Punti nascita a rischio chiusura, arriva la proposta per salvarli
La deputata Imma Vietri (FdI) a Nursind Sanità: "Abbassare la soglia minima dei 500 parti". Aperture da Pd e M5s che rilanciano: "La discussione va allargata". Ecco le loro proposte

Sono tanti i punti nascita a rischio in Italia, da Nord a Sud, perché non rispettano la soglia minima di 500 parti all'anno. La crisi demografica del Paese, con un costante calo dei nascituri, infatti, rende difficile in molti casi raggiungere questo tetto, datato 2010. E’ il caso di abbassarlo per salvare i reparti? Va in questa direzione una risoluzione di Fratelli d’Italia.
Le attuali regole nascono da un accordo del 2010 raggiunto tra lo Stato e le Regioni, in sede di Conferenza unificata, che ha previsto la progressiva riduzione dei punti nascita, definendo, appunto, lo standard di 500 parti annui come volume minimo per il mantenimento in attività. La soglia ottimale è stata fissata a 1.000 parti. E' stato anche previsto che le Regioni potessero chiedere delle deroghe per singoli reparti.
La deputata di FdI, Imma Vietri, prima firmataria della risoluzione, interpellata da Nursind Sanità, bolla questi parametri come "riduttivi e non appropriati" perché non in linea con i dati della natalità, in costante calo. E chiede di abbassare la soglia sotto i 500 parti. Il documento è stato discusso in commissione Sanità a Montecitorio nei giorni scorsi, riscuotendo l'interesse anche dei gruppi di opposizione, con Pd e M5s che hanno annunciato una loro risoluzione. Non solo, ma è maturata anche la decisione di avviare una serie di audizioni con l'obiettivo di arrivare a un testo condiviso, che sproni il Governo ad affrontare questo tema.
Per Vietri, "ci sono troppe strutture in tutto il territorio che rischiano di chiudere. Si tratta di realtà che garantiscono la sicurezza per le neomamme e i loro figli. Se fossero chiuse l'effetto sarebbe quello di ingolfare altre strutture, oltre al disagio evidente per le partorienti che devono spostarsi, soprattutto nei contesti rurali o dove i trasporti sono carenti".
Ma dove si trovano questi reparti a rischio chiusura? In Lombardia, negli anni scorsi, per esempio, è stata chiesta la deroga per mantenere aperti i punti nascita ad Angera (Varese), Oglio Po di Casalmaggiore (Cremona), Piario (Bergamo) e uno tra Gravedona (Como) e Chiavenna (Sondrio). In Emilia-Romagna risultano non operativi, ma ne è stata annunciata la riattivazione, i punti nascita di Alto Reno Terme (Bologna), Pavullo nel Frignano (Modena), Castelnuovo ne' Monti (Reggio Emilia) e Borgo Val di Taro (Parma). In Campania, poi, nella sola provincia di Salerno, sono a rischio i reparti ospedalieri di Sarno, Sarpi, Polla e Vallo della Lucania.
Il mantenimento di una rete capillare di punti nascita, come detto, è ritenuto importante anche dalle forze di opposizione, che però chiedono un intervento più generale. La deputata del Pd, Ilenia Malavasi, invita la maggioranza a una "riflessione più strutturata. La risoluzione di Fdi - spiega a Nursind Sanità - si limita a dare un'indicazione superficiale sulla revisione dei numeri dei parti per mantenere aperti i punti nascita. Non contiene un impegno preciso e circostanziato, ma chiede al Governo di lavorarci. A mio avviso - continua la dem - fermarsi al numero dei parti è limitante e semplicistico, Ci sono temi più complessi, al di là dei numeri che meritano tutta la nostra attenzione".
Prima di tutto, per Malavasi "dobbiamo fare in modo che siano garantiti la sicurezza della donna e del bambino, con servizi e attrezzature adeguate. Il parto sicuro è importante, ma lo è altrettanto poter sostenere il bambino in altri reparti in caso di difficoltà. Quindi, siamo disponibili al confronto, ma solo in un'ottica di gestione complessiva di tutte le fasi, dalla gestazione fino al post-parto, con il potenziamento dei servizi di prossimità per donne e neonati. Non serve infatti partorire vicino a casa, se poi non hai i servizi di cui hai bisogno per molti anni nella crescita del bambino", conclude.
Anche il Movimento cinque stelle allarga il ragionamento e chiede una "riorganizzazione dei percorsi nascita". La deputata Gilda Sportiello spiega al nostro giornale che il nodo dei punti nascita va affrontato "al di là del puro dato numerico": serve una "discussione ben più ampia, che deve riguardare l’aumento del personale, gli standard, la qualità dei servizi e il sostegno da garantire a madre e bambino".
I pentastellati presenteranno una risoluzione "perché - continua Sportiello - è il momento di affrontare una riorganizzazione dei punti nascita, da avviare a livello nazionale, regionale e locale". Un altro tema da aggredire sarà inoltre quello del ricorso eccessivo al taglio cesareo, citato anche nel Piano salute di oltre 15 anni fa: "L’Oms indica nel 15% la percentuale accettabile di tagli cesarei, ma nessuna regione italiana arriva a questa percentuale, soltanto la Toscana si avvicina con il 19% mentre abbiamo regioni come la mia, la Campania, che va oltre il 50%", osserva la parlamentare. Non ultima, infine, la questione delle aree geografiche sfavorite "in cui deve essere sempre assicurato il trasporto assistito materno e neonatale d'urgenza".
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