08 Maggio 2023

"Il 50% di infermieri e medici internisti è vittima di burnout"

Per il ministro della Salute Schillaci al centro dell'agenda rimane "la valorizzazione del personale sanitario". Prioritaria inoltre l'integrazione tra ospedali e territori: "Senza di essa continueremo ad avere ricoveri inappropriati"

Di NS
"Il 50% di  infermieri e medici internisti è vittima di burnout"

"Il 50% di medici e infermieri che opera nei reparti di medicina interna presenta uno stato di "burnout" e una percentuale simile vorrebbe licenziarsi purtroppo entro l'anno. Ma c'è anche una larga maggioranza che dichiara di sentirsi gratificata dal proprio lavoro con i pazienti e di aver, nonostante tutto, realizzato molte cose buone nel corso della propria vita lavorativa". Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenendo in videocollegamento al congresso degli internisti Fadoi e citando un survey presentata nel corso dei lavori relativa allo stress cui il personale sanitario è sottoposto.

"Come ben sapete - ha detto - la valorizzazione del personale sanitario è un tema che ho riportato al centro dell'agenda politica del Governo da subito. Le misure inserite nel cosiddetto decreto bollette costituiscono un primo passo in questa direzione ed altri ne compiremo nel corso della legislatura. Ma l'impegno è quello di riuscire a far sì che tutto il nostro personale sanitario si senta gratificato nella sua professionalità, che nessun medico, infermiere, operatore sociosanitario si senta sopraffatto dallo stress. Per questo, oltre alla valorizzazione economica, occorre rendere più attrattivo il Servizio sanitario nazionale intervenendo sulla riorganizzazione dei modelli, lavorando a una maggiore appropriatezza prescrittiva e a un miglior utilizzo dei posti letto". Questa è "una sfida importante che richiede il contributo di tutti". 


Il ministro si è detto poi "fermamente" convinto del fatto che tra i driver che devono guidare la ridefinizione dei nuovi modelli assistenziali "la continuità abbia un ruolo centrale. Innanzitutto tra gli ospedali e le strutture territoriali, che stiamo realizzando e che - ha rimarcato - non vanno intese come corpi separati all'interno del sistema ma devono essere in grado di dialogare con gli ospedali. Come emerge anche in una vostra indagine di qualche mese fa, senza l'integrazione tra ospedale e territorio continueremo ad avere posti letto di medicina interna occupati in maniera inappropriata spesso con pazienti che non possono essere dimessi per l'assenza di strutture intermedie, di caregiver o familiari che si occupino di loro. Un`inappropriatezza che oltre tutto costa al Servizio sanitario nazionale quasi 1 miliardo di euro l'anno". 


"In quella stessa indagine - ha ricordato - si sottolineava la necessità di superare una classificazione ormai vetusta che etichetta le medicine interne come reparti a bassa intensità di assistenza. Una classificazione che non considera come la stragrande maggioranza dei degenti nei vostri reparti sia costituita da pazienti complessi, molti dei quali richiedono un'alta intensità di cura. Siamo tutti consapevoli di quanto sia prioritaria la riforma dell'assistenza territoriale che costituisce il primo punto di contatto del cittadino con il Servizio sanitario, anche per evitare il ricorso inappropriato negli ospedali. Ma dobbiamo contestualmente portare a compimento l'aggiornamento del DM 70 tenendo conto dei recenti insegnamenti emersi nella gestione della pandemia e delle istanze di chi ogni giorno lavora nelle corsie degli ospedali. Professionisti - ha concluso - che meritano di poter lavorare con serenità e di veder riconosciute prospettive di crescita economica e professionale".

 

 

 

 

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