28 Giugno 2022

Epatiti pediatriche, Rezza: "In Italia 75 segnalazioni, 34 i casi probabili"

Di NS
Epatiti pediatriche, Rezza: "In Italia 75 segnalazioni, 34 i casi probabili"
Il direttore della Prevenzione del Ministero fa il punto: "Non abbiamo casi accertati, per confermarli dovremmo trovare un agente eziologico. La situazione comunque non preoccupa"

di NS

"Al 21 giugno in Italia abbiamo avuto 75 segnalazioni: otto di queste sono state escluse perchè non aderivano per nulla ai criteri per la definizione di caso, in 33 casi la classificazione è stata sospesa e in 34 si tratta di casi probabili". Sono i numeri italiani sulle epatiti acute dalle cause ancora misteriose che colpiscono i bambini, riportati da Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, nel corso dell'incontro online sul tema "Nuova epatite, pediatrica: lavorare insieme per la prevenzione", promosso da Fondazione Etica onlus. Scopo dell'iniziativa, precisano i promotori, quello di "creare nuove linee guida per la prevenzione e la cura di una nuova malattia che colpisce uno dei gruppi più deboli della popolazione, i bambini di età inferiore ai cinque anni. La malattia, come accaduto con il fenomeno del 'long Covid', documentato da molte pubblicazioni mediche, potrebbe causare molti altri problemi anche dopo la cura".

Facciamo un passo indietro: il 5 aprile 2022, per la prima volta, l'Oms notifica dieci casi in Scozia di epatite e insufficienza epatica acuta in bambini piccoli, di natura epidemiologica differente da tutte le altre forme conosciute. Il 21 aprile, l'US Center for Disease Control statunitense notifica a sua volta 13 casi di bambini con caratteristiche simili ricoverati tra ottobre 2021 e febbraio 2022, con cluster in un singolo ospedale in Alabama. Da quel momento e soprattutto in tempi troppo rapidi per esser normali, con 35/40 casi a settimana, un focolaio di epatite acuta e grave in età pediatrica e di cui ancora non sappiamo le cause, sembra diffondersi nel mondo. L'ultimo aggiornamento dell'Oms, che risale al 22 giugno scorso, riferisce di 920 casi in 33 Paesi. Rispetto al report precedente, che risale al 27 maggio, sono stati calcolati 270 casi in più in circa un mese.

Anche in Italia sono state segnalate alcune decine di casi. Più della metà riguarda l'Europa. Il Regno Unito ne detiene la maggioranza contandone ben 267, quasi il 30% del totale globale. Poi ci sono gli Stati Uniti con il 35% del totale. La maggior parte dei casi riguarda bambini di età inferiore ai cinque anni. Quarantacinque bambini, circa il 5%, hanno purtroppo dovuto ricorrere ad un trapianto di fegato e sono stati segnalati 18 decessi. Fortunatamente, oggi, sia nei dati europei che negli Stati Uniti, sembra esserci una traiettoria in calo in termini di segnalazione di nuovi casi, a dimostrazione di un avviato processo di autolimitazione della patologia.

Nel nostro Paese "abbiamo solo casi probabili perchè per confermarli dobbiamo trovare qualcosa che non sappiamo cosa sia, come un agente eziologico", sottolinea Rezza. Prima di aggiungere: "Noi ci arriviamo per esclusione di altre forme di epatiti virali. Siamo in contatto con l'Ecdc (European centre for disease prevention and control, ndr) perchè abbiamo sostanzialmente il dovere di inviare dati ogni settimana che siano confrontabili con quelli di altri paesi europei". Il direttore della Prevenzione del ministero della Salute ricorda inoltre come si fosse riunita l'unità di crisi, che ora si è spostata sul monkeypox (il cosiddetto vaiolo delle scimmie, ndr): "Le riunioni si sono susseguite per circa tre- quattro settimane di seguito. Dopodichè la situazione sembra essersi stabilizzata a un livello base che non sembra destare preoccupazione".

A livello europeo sono stati segnalati circa 450 casi di questa nuova epatite di origine non conosciuta. Però la maggior parte dei casi è stata segnalata nel Regno Unito, "dove sicuramente - sostiene Rezza - ci sono stati dei segnali di allerta: a fronte di uno, due o tre trapianti di fegato nei bambini che si verificano ogni anno, ad averne dieci direi che qualcosa evidentemente c'è e non si può ignorare". Dei 34 casi probabili in Italia, aggiunge, "troviamo diversi agenti eziologici che potrebbero o non potrebbero essere la causa di questa forma di epatite acuta. Nel 10,5% dei casi, come la casistica europea, troviamo alla Pcr (proteina C reattiva, ndr) il Sars- Cov-2 che, se andiamo a vedere sierologicamente, abbiamo nel 60% dei casi, dati che non sorprendono. L'adenovirus lo troviamo nel 43% dei casi, una percentuale piuttosto elevata ma al di sotto del 50%. Dopodichè questo adenovirus lo troviamo nelle feci nel 25% dei casi, dato che non è specifico di un'infezione che coinvolge il fegato".

