Autonomia differenziata ai raggi X. Salutequità svela le falle del testo
Il presidente Aceti: "Il ddl approvato in Cdm presenta rilevanti criticità sull'equità di accesso ai servizi e ai diritti civili e sociali". L'analisi tecnica

Il ddl Autonomia nell’ultima versione approvata in Cdm "non sembra aver imparato nulla dall’esperienza della sanità: presenta rilevanti criticità sull’equità di accesso ai servizi e ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale con effetti diretti sull’unità del Paese". Lo afferma Tonino Aceti, presidente di Salutequità, che ha realizzato una prima analisi tecnica del testo per metterla a disposizione del Parlamento.
Sono diverse le "falle macroscopiche" individuate da Salutequità, a cominciare dal fatto che "le parole 'equità', 'uguaglianza', 'disuguaglianz'e, 'controllo', 'verifica', 'coinvolgimento', 'partecipazione', 'concertazione' non siano mai citate nel testo del ddl. Ritroviamo invece solo 1 volta la parola 'unità', 2 volte la parola 'monitoraggio', 3 volte la parola 'solidarietà'”.
Entrando nel merito del testo, sottolinea Aceti, "l’autonomia differenziata viene consentita dopo soltanto la determinazione e il finanziamento dei Lep. Non è subordinata, come invece dovrebbe essere, ad esempio, alla individuazione di criteri di riparto del finanziamento dei Lep che guardino all’equità e alle caratteristiche specifiche delle Regioni; alla definizione e all’approvazione di un Sistema di Garanzia dei Lep all’altezza, che permetta al livello centrale di verificare concretamente, tempestivamente e in modo dinamico e puntuale la loro effettiva ed equa erogazione nelle Regioni; alla verifica positiva della garanzia dei Lep; alla definizione, al finanziamento, all’approvazione e alla verifica degli standard nazionali di personale, tecnologici, organizzativi e infrastrutturali che dovranno concretamente sostenere i Lep. Se non si vuole lasciare i Lep sulla carta - insiste - i relativi standard sono ineludibili”. Non solo, ma “Non c’è traccia invece di una ricognizione sui bisogni essenziali e insoddisfatti dei cittadini da garantire mediante i Lep. In questo modo, di fatto, i Lep rischiano di ridursi solo ad un elenco più ordinato di ciò che già viene erogato e preferibilmente compatibile con le attuali risorse".
Tra le criticità individuate da Salutequità c’è poi il meccanismo "lungo e impegnativo" di approvazione e revisione dei Lep (8 passaggi in tutto: ricognizioni normativa e spesa storica, adozione schema di Decreto, acquisizione dell’Intesa in Conferenza Unificata, parere delle Camere, valutazione del presidente del Consiglio dei ministri del contenuto dell’Intesa e del parere delle Camere, deliberazione del Cdm, adozione del Decreto, finanziamento) che "non prevede il coinvolgimento degli stakeholders e non individua tempistiche certe e perentorie di revisione dei Lep, quindi incompatibile con i tempi di evoluzione dei bisogni e dei diritti dei cittadini". "Anche in questo caso la sanità fa scuola - spiega Aceti -. Guardando infatti ai nuovi Lea del 2017, questi risultano a distanza di oltre 5 anni, ancora di fatto inattuati a causa della mancata adozione del decreto Tariffe, che viene rimpallato tra Conferenza delle Regioni e ministeri della Salute e dell’Economia".
La verifica della garanzia dei Lep inoltre è "solo una possibilità anziché un imperativo categorico. Il loro mancato rispetto non è considerato, all’interno del ddl, un motivo di cessazione automatica dell’efficacia dell’intesa sull’autonomia differenziata concessa alla Regione. Come dire, autorizzo la Regione a guidare una macchina veloce senza aver preventivamente verificato se è in grado di guidarla, e se va a sbattere, non necessariamente, ci saranno sanzioni proporzionate e nessuno le ritirerà mai la patente. A venir meno è proprio il ruolo di garanzia del livello centrale".
Salutequità punta l’indice inoltre sul mancato rafforzamento del ruolo dello Stato: "Se da una parte - spiega Aceti - si assegnano nuove competenze, responsabilità e funzioni alle Regioni dall’altra parte non è previsto alcun tipo di rafforzamento del ruolo del livello centrale di coordinamento, monitoraggio, valutazione e di garanzia del rispetto dei Lep da parte di tutte le Regioni. Il ministero della Salute, ad esempio, senza il necessario potenziamento del suo ruolo e degli strumenti a disposizione, domani sarà ancor più debole, con buona pace dell’unitarietà del Ssn". Pollice verso anche sul ruolo "troppo marginale" del Parlamento: "Ha 60 giorni di tempo per esprimersi con atto di indirizzo sullo schema di intesa preliminare di autonomia differenziata, ma non è chiaro se e quanto sia vincolante per il Presidente del Consiglio nella fase di predisposizione dello schema di intesa. Anche nella fase di determinazione dei Lep il Parlamento è chiamato ad esprimere un semplice parere non vincolante per il governo".
Nel mirino infine l’assenza di garanzie sul raggiungimento di una uniformità infrastrutturale in tutte le Regioni: "Il testo del ddl prevede che al fine di rimuovere gli squilibri economici e sociali anche nei territori delle Regioni che non concludono l’intesa sull’autonomia differenziata, lo Stato possa soltanto 'promuovere', e non anche 'assicurare', l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali. Ancora una volta viene diluito e depotenziato il ruolo di garanzia del livello centrale, deresponsabilizzandolo, e non vi è traccia di alcun impegno concreto per un programma straordinario di livellamento infrastrutturale delle Regioni in grado di metterle sullo stesso piano in tutti i settori delle politiche pubbliche".
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