Covid: al via con le audizioni l'iter per la commissione d'inchiesta
I contributi in Affari sociali alla Camera. Gimbe: "Situazione emergenziale mai sperimentata prima". Polemiche sull'indagine di Bergamo. Il procuratore: "Non potevamo archiviare"

L’obiettivo è unificare le tre diverse proposte di legge e giungere il mese prossimo a un testo che istituisca la commissione d’inchiesta sul Covid. Oggi sono partite le audizioni in Commissione Affari sociali della Camera e i nodi sono venuti subito al pettine. “Riscriviamo la storia delle responsabilità delle vittime”, cadute “per precise decisioni o mancate decisioni” e “ai parlamentari e alla commissione d’inchiesta chiediamo un’altra verità” rispetto a quella che scaturirà dal lavoro della magistratura, ha detto Consuelo Locati, per i ‘Familiari delle vittime Covid-19’. Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive presso l’Università di Genova, è tornato invece sul senso di alcune misure restrittive: “Le persone che andavano protette nella prima fase erano evidentemente i soggetti più fragili, cioè gli anziani e gli immunodepressi. Invece chi ha subito le maggiori restrizioni sono stati giovani” che spesso “restavano a casa mentre gli anziani uscivano per andare al supermercato”. Inoltre, per Bassetti, anche nel vecchio Piano pandemico del 2006 “c’erano cose che se fossero state messe in pratica, avremmo capito prima che c’erano casi anomali in alcune regioni italiane”. Infine lo studioso ha lanciato una stoccata: “Il Comitato tecnico scientifico in una prima fase vedeva fondamentalmente la presenza di alcuni esperti del ministero. Tale comitato fu rivisto nel marzo del 2021, ma dobbiamo sottolineare una cosa molto importante, cioè come in quel comitato non c'era nessun rappresentante delle società scientifiche attive nel campo della lotta e dello studio delle infezioni”.
“Abbiamo spesso lanciato appelli non sempre ascoltati dalle istituzioni – ha spiegato invece Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – D’altronde, nessuno era preparato ad affrontare una simile sfida, peraltro con un Servizio sanitario nazionale profondamente indebolito da circa 37 miliardi di tagli nel decennio 2010-2019”. E infatti Cartabellotta si è poi mostrato critico nei confronti della ratio e degli scopi della commissione d’inchiesta, i cui compiti in alcuni casi “hanno una fattibilità minima o nulla per varie ragioni: dati assenti, insufficienti o di scarsa qualità; impossibilità di definire relazioni causa-effetto; complessità dei benchmark con altri Paesi; elevato grado di soggettività del giudizio”. Mentre “altri compiti risultano estremamente time & cost consuming. Altri ancora, hanno pertinenza minima o nulla con gli obiettivi dell’indagine”. D’altronde, secondo il presidente del Gimbe, pesa “la complessità di esprimere giudizi ex-post su decisioni influenzate anche da una situazione emergenziale mai sperimentata prima” e per di più “l’iniziale assenza di evidenze scientifiche a cui è succeduta una rapida acquisizione di conoscenze” hanno scatenato “un’infodemia che, a sua volta, ha reso complesso per la comunità scientifica sintetizzare le evidenze e formulare le raccomandazioni”.
Tra gli auditi anche Francesco Zambon, referente aziendale Piano pandemico per la Ussl 2 del Veneto, ma soprattutto ex ricercatore Oms, poi dimessosi a seguito delle presunte pressioni subite per un suo rapporto sul Covid, pubblicato a maggio 2020 e ritirato dopo 20 ore. Il documento trattava della gestione della pandemia da parte del governo italiano e metteva in evidenza le lacune organizzative e procedurali, a partire dal mancato aggiornamento dello stesso Piano pandemico. La vicenda di Zambon è citata, non a caso, in due delle tre proposte di legge in discussione e il ricercatore, in audizione, ha spiegato: “Quel rapporto era il tentativo in corsa di correggere gli errori che stavamo commettendo e per allertare tutti gli Stati non toccati dal Covid in ottica di prevenzione. Ma non è stato possibile. Va capito perché”.