"Sia chiaro: non stiamo parlando di una patologia nuova, clinicamente sconosciuta, misteriosa. Quel che preoccupa noi pediatri è, come sempre, l'insufficienza epatica acuta associata all'epatite, quando il fegato smette di funzionare", rassicura Giuseppe Indolfi, pediatra del Meyer di Firenze che si occupa di epatologia. "Si badi bene - aggiunge -: l'Oms parla di diagnosi probabile di epatite che, di fatto, colpendo i bambini con meno di 5 anni, scagiona ogni sospetto su effetti avversi dei vaccini anti Covid-19". Indolfi spiega inoltre che "i dati, almeno per l'Europa, sono stati trainati dai casi verificatisi nel Regno Unito, prevalentemente in Inghilterra ma probabilmente over reported, il che fa pensare ad una certa localizzazione dell'epidemia".

I sintomi peculiari presentati dai bambini in pronto soccorso, ricorda il membro del gruppo di lavoro sull'epatite della Società italiana di pediatria, sono stati soprattutto gastrointestinali e respiratori, con una condizione giallastra "itterica" della cute, "ma la buona notizia è che la maggior parte degli oltre 900 casi registrati nel mondo guarisce da sola, in modo autonomo". C'è poi 1 caso su 3 di questi bambini che presenta insufficienza epatica acuta e rischia di andare in terapia intensiva, stando ai dati Ecdc. Di questa percentuale, circa l'8% ha avuto urgenza di un trapianto di fegato. Sotto questo profilo, dopo l'Inghilterra, i Paesi colpiti sono stati Polonia e Olanda.

In Italia, già nel periodo 2018/19 e poi 2019/20, i casi di epatite pediatrica fatti registrare sono stati stabili: 36/37 casi, qualche decina. In merito alle possibili ipotesi riguardo quest'incremento di epatiti pediatriche avuto nelle settimane scorse, secondo Indolfi si devono prendere in considerazione tre parametri: "La suscettibilità dell'ospite - il bambino - all'eventuale stress pandemico; un possibile agente eziologico, un virus, per il momento sconosciuto; la pandemia sullo sfondo".

Secondo l'infettivologo Massimo Galli, infine, "siamo di fronte a due scenari. O sono stati riportati un numero di casi che non corrispondono ad un incremento reale, oppure abbiamo davanti qualcosa di effettivamente nuovo, correlabile alla pandemia tramite l'adenovirus 41". Allo stato attuale, Galli sostiene che "possiamo fare solo delle ipotesi, come quella fatta da tre ricercatori giapponesi di Kyoto che mettono in correlazione le epatiti pediatriche e Omicron". Ma l'infettivologo menziona anche quella di Broaden e Arditi, che sarà pubblicata solo ai primi di luglio su Lancet e che ipotizza come la persistenza del Sars-Cov2 nel tratto gastro-intestinale potrebbe aver determinato un rilascio di proteine attraverso l'epitelio intestinale comportando, a sua volta, un'attivazione immune mediata in ragione di un super-antigene. Un super antigene simile all'enterotossina b dello stafilococco e che può essere in grado di attivare, in modo esteso e non specifico, le cellule T. Questo processo potrebbe essere considerato il meccanismo che scatena l'autodistruzione del fegato e dunque il manifestarsi delle epatiti pediatriche acute.

Ma, ribadisce Galli, sono solo ipotesi. "Mi chiedo: perchè non abbiamo il caso di una scolaresca che, insieme, ha avuto l'epatite? I dati a disposizione fanno pensare che in realtà non si siano verificate vere epidemie, facendo escludere la presenza di un virus x ancora sconosciuto. Non c'è neanche traccia di evidenze di long Covid, e nè il vaccino per il Covid-19 può avere un ruolo, perchè i bambini colpiti sono di età inferiore all'obbligo vaccinale. Piuttosto - conclude - mi sorprende il fatto che ancora non si sia pensato a raccogliere e incrociare dati clinici del fegato provenienti dalle autopsie o dai fegati espiantati".

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