Pnrr, il governo propone un taglio del 30% per le Case di comunità
Le ipotesi di rimodulazione degli investimenti sulla Missione 6 da parte del ministro Fitto: esce dal Piano anche un quarto degli Ospedali di comunità. Ecco tutte le modifiche al Recovery

Ora inizia la delicata fase di negoziato con la Commissione Ue: il ministro titolare della delega al Pnrr, Raffaele Fitto, ha presentato le proposte generali di modifica al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Diversi sono i cambiamenti, anche profondi, che riguardano la Missione 6, dedicata alla Salute. Ricordiamo che complessivamente sono in gioco 15,63 miliardi impegnati su due componenti: da una parte l’assistenza territoriale e la telemedicina, dall’altra l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Ssn.
Le prime vittime della rimodulazione degli investimenti, come già paventato nei mesi scorsi, sono le Case della comunità, il cui target potrebbe ora scendere da 1.350 a 936. Praticamente un taglio superiore al 30% giustificato con il rialzo dei prezzi delle “materie prime ed energetiche”, il cosiddetto caro-materiali e caro-energia che nel 2022 è esploso in concomitanza anche con lo scoppio del conflitto russo-ucraino. La rimodulazione riguarda soprattutto i nuovi edifici per i quali la realizzazione entro giugno 2026 è a rischio. Tuttavia, la relazione di Fitto ci tiene a precisare: “Gli investimenti espunti verranno comunque realizzati, con le modalità già programmate, assicurando la copertura finanziaria mediante il ricorso alle risorse nazionali del programma di investimenti in edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico” oppure “mediante la riprogrammazione delle risorse della politica di coesione (FSC)”.
Poi il testo indora la pillola: “Le risorse Pnrr che residuerebbero dalla riduzione del target e dalla copertura dei maggiori costi potrebbero essere utilizzate per: finanziare una nuova sub-linea d’investimento tesa a rafforzare i Poliambulatori specialistici pubblici, in stretto collegamento alle Case della comunità, in particolare per la sostituzione o implementazione di apparecchiature di radiodiagnostica di base e/o radiologia domiciliare e laboratoristica” o magari “rafforzare gli interventi legati agli obiettivi del tagging climatico; coprire un ulteriore eventuale aumento dei costi”. O ancora: “Rafforzare le dotazioni strumentali necessarie a garantire le prestazioni specialistiche diagnostiche ulteriori a quelle di base sia nelle Case della comunità sia negli ambulatori collegati, anche al fine di migliorare il processo di presa in carico dei pazienti, in via prioritaria cronici e fragili, migliorare la gestione delle urgenze e ridurre il fenomeno delle liste di attesa”.
Il dibattito sulle Case della comunità è da tempo sensibile e lo stesso centrodestra, all’inizio della legislatura, si era esposto contro una riorganizzazione dell’assistenza territoriale concepita ai tempi di Roberto Speranza ministro della Salute. Quindi la proposta di modifica di Fitto ci tiene a precisare che “tra il 2021 e il 2023 l’incremento dei costi di costruzione per un intervento tipologico, risultante da un Computo metrico estimativo per ognuna delle quattro macrocategorie di lavori rilevanti (strutture, opere edili, impianti idrici e meccanici, impianti elettrici e speciali), oscilla tra il 24% e il 66% a seconda delle Regioni considerate”; da qui l’esigenza della rimodulazione