Infermieri, "Un buon contratto, ma restano incognite. Soprattutto sulla formazione"

Rosaria Alvaro, ordinario di Scienze infermieristiche a Tor Vergata, parla a Nursind Sanità: "Bisogna certificare i master". Sulla carenza di laureati: "Servono investimenti per mantenere i corsi"
di Ulisse Spinnato Vega
Un buon contratto, sulla carta. Ma con tante incognite ancora da determinare e risolvere, a partire dal collegamento tra parametri della formazione, requisiti di reclutamento e collocazione della risorsa in un contesto organizzativo che va ripensato. In ogni caso, è di prudente soddisfazione la posizione di Rosaria Alvaro, docente ordinario di Scienze infermieristiche all'Università Tor Vergata di Roma, rispetto alla pre-intesa sul rinnovo per il comparto sanità.
Professoressa, cosa le piace dell'accordo recentemente raggiunto all'Aran?
Il nuovo sistema consente una netta differenziazione tra il personale sanitario, gli infermieri in particolare, e le altre categorie, dagli amministrativi agli Oss. Siamo di fronte a una caratterizzazione importante.
Dunque, c'è una valorizzazione della professione infermieristica?
Certamente è rilevante il fatto di poter avere già a inizio carriera un riconoscimento tout court del titolo attraverso una indennità. Ed è da apprezzare la possibilità di ottenere nel tempo incentivi economici ragguardevoli a fronte delle competenze acquisite.
Ma?
I contratti possono essere bellissimi, ma poi bisogna vedere come si applicano. Come verranno attribuiti, ad esempio, gli incarichi di media ed elevata complessità? E quanti saranno? Accolgo con favore che ci siano e che sia presente una differenziazione tra incarichi di natura assistenziale e organizzativa. Ma bisognerà vedere che uso ne faranno le aziende.
Cosa serve allora?
C'è bisogno di una riorganizzazione in toto del sistema. Chi sta sopra, chi sta sotto o in mezzo? Quali tipi di attività, ad esempio, rientrano nell'elevata complessità? Anche senza fare un nuovo mansionario, serve tuttavia definire le complessità assistenziali e quelle organizzative e conferire attribuzioni reali.
C'è un problema di collegamento tra formazione e incarichi?
Si è deciso che i master specialistici per infermieri e professionisti sanitari dovessero essere liberi per tutti ed è stata abolita la tassonomia dei 92 master definiti nel 2018 dall'Osservatorio del Miur. Ma lo spirito dell'Osservatorio intendeva codificare, certificare e tabellare i corsi, in modo da garantire una certezza formativa che ora è più necessaria che mai.
Il master di per sè non è una garanzia?
Lo è se accompagnato da tabelle sugli ordinamenti didattici che ne indichino le specificità formative. Nulla quaestio se il master rimane un percorso di arricchimento accademico personale. Ma se, come accade per le professioni sanitarie, è un requisito vincolante a fini economici e giuridici, allora le competenze vanno tabellate e rese omogenee in tutti gli atenei, anche a livello di denominazione. Cosa significa e cosa serve ad esempio per poter operare efficacemente in area critica?
Insomma, le aziende sanitarie devono avere garanzie sulla preparazione dei professionisti della salute che reclutano.
Non solo, anche la struttura deve capire e sapere prima ciò di cui ha bisogno. Ecco perchè è importante una riorganizzazione di fondo dei processi, altrimenti manca un'indicazione chiara su come formare e collocare nel sistema il personale. Guardi, mi auguro che il contratto venga applicato davvero in tutte le sue parti e non ci siano scivolamenti interpretativi. Oppure non vorrei che non si facesse nulla per paura di sbagliare, come accaduto con il vecchio contratto che pure era più semplice ed è stato comunque disapplicato in moltissime aziende. Â
La quinta area nasce come un guscio vuoto, ma potrebbe forse un giorno diventare per gli infermieri un trampolino verso la dirigenza. Cosa ne pensa?
Sarebbe assolutamente benvenuto l'avvio di un percorso che porti finalmente a riconoscere la dirigenza anche per i nostri professionisti, che d'altronde sono laureati. Per il resto, tutto ciò che offre occasioni di crescita è positivo. Anche qui, vedremo come le aziende intenderanno utilizzare questo strumento.
Per il secondo anno accademico abbiamo più laureati in medicina che in infermieristica. Dove sta il problema?
Servono investimenti. Da una parte, soprattutto negli ultimi anni, sono stati attivati molti corsi di laurea in medicina, dall'altra i corsi di infermieristica si reggono sul volontariato: i docenti, soprattutto quelli delle discipline caratterizzanti, insegnano a titolo gratuito e le sedi di corso di laurea non hanno i necessari finanziamenti. In generale, non abbiamo risorse e le strutture sanitarie spesso non vogliono mantenere in piedi le scuole per le quali poi le Regioni non riconoscono i costi.
Eppure avere più infermieri dovrebbe essere considerata una priorità.
Infatti. Per questo è necessario rendere sostenibile il sistema. In realtà non sono pochi i posti messi a bando, sono pochi i posti che le università possono sostenere per la formazione. Nel tempo molte strutture sedi di corso di laurea hanno deciso di chiudere per l'insostenibilità delle spese. Ma sa qual è l'anomalia, anche sul fronte dei medici?
Prego.
Persino l'Ordine dei medici chiede meno formati, invece si danno più posti. Di questo passo tra qualche anno probabilmente si avrà l'imbuto per l'accesso alle scuole di specializzazione che non riescono ad assorbire tutti questi laureati in medicina. Per questo ribadisco che le programmazioni dovrebbero tener conto delle esigenze del sistema. La riorganizzazione complessiva ci consente di garantire l'adeguata numerosità degli operatori da formare. Se manca la visione di insieme, manca la possibilità di fare una valutazione dei fabbisogni.
Insomma, per l'infermieristica il piatto piange.
In alcune Regioni i posti banditi sono vincolati alle risorse delle aziende: serve un finanziamento serio, servono forme di incentivi per motivare le strutture sanitarie a tenersi stretti i corsi di laurea e per incoraggiarle a preparare anche i propri operatori alla partecipazione attiva ai processi formativi.