28 Settembre 2021

"Per i medici di base serve la dipendenza dal Ssn. Agli infermieri più soldi e più responsabilità"

Di NS
Intervista al farmacologo Silvio Garattini, presidente dell'Istituto Mario Negri Irccs, che sul rinnovo del contratto sanità dice: "Privilegiare la prevenzione per mantenere la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale"

di Paola Alagia

Il nuovo anno si preannuncia decisivo per comprendere come sarà ridisegnato il Servizio sanitario nazionale, visto che il grosso delle risorse del Pnrr in arrivo sarà destinato a tecnologie e organizzazione, a cominciare da quella della medicina territoriale. Ma anche l’anno che si conclude, se la tabella di marcia fissata dal ministro della Pa Renato Brunetta verrà rispettata, sarà altrettanto importante. L’intenzione di Palazzo Vidoni è infatti quella di chiudere la partita del rinnovo contrattuale.  Al di là dei progetti del Piano da mettere a terra e del Ccnl, però, la sanità oggi più che mai fa i conti con un problema destinato a condizionarne il buon funzionamento e cioè la carenza di medici e infermieri.  Nursind Sanità ne ha parlato con Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, che proprio quest’anno ha dato alle stampe il libro “Il futuro della nostra salute. Il Servizio Sanitario Nazionale che dobbiamo sognare” (San Paolo edizioni).

Presidente Garattini, col Pnrr si dovrà ridisegnare la medicina territoriale. Quale nuovo assetto pensa sia più adatto per i medici di base?
Un medico da solo non può più far fronte alla complessità della medicina attuale. Dovrebbe operare insieme ad altri medici seguendo le esperienze fatte attraverso le "case della salute". Sono più medici che lavorano insieme avendo a disposizione una segreteria informatizzata ed una infermiera nonché uno psicoterapeuta. Oltre ad un’apparecchiatura per le analisi di routine ed un servizio di telemedicina. Ciò permetterà di avere a disposizione un ambulatorio aperto sette giorni alla settimana. Il medico del territorio dovrebbe avere un ruolo importante anche per la prevenzione.

Come vede l’ipotesi – per lo più invisa alla categoria - di una dipendenza dal Ssn?
È necessaria la dipendenza dal Ssn come avviene per i medici ospedalieri, in modo da avere più ore disponibili per occuparsi dei propri pazienti. Ciò aumenterà il rapporto di fiducia fra medico e paziente.

La sanità italiana soffre di carenza di personale medico e infermieristico. E’ solo un problema di posti nelle università?
È un problema di programmazione. Per parecchi anni avremo una carenza perché le università non hanno la possibilità di formare più medici, infermieri e sanitari. Inoltre, molti emigrano perché gli stipendi sono molto bassi rispetto ai Paesi europei.

Nel caso degli infermieri si assiste, oltre all’esodo verso altri Paesi, anche ad una vera e propria disaffezione per la professione. Come intervenire?
Bisogna migliorare le condizioni economiche e, data la laurea, vanno date maggiori responsabilità agli infermieri.

Abbiamo davanti mesi decisivi sul fronte del rinnovo del contratto in sanità. Su quali leve si dovrebbe puntare per valorizzare il personale?
È necessaria un’ampia discussione pubblica. Occorre una rivoluzione culturale che privilegi la prevenzione per mantenere la sostenibilità del Ssn. Ciò richiede una chiara volontà politica perché la prevenzione ha un conflitto di interessi con il mercato della medicina che oggi è difficile controllare.

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