12 Ottobre 2022

"Libera professione e infermiere di famiglia, ripartiamo da qui"

La senatrice Castellone (M5s), fresca di rielezione, a Nursind Sanità: "Le case di comunità? Non siano semplici poliambulatori ma presidi di salute"

Di Giovanni Cedrone
"Libera professione e infermiere di famiglia, ripartiamo da qui"

“Le Case di Comunità non dovranno essere dei semplici poliambulatori, ma dei presidi di salute dove si può avere assistenza 24 ore su 24: di questo ha bisogno il Servizio sanitario”. La senatrice M5s Maria Domenica Castellone, fresca di rielezione dopo aver vinto nel collegio uninominale di Giugliano, la sua terra di origine, ha le idee chiare circa la riforma della medicina di prossimità che è in via di costruzione. Impostata dal ministro della Salute Roberto Speranza, ora sarà compito del nuovo esecutivo di centrodestra portarla a termine. Per il Movimento cinque stelle è, però, essenziale la valorizzazione del personale medico e delle professioni del comparto, a partire dagli infermieri. “Avremmo voluto erogare prima l’indennità di specificità infermieristica, ma il ministro Brunetta ci ha bloccato”, sottolinea la senatrice e ricercatrice oncologa al Cnr. Nella prossima legislatura, assicura, non si ripartirà da zero: il Movimento cinque stelle tornerà ad insistere su libera professione intramuraria e infermiere di famiglia.

Senatrice, il contratto del comparto 2019 – 2021 è in dirittura d'arrivo. Tuttavia, bisogna già ripartire con la contrattazione e tornare a parlare di valorizzazione delle professioni sanitarie…
Noi forse siamo l’unica forza politica ad aver inserito la valorizzazione del personale nel programma elettorale. Dopo aver definito eroico il nostro personale sanitario è il momento di dare delle risposte partendo soprattutto dalla valorizzazione economica nei contratti. I nostri infermieri e operatori sanitari sono i meno pagati d’Europa. In questi anni abbiamo investito molto sulla formazione, per i medici abbiamo chiuso l’imbuto formativo raddoppiando le borse di formazione specialistica. Ma manca, appunto, la parte della valorizzazione professionale e contrattuale.

Queste risorse in più destinate agli infermieri non potevano essere erogate prima?

Nella legge di Bilancio 2020, sotto il secondo governo di Giuseppe Conte, avevamo finanziato l’indennità di specificità degli infermieri che però è stata erogata solo con la firma del contratto. Ci abbiamo provato, anche con le leggi di Bilancio successive, a farla erogare prima ma in qualche modo il ministro Brunetta l’ha tenuta bloccata aspettando il rinnovo.

Da dove bisogna ripartire per valorizzare le professioni sanitarie?    
È evidente che bisogna fare molto di più, che bisogna valorizzare gli ambiti lavorativi più rischiosi, penso al Pronto soccorso e a tutta l’area dell’emergenza urgenza da cui medici e infermieri fuggono perché non solo sono sottoposti a turni massacranti ma subiscono spesso aggressioni. Mi riferisco ad esempio a tutti gli operatori del 118 e al necessario riconoscimento del rischio lavorativo, al rischio biologico. Queste battaglie le abbiamo portate avanti nella precedente legislatura ma non avendo appoggio da altre forze politiche non siamo riuscite a realizzarle. Per noi la valorizzazione del personale è una sfida cruciale. I fondi del Pnrr possono essere usati per le infrastrutture, per la formazione ma non per il personale. Già dalla prossima legge di Bilancio gli sforzi devono essere tutti concentrarti sul personale.

Oggi tanti infermieri lasciano il lavoro lamentando responsabilità e carichi di lavoro inadeguati alle retribuzioni
I concorsi di accesso alle professioni infermieristiche vanno ormai deserti. Abbiamo un numero programmato nelle facoltà, ma spesso neanche si riesce a raggiungere il numero di accessi. Non è più attrattivo come lavoro, quando entri nel mondo lavorativo e quando esci hai lo stesso inquadramento professionale, la stessa fascia stipendiale, né speranza di avere una valorizzazione in base agli ambiti lavorativi che si scelgono. Per render attrattivi questi ambiti dobbiamo valorizzare il personale e prevedere incentivi economici in alcuni settori.

Nella legislatura appena trascorsa si stava lavorando a molti disegni di legge con al centro la professione infermieristica, penso alla libera professione intramuraria e all’infermiere di famiglia. Ora si dovrà ripartire da zero?            
L’infermiere di famiglia è uno dei progetti pilota che era partito in alcune aree. Queste figure andranno previste, fanno parte della riforma della medicina territoriale inclusa nel Pnrr. Manca il filtro territoriale e una figura di aiuto al domicilio del paziente è necessaria. Stessa cosa vale per l’attività intramoenia, abbiamo provato a portare avanti questa riforma, ma non abbiamo trovato convergenze con le altre forze politiche. Ci riproveremo perché siamo convinti che il progetto vada condotto in porto.

Oggi sembra che la riforma della medicina territoriale, incentrata sulle Case e gli Ospedali di Comunità, possa essere rivista dalla nuova maggioranza. Secondo lei si può migliorare? 
La cosa essenziale è che le Case di Comunità non siano semplicemente degli ambulatori percepiti come un corpo estraneo rispetto al Servizio sanitario nazionale. Devono essere dei presidi di salute e non dei poliambulatori. Al Servizio sanitario nazionale servono dei luoghi di cura attivi 24 ore su 24 dove se una persona ha bisogno di cure trova sempre qualcuno pronto ad assisterla.