L’infermiere secondo i dati Nursind-Swg: per un italiano su due figura di alto valore

Il sondaggio commissionato dal sindacato nella Giornata internazionale dedicata alla categoria: turni di lavoro e impegno gravoso indicati come i principali nodi. Oltre alle basse retribuzioni

Apprezzati dagli italiani, ma costretti a turni di lavoro troppo faticosi e vittime di una scarsa valorizzazione professionale ed economica. È questa l’immagine degli infermieri che emerge da uno studio Swg commissionato dal Nursind in occasione della Giornata internazionale dedicata alla categoria, che coincide con il 25esimo anniversario dalla nascita del sindacato.

Secondo i dati, un intervistato su due ha ben chiaro il ruolo dell’infermiere tant’è che tra gli elementi positivi spiccano la possibilità di aiutare concretamente le persone, evidenziato dal 50% del campione, e l’alto valore sociale della professione (47%). Non mancano però, come detto, le note dolenti. A cominciare dai turni di lavoro, indicati come il principale fattore negativo dal 40% dei cittadini, mentre il 39% ne evidenzia il gravoso impegno fisico e mentale. Inoltre, soprattutto i giovani non vedono di buon occhio il percorso di studi, troppo lungo per il 18%, soprattutto in rapporto alla scarsa autonomia decisionale in ambiente lavorativo, denunciata sempre dal 18% dei ragazzi.

C’è poi il nervo scoperto dell’appetibilità della professione: oltre 2 italiani su 3 supporterebbero la scelta di una persona cara di iscriversi al corso di laurea in Infermieristica, ma il dato, come evidenzia Swg, è in sensibile calo rispetto all’indagine Censis condotta nel 2012: -15%, che diventa -18% tra i più giovani. Le basse retribuzioni, infine, sono una piaga per il 58% degli italiani.

Gli infermieri, in ogni caso, rappresentano “un patrimonio del quale gli italiani riconoscono l’alto valore sociale e tecnico, ma anche le difficoltà e i problemi”, commenta il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega. Quanto alla contrarietà espressa dal 40% degli intervistati rispetto all’esercizio della libera professione, secondo Bottega “tradisce soltanto un attaccamento della gente alla sanità pubblica e alle sue figure di riferimento. Non a caso, infatti, oltre metà del campione non esclude più autonomia decisionale e maggiori competenze per gli infermieri e il 62% fruirebbe anche delle nostre prestazioni a pagamento. A dimostrazione - conclude il segretario Nursind - di una professionalità ampiamente riconosciuta e percepita, soprattutto su prestazioni e medicazioni che non abbiano a che fare con diagnosi e prescrizioni terapeutiche”.

La ricerca Swg (slide)

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