20 Ottobre 2021

La macchina dei tamponi per ora regge, ma quanto potrà durare?

Di NS
Sta salendo il numero giornaliero di test erogati, ieri oltre quota 660mila. Ma potrebbe non bastare. Intanto sono quasi 10mila le farmacie aderenti al protocollo che calmiera il prezzo degli antigenici

di Ulisse Spinnato Vega

La macchina dei tamponi accelera e prova a reggere l’urto della domanda che scaturisce dal green pass obbligatorio per recarsi al lavoro. I numeri sono in rapida ascesa, così in una settimana siamo passati da una media giornaliera di 250-300mila test ai 662mila di ieri (548mila rapidi). Il sistema, quindi, potrebbe ad oggi garantire circa 4 milioni di tamponi settimanali, a fronte, tuttavia, di un fabbisogno teorico di 7-9 milioni (considerando tre test ogni sette giorni per una platea di circa 2,5-3 milioni di lavoratori dipendenti non vaccinati). Bisognerà naturalmente vedere se questo numero potenziale si trasformerà in richieste effettive, anche perché sono intanto aumentati i certificati di malattia da parte dei lavoratori (oltre 83mila ieri, con un incremento settimanale dell’11%), e quanto crescerà dall’altra parte la disponibilità di tamponi.

Per adesso, non sono mancate le file con qualche momento di tensione di fronte alle strutture pubbliche e alle farmacie, ma la distribuzione ha retto. La rete delle croci verdi è sempre più estesa e capillare: come confermato da Federfarma a Nursind Sanità, sono quasi 10mila i presidi che hanno aderito al protocollo siglato con il Commissario straordinario Francesco Figliuolo per calmierare il prezzo dei tamponi rapidi (15 euro per gli adulti e 8 euro per la fascia 12-18 anni fino al prossimo 31 dicembre). La stessa Federfarma ha peraltro rassicurato: “Siamo in grado di smaltire le richieste”. Mentre la Fofi (Federazione degli ordini dei farmacisti italiani) si è vista accogliere proprio da Figliuolo la proposta di effettuare i test antigenici oltre gli orari di servizio e nelle giornate di chiusura, anche nei casi in cui le persone non si siano prenotate.  

C’è da dire che il sistema ha ancora una freccia inutilizzata al suo arco: le parafarmacie. Mnlf (Movimento nazionale liberi farmacisti) e Culpi (Confederazione unitaria libere parafarmacie italiane) hanno scritto una lettera aperta al ministro della Salute Roberto Speranza e hanno chiesto in modo accorato: “Perché impedite a 4700 farmacisti laureati, che operano nelle cosiddette ‘parafarmacie’, di eseguire tamponi rapidi antigenici? Perché li considerate farmacisti di serie B? Non hanno anche questi farmacisti tutte le competenze che hanno i loro colleghi che lavorano in farmacia? È un problema di dotazioni tecniche? Non crediamo, esse sono stabilite in rigidi protocolli cui le parafarmacie si possono adeguare in breve tempo”. Inoltre, Mnlf e Culpi hanno ricordato la sentenza del Consiglio di Stato di un mese fa che ha valutato la liceità dell’esclusiva data alle farmacie nell’effettuare i test Covid. E hanno attaccato: “Lede numerose regole sulla concorrenza, ma reca un danno certo ai cittadini circa il prezzo dei tamponi e la reperibilità dei luoghi ove questi possono essere fatti”.

Dall’inizio della pandemia i test eseguiti nelle strutture pubbliche sono arrivati a quota 100 milioni circa, di cui quasi due terzi molecolari e un terzo rapidi. Ora il rapporto si sta invertendo in ragione della massiccia domanda di tamponi antigenici per i lavoratori che ne hanno bisogno. I potenziali problemi, a questo punto, riguardano solamente il sistema distributivo oppure un eventuale boom di richieste potrebbe aprire qualche falla anche nella produzione di macchine per processare i test e soprattutto di reagenti? Il settore dei prodotti di diagnostica in vitro relativi al Covid (sono inclusi test e strumentazione per indagini molecolari, test e strumentazione per tamponi antigenici, test e strumentazione per ricerca anticorpi e anticorpi neutralizzanti, test rapidi–card) nel 2020 valeva 354,3 milioni di euro. Il comparto è formato da 321 imprese, conta 83 startup innovative e produce oltre 30mila prodotti attualmente commercializzati in Europa, recitano i dati di Confindustria Dispositivi Medici che a Nursind Sanità fa sapere: “Nonostante la forte domanda di tamponi in seguito alle nuove norme relative al green pass, non ci risulta che la capacità produttiva sia a rischio”.

La questione di fondo, tuttavia, è un’altra: quanto potrà andare avanti, anche in considerazione dei costi, una produzione e distribuzione massiva di test rapidi per i no vax irriducibili? Perché è evidente quanto sia più debole delle attese la spinta al vaccino generata dal super green pass: l’aumento delle prime dosi c’è stato, certo, ma lo zoccolo duro dei ribelli all’ago rimane ben saldo. Ecco che all’orizzonte si staglia allora l’arma finale: l’obbligo di vaccinazione. Possiamo evitarlo? Sì, ma non rimane molto tempo.