07 Gennaio 2022

"Anno nuovo, problemi vecchi. Ma gli infermieri non possono più aspettare"

Di NS
di Andrea Bottega*

Sono passati due anni e il Paese è ancora in emergenza. Questa emergenza per gran parte è sulle spalle degli infermieri, chiamati a garantire il tracciamento (fronte sempre più critico come dimostrano le code agli hub), la campagna vaccinale (prime, secondi e terze dosi) e l’assistenza ospedaliera con continui spostamenti di personale nelle aree covid e nelle terapie intensive, proprio perché il virus richiede soprattutto assistenza infermieristica.

Ma infermieri non ce ne sono. Dopo anni di tagli al Ssn ed errori nella programmazione formativa, chi lavora deve sopportare un peso fisico e psicologico immane. Senza contare che la pandemia colpisce anche noi, la categoria che in assoluto totalizza più contagi. È questo il contesto nel quale si apre il 2022. Un anno decisivo anche per le sfide che attendono la professione.

Come tutelare chi quotidianamente garantisce il diritto alla salute dei cittadini? È dirimente interrogarsi su questo, ma soprattutto ottenere risposte certe. L’attuale condizione lavorativa, tra turni pesanti e carico di responsabilità, non attrae i giovani, gli stipendi tra i più bassi d’Europa non rendono appetibile il nostro lavoro. In più, molti che già la esercitano si licenziano, stanchi di sacrifici e rischi senza ottenere mai nulla in cambio. Gli infermieri sono professionisti e non missionari volontari. I loro sono obblighi contrattuali, ma devono essere adeguatamente compensati con giusti stipendi e dignitose condizioni di impiego. Servirebbe quindi un segno di riconoscimento sostanziale sul piano economico e contrattuale. Il 2022 sarà l’anno del rinnovo del contratto di lavoro che tra l'altro è già scaduto (Ccnl 2019-2021). Al tavolo, Nursind si batterà per una valorizzazione della professione nonostante le scarse risorse disponibili.

Il 2022 sarà anche l’anno della messa a terra dei progetti legati al Pnrr. Col rischio reale di realizzare cattedrali nel deserto perché senza adeguate risorse umane nessun sistema potrà funzionare. L’infermiere di famiglia, su cui l’Italia ha deciso di investire, è un miraggio e lo sarà finché non saranno messe in atto politiche per la formazione del personale che siano attrattive per i giovani. Una sfida importante visto che al momento i posti messi a bando dalle università non vengono nemmeno coperti.

Oltre alla valorizzazione economica, è necessario prevedere un ampliamento delle competenze degli infermieri italiani, in modo da portarli al livello degli altri Paesi europei. E per farlo non è più rinviabile un intervento legislativo in tal senso.  È un nonsense pensare che i sistemi sanitari possano evolvere se di pari passo non evolvono anche le professioni. È tempo, per esempio, di poter prescrivere autonomamente presidi e determinati farmaci. E lo stesso vale per alcune prestazioni. Del resto, con la pandemia è bastato un breve corso online perché i farmacisti potessero erogare direttamente prestazioni sanitarie, sostituendo d’un tratto atti medici e infermieristici.
E’ urgente, insomma, che rispetto alle professioni sanitarie si esca dall’ottica emergenziale e si comprenda che per rispondere ai bisogni sanitari dei cittadini serve una revisione delle competenze. Occorre, infatti, una riflessione su che tipo di sanità lo Stato vuole garantire ai cittadini (il definanziamento del sistema conduce alla privatizzazione) oltre il 2026, quando i fondi del Pnrr saranno finiti e il debito pubblico sarà ancor più pesante.

Le sfide dunque sono tante. I presupposti tuttavia non sono buoni. Il Covid sta creando voragini nei conti delle Regioni e il costo per il personale pesa sulla possibilità di tenere aperti i servizi ai cittadini. Servizi di cui ci sarà sempre più bisogno pure per tentare di colmare il gap sulle prestazioni sanitarie, anche di prevenzione, che in questi due anni sono state tralasciate.

Un quadro fosco aggravato inoltre dal disastro organizzativo che si sta delineando, complice l’impennata dei contagi e una buona dose di mancate decisioni tempestive, e di cui ancora una volta noi siamo i primi pagare le conseguenze. E’ una delle ragioni per cui la categoria che rappresento è in stato d’agitazione da novembre scorso e sciopererà in questo mese. Un grido di dolore che non possiamo non far sentire, a maggior ragione dopo che l’esecutivo ha ignorato completamente le nostre istanze in legge di Bilancio. E’ giusto infatti che le persone sappiano che gli infermieri sono al loro fianco e che proprio per tale motivo denunceranno l’irresponsabilità al governo. Una irresponsabilità che ha portato l’intera categoria allo stremo delle proprie forze e l'ha resa, colpevolmente, non in grado di affrontare la nuova grave emergenza di oggi.

*Segretario nazionale Nursind