Malattie rare: "Il 17% dei pazienti è costretto a cambiare regione per curarsi"

Una percentuale che sale al 25 per i minori. Presentato il Rapporto di Uniamo: il Paese è "attrattivo" per l'Ue, ma disomogeneo tra Nord e Sud. Sileri: "Mettere a terra i bandi di ricerca"
Di NS
Pazienti costretti alla mobilità sanitaria infra-regionale, in un Paese che nonostante ciò risulta attrattivo a livello europeo sebbene, appunto, sconti ancora una forte disomogeneità territoriale tra Nord e Sud. E' il quadro che emerge dal Rapporto "MonitoRare" 2022, presentato oggi a Roma e integralmente realizzato da un'associazione di pazienti, Uniamo - Federazione Italiana Malattie Rare, con la collaborazione degli enti istituzionali e la consultazione di fonti primarie dei dati.
Dalla lettura del documento emergono molti spunti che, secondo Uniamo, dovranno essere approfonditi. La Federazione ne evidenzia due in particolare. Il primo, la stima della mobilità sanitaria infra-regionale, basata sui dati dei registri malattie rare, che è al 17% della popolazione complessiva, ma sale al 25% per i minori. Questo è indirettamente confermato dal fatto che i 223 centri Ern (European reference networks for rare diseases) accreditati sono dislocati per 2/3 nelle regioni settentrionali, mentre ben sette regioni non hanno iniziato le pratiche per accreditarne neanche uno. Il secondo aspetto riguarda la mobilità transfrontaliera. In questo caso, il dato mette in luce come il nostro Paese abbia accolto oltre 8.200 persone dall'estero nel quinquennio 2016/2020, contro le 180 che hanno dovuto recarsi fuori dai confini nazionali  per le cure.
"Un Paese quindi, che pur viaggiando a due velocità, è fortemente attrattivo - sottolinea Uniamo -. Del resto, sono aumentate le malattie rare testate nei laboratori clinici italiani (cresciute di 1200 unità in un quinquennio e arrivando a sfiorare le 3000 patologie testate); crescono in percentuale gli studi clinici autorizzati per malattie rare sul totale delle sperimentazioni cliniche (da 25,5% a 31,8%), tenendo anche conto che per la Fase I e II la percentuale arriva alla soglia del 50% (49,2%)".
La rete e il sistema costruito sulle malattie rare reggono, pur in assenza di finanziamenti dedicati, evidenzia inoltre la Federazione. Quasi tutti gli indicatori sono in crescita, dalla formazione alla copertura dei registri regionali, ai centri Ern accreditati in Europa, ai progetti di ricerca degli Irccs (492, pari al 13,6% del totale), ai percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (+17 portando il totale a 320 a fine 2021).
Dalla lettura del Rapporto emerge anche come la somministrazione di terapie avanzate e innovative sia localizzata in pochi centri italiani, aumentando la necessità di migrazione sanitaria (un dato fra tutti, quello dell'ATMP CAR-T, che ha visto la Regione Lombardia accogliere il 52,2% dei pazienti che hanno ricevuto il trattamento). Da sottolineare, infine, il mancato aggiornamento del panel delle patologie da inserire nello screening neonatale esteso, che ha portato molte Regioni ad attivare progetti pilota per sopperire al ritardo.
"L'analisi dei dati - continua Uniamo - aiuta a capire dove dovrebbero essere indirizzati i fondi del Pnrr e altri finanziamenti che dovessero rendersi disponibili". Per la Federazione è necessario creare centri ad alta specializzazione, specialmente per le Atmp, e trovare il modo di supportare i pazienti negli spostamenti. Prioritario poi aumentare la specializzazione, anche attraverso il passaggio di competenze dei centri più vicini ai luoghi di residenza, con speciale riguardo alle regioni del meridione. La Federazione ricorda quindi l'attenzione alle malattie rare nel Pnrr con il recente bando di ricerca (50 milioni di euro): un tentativo in questa direzione è stato fatto vincolando il 40% dei fondi disponibili proprio alla partecipazione di centri del Sud, ma "molto altro - incalza - dovrà essere pensato e realizzato".
Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, nel messaggio inviato alla Federazione, sottolinea come siano "incoraggianti i dati che emergono dal Rapporto MonitoRare su ricerca, formazione e informazione, accesso ai farmaci, inclusione e partecipazione delle persone con malattia rara. Ora – aggiunge - è necessario mettere a terra quanto previsto nel Testo unico e non solo: dal Piano nazionale malattie rare, che è pronto e da adottare con accordo in Conferenza Stato-Regioni, a tutti i bandi di ricerca per far avanzare la conoscenza sulle singole patologie, con ricadute sulle terapie e sulle diagnosi".
"In Italia abbiamo raggiunto risultati importanti, come lo screening neonatale più esteso (quasi 50 patologie), un Piano nazionale in corso di rinnovamento, una legge. Tanto c'è però ancora da fare per garantire una maggiore integrazione sociale, una effettiva presa in carica di qualità delle persone con malattia rara, per portare anche in Europa quello che l'Italia ha già raggiunto come traguardo, in modo che ci sia una maggiore equità anche a livello europeo", commenta infine Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo. "In Italia si stima ci siano circa due milioni e duecentomila persone con malattia rara e se aggiungiamo anche le loro famiglie - conclude - si raggiunge un numero veramente importante".