che non era più possibile andare avanti con le chiusure. C’è un rischio sociale ma anche sanitario – sul piano mentale e psicologico - che non potevano più essere ignorati. Ecco, queste sono valutazioni ragionate. Ora, però, dobbiamo sperare che pure le persone siano “ragionevoli” per non ritrovarci come a settembre scorso.

Teme il classico gioco dell’oca e, quindi, un ritorno alla casella di settembre?
Io parlo sulla base del mio osservatorio. Posso dirle che da noi ad agosto abbiamo registrato zero positivi per più di un giorno. Adesso sono in calo, ma siamo lontani dallo zero. Anche quando la maggior parte della popolazione sarà vaccinata, il monitoraggio dovrà proseguire e in maniera diversa proprio partendo dalla consapevolezza che il vaccino è fondamentale per ridurre i casi gravi, ma non per eradicare il virus.

A proposito di alleggerimento delle restrizioni, che ne pensa delle nuove linee guida per i vaccinati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc)?
Credo che un po’ di allentamento sia possibile. E lo dico guardando ai dati a nostra disposizione. Sappiamo infatti che i vaccinati si possono infettare con percentuali molto basse e in forma asintomatica. Se guardiamo a Israele, inoltre, vediamo che non ci sono più casi gravi, a riprova che il vaccino protegge dalla gravità della malattia.