12 Ottobre 2022

Sanità, Agenas fa i conti: carenza di infermieri e medici di base

Nel rapporto sul personale sanitario, l'agenzia snocciola: i primi sono appena 6,2 ogni mille abitanti, contro i 18 di Norvegia e Svizzera; i secondi sono diminuiti di oltre 2mila unità in due anni

Di U.S.V.
Sanità, Agenas fa i conti: carenza di infermieri e medici di base

Le carenze sono note, ma vederle scolpite nei numeri fa sempre una certa impressione. Gli infermieri in Italia erano 6,2 ogni mille abitanti nel 2020, contro i 18 di Norvegia e Svizzera, i 13 della Germania e gli 11 della Francia. Anche sulla media Ue, pari a 8,8, eravamo (e siamo) indietro. Sul versante dei medici, invece, noi ne abbiamo 4 ogni mille abitanti contro 3,17 della Francia e 3,03 della Gran Bretagna, mentre in Germania ci sopravanzano con 4,47 camici bianchi per mille abitanti. La media Ue è 3,8, quindi la superiamo appena.

La fotografia è scattata dal Rapporto 'Il personale del Servizio sanitario nazionale', pubblicato dall'Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e basato su dati Mef, Ministero della salute, Istat, Eurostat e Ocse. Nell’anno 2020 il personale dipendente del Ssn ammontava a 617.466 unità, di cui 68,7% donne e 31,3% uomini. Rispetto al 2019 il personale risultava aumentato di 13.610 unità pari al 2,3% del totale. A livello nazionale, la composizione per ruolo è così strutturata: il 72,3% è rappresentato dal ruolo sanitario, il 17,8%, dal ruolo tecnico, il 9,7% dal ruolo amministrativo e il restante 0,2% dal ruolo professionale.

Nel ruolo sanitario le unità con profilo infermieristico costituiscono il 59,3% del totale, i medici e gli odontoiatri il 23,1%, mentre il restante 17,6% è rappresentato da altre figure professionali sanitarie, quali: altro personale laureato; dirigente delle professioni sanitarie; personale tecnico-sanitario; personali funzioni riabilitative; personale vigilanza-ispezione. Se il dato complessivo dei medici è in linea con le medie europee, si riscontra purtroppo “la carenza di medici della medicina generale (Mmg), particolarmente avvertita nelle aree rurali e geograficamente remote”. “Le motivazioni sembrerebbero legate alla retribuzione e al basso livello di prestigio percepito nel ruolo di Mmg”, spiega il rapporto. Tirando le somme, dal 2019 al 2021 il numero dei medici di base si è ridotto di 2.178 unità e quello dei pediatri di libera scelta di 386 unità.

Per quanto riguarda la formazione degli infermieri, Agenas evidenzia che “in molti Paesi le preoccupazioni per le crescenti carenze” hanno incoraggiato “azioni per aumentare la formazione di nuovi infermieri. L’Italia è al quart’ultimo posto” nell’Ocse “per il numero di posti a disposizione negli atenei per la laurea in Infermieristica”. Inoltre, proprio per far fronte alla carenza di medici molti Paesi hanno iniziato ad affidare ruoli più avanzati agli infermieri sia in ospedale che nelle cure primarie. Le valutazioni di questi ultimi proprio nelle cure primarie, in nazioni come la Finlandia, il Regno Unito e l'Irlanda, “mostrano che gli infermieri con competenze avanzate possono migliorare l'accesso ai servizi e ridurre i tempi di attesa, fornendo al contempo la stessa qualità delle cure offerte dai medici, per una vasta gamma di pazienti, compresi quelli con malattie minori e quelli che necessitano di controlli di routine”. Morale? Secondo Agenas “rendere attrattiva la professione infermieristica rimane una questione chiave nella maggior parte dei paesi per evitare carenze future”.

Il blocco del turnover, poi, ha ridimensionato il numero di dipendenti sanitari a tempo indeterminato: al 31 dicembre 2018 era inferiore a quello del 2012 per circa 25mila lavoratori. In più “ha determinato l'innalzamento dell'età media del personale e il conseguente fenomeno della gobba pensionistica. Tale fenomeno, sebbene riguardi tutto il personale sanitario, appare naturalmente più minaccioso per i profili professionali già carenti”, ragiona l’agenzia. Dunque, “le due categorie più a rischio appaiono essere”, ancora una volta, “i medici di famiglia e gli infermieri e gli interventi limitati all'incremento dell'offerta formativa in altri Paesi europei si è rivelato parzialmente inefficace”. Di conseguenza, appare “necessario abbinare all'incremento dell'offerta formativa un sistema di incentivi in grado di rendere attrattive tali figure professionali in termini di riconoscimento sociale oltre che economico”.

Rispetto poi alle diverse scuole di specializzazione, il report sottolinea che l’offerta è stata rafforzata a partire dal 2018, con effetti che si vedranno tra cinque o sei anni, quindi a partire dall’anno prossimo. Per il quinquennio 2022-2027 l'offerta formativa delle varie scuole di specializzazione, prosegue Agenas, “sarà in grado di assicurare, a legislazione costante, il numero di pensionamenti prevedibile per lo stesso periodo”. Per il profilo professionale “infermieri”, nel quinquennio 2022-2027, l'offerta formativa attuale sarà sufficiente per garantire una disponibilità di personale in grado di compensare i pensionamenti nello stesso periodo.

Infine, ecco i capitoli pandemia e Pnrr. Il personale sanitario è stato rafforzato di 66mila unità per far fronte al Covid, tra cui 23mila infermieri e 20mila medici. Invece, la riforma dell’assistenza territoriale contemplata dal Recovery plan implica un fabbisogno infermieristico totale che oscilla tra oltre 19mila e quasi 27mila unità. Vedremo se i reclutamenti saranno all’altezza degli ambiziosi obiettivi del Piano.

 

Il Rapporto Agenas  


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