Dalle Camere allo studio medico, la deputata uscente: "Difficile incidere in Parlamento"
L'ex eletta Rosa Menga a Nursind Sanità: "Sulla sanità ancora tanto da fare. La riforma delle Case di comunità? Sbagliato reclutare in forma 'coatta' i Mmg"

Al fascino dei palazzi del potere e della politica ha preferito la cura dei pazienti e riprendere quella carriera di medico di medicina generale interrotta nel marzo 2018. Rosa Menga, una delle più giovani deputate della XVIII Legislatura, era stata catapultata alla Camera a soli 25 anni, vincendo inaspettatamente il collegio uninominale di Foggia per il Movimento cinque stelle. Dopo cinque anni complessi, che l’hanno vista lasciare i grillini dopo la mancata fiducia al governo Draghi per approdare ad Europa Verde, la giovane parlamentare ha deciso di lasciare la politica, nonostante le avessero offerto una ricandidatura. Nel frattempo, ha completato il corso di formazione in Medicina generale e oggi è medico a tempo pieno. Una scelta compiuta seguendo le orme dei genitori, entrambi Mmg. “Vado via in maniera serena, è stata una mia decisione quella di non ricandidarmi nonostante mi fosse stato offerto di fare la capolista nel mio collegio. Lascio la politica, ma continuerò a occuparmi di sanità e dei temi della mia professione”, sottolinea a Nursind Sanità. Nel suo bilancio di fine legislatura, anche una riflessione amara sul funzionamento della democrazia parlamentare italiana: “Il potere esercitato dal Governo di fatto si sostituisce alla funzione legislativa affidata al Parlamento con decreti legge che nulla hanno di necessità e urgenza”, spiega. Un meccanismo che di fatto comprime i lavori parlamentari lasciando poco spazio alle iniziative dei parlamentari. Difficile darle torto.
Onorevole, lei è entrata in Parlamento giovanissima, immagino con molte aspettative: è rimasta delusa o l’avventura parlamentare è stata all’altezza?
Dal punto di vista personale, data anche la giovanissima età, mi sento soddisfatta per una esperienza che è stata un autentico privilegio che i cittadini mi hanno conferito con il voto del 2018. Al contrario, da un punto di vista politico, le aspettative sul funzionamento dell’istituzione parlamentare sono state deluse.
Cosa non funziona secondo lei?
Nel nostro Paese la democrazia parlamentare assomiglia da tempo a una macchina potentissima con un motore arrugginito. In questa crisi di rappresentatività trova spazio il potere esercitato dal Governo che di fatto si sostituisce alla funzione legislativa affidata al Parlamento con decreti legge che nulla hanno di necessità e urgenza, per essere trasferiti alle Camere solo per una ratifica. In cinque anni di mandato su questo ho aperto gli occhi. L’attività emendativa nelle commissioni e nelle Aule è di fatto indirizzata dal governo, non c’è nulla che passi attraverso un reale dibattito parlamentare.
Inoltre, la pandemia ha complicato ulteriormente le cose…
Era anche comprensibile che su alcune cose il governo intervenisse viste anche le tempistiche urgenti con cui andavano prese decisioni nell’interesse dei cittadini.
Ha scelto di non ricandidarsi anche perché le mancava la professione medica?
Ho terminato il corso di formazione e ora sto esercitando. Seguendo il corso di formazione, non ho mai lasciato la professione. Avevo voglia e anche necessità di tornare alla professione medica. Quando si viene eletti a 25 anni e si abbandona nel momento di avvio la pratica professionale è un problema. Ci sono colleghi laureati in medicina che hanno abbandonato la professione e non hanno mai esercitato. Sul piano politico ho percepito un po’ una mancanza di entusiasmo per un progetto politico che non mi convinceva pienamente e non sarei riuscita a fare una forzatura.
Sulla sanità si è fatto abbastanza in questi anni?
Si sarebbe potuto fare di più, anche considerando l’occasione storica dei fondi del Pnrr. Spero che il nuovo Parlamento raccolga questa sfida e si adoperi per completare questo percorso.
Da Mmg, cosa servirebbe per far funzionare la medicina del territorio e le Case di comunità?
Nella riforma è mancata la percezione della sanità territoriale del presente. Il Pnrr è uno strumento bellissimo perché ci consente di pensare, di programmare, di investire nella sanità del futuro. Ma poi guardiamo qual è la realtà quotidiana. Credo che sia necessario pensare alla sanità del presente a partire dal percorso di studi.
La formazione del Medico di medicina generale come dovrebbe essere riformata?
In questa legislatura abbiamo fatto cose meritorie: abbiamo riformato in parte l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato a partire da Medicina e abbiamo reso la laurea abilitante. C’è però una necessità di formazione che non è ancora soddisfatta. Intendo la formazione durante il percorso di laurea che andrebbe adeguata anche con delle competenze pratiche. Stesso discorso vale per l’infermiere, in particolare per la nuova figura dell’infermiere di famiglia. È il momento di attribuire ai medici di medicina generale il rango di specialisti con l’istituzione di una scuola di specializzazione. L’unico ostacolo è il timore che i Mmg che attualmente sono operativi nella didattica negli Ordini dei Medici possano fare il passaggio a livello universitario. Ma è solo una questione di potere ordinistico.
La scelta di far svolgere parte dell’orario di lavoro dei Mmg nelle Case di comunità la convince?
L’introduzione nel nuovo Accordo collettivo nazionale di medicina generale di questo sistema ibrido - per cui accanto alla remunerazione per quota capitaria figura anche la remunerazione per quota oraria - non mi convince. Ancora non si capisce se il medico di medicina generale sia di fatto ancora un libero professionista o un dipendente e come lo si possa obbligare per quota oraria quando finora ha lavorato in autonomia negli ambulatori.
Quale soluzione si potrebbe adottare?
La scelta adottata non soddisfa nessuno, un compromesso che consente alle Aziende sanitarie di reclutare nuove leve tra chi lavorerà nelle Case di comunità. Un reclutamento che io definirei ‘coatto’, quando invece sarebbe stato utile un doppio binario che consentisse al medico di medicina generale la scelta tra il modello libero professionale con i suoi pregi e anche i suoi svantaggi, come abbiamo visto nel corso della pandemia, e quello della dipendenza. Da ultimo, c’è il tema della prossimità, la parola chiave della missione 6 del Pnrr. È una parola tanto declamata, ma poi non del tutto realizzata. Questi modelli delle Case di comunità rischiano di essere insoddisfacenti.