La commissione è stata già oggetto di ripetuti scontri politici, dato che secondo molti potrebbe trasformarsi in un randello nelle mani dell’attuale maggioranza di governo e dell’alleanza Azione-Italia viva (in particolare dei renziani) per colpire la gestione della pandemia ai tempi di Giuseppe Conte e Roberto Speranza, durante l’esecutivo Conte 2. In effetti, nelle intenzioni dei promotori l’organismo bicamerale dovrà vagliare ad ampio spettro quanto accaduto nelle fasi più dure della diffusione del virus. E anche prima. Dal mancato aggiornamento del Piano pandemico al frettoloso approvvigionamento di mascherine e dispositivi sanitari da Paesi come la Cina, fino ai contorni della missione russa di sostegno all’Italia. Non è un caso che i tre attuali testi di legge rechino le prime firme del leghista Riccardo Molinari, del meloniano Galeazzo Bignami e del renziano Davide Faraone.
Ovviamente il lavoro della commissione parlamentare non si sovrapporrà all’operato della magistratura, ma andrà avanti in parallelo. Tuttavia, inevitabilmente, la questione della mancata zona rossa in Val Seriana e dei morti di Bergamo, con la conseguente inchiesta da parte della procura locale, entrerà nei lavori della bicamerale. Infatti, il presidente della Commissione Sanità del Senato, Franco Zaffini (Fdi), ha attaccato: “Siamo fiduciosi che l’operato della magistratura riuscirà a fare chiarezza su quanto accaduto nel corso delle due ondate pandemiche che hanno investito l’Italia. Riteniamo però che ora più che mai sia necessario che la politica, attraverso un’indagine di una commissione d’inchiesta sul Covid e su quanto accaduto nel corso dell’emergenza, accerti eventuali responsabilità politiche”.
Le toghe indagano su 19 persone, tra le quali l'ex presidente del Consiglio Conte, l'ex ministro della Salute Speranza, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, e l'ex assessore lombardo alla Sanità, Giulio Gallera, oltre a dirigenti ministeriali, ai vertici della Protezione civile e agli esperti del Cts (Comitato tecnico scientifico). Subito sono scoppiate le polemiche circa le presunte fughe di notizie sugli indagati, mentre dall’avviso di chiusura delle indagini emergono dettagli molto pesanti. Tanto che il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani, non ha potuto esimersi dall’andare in radio e in tv a spiegare. “È stata un'inchiesta complessa fatta di ricostruzioni di vite spezzate perché abbiamo dovuto dimostrare i nessi di causalità tra le morti e gli ipotizzati errori che sono stati fatti. Il nostro scopo è stato quello di ricostruire quello che è successo e dare una risposta alla popolazione bergamasca e di questi territori”, ha detto a Radio24.
Sul Piano pandemico Chiappani ha poi aggiunto: “Occorre distinguere l'aggiornamento del Piano rispetto all'attuazione del Piano, perché un Piano pandemico, pur vecchio del 2006, c’era”. E “il mancato aggiornamento del Piano pandemico riguarda il lato ministeriale, ma il nostro problema riguarda la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi del piano anti-influenza del 2006”. Poi lo stesso Chiappani ha ribadito in Rai, ad Agorà: “La nostra scelta finale è stata quella di dire, di fronte a queste criticità, a queste, secondo noi, insufficienze nelle valutazioni del rischio pandemico, perché stiamo parlando della prima fase della pandemia, del gennaio, febbraio e marzo del 2020, e di fronte alle migliaia di morti e a consulenze che ci dicono che questi potevano essere anche eventualmente evitati, noi non potevamo chiudere con un’archiviazione l'inchiesta. Questa è stata la nostra scelta”.
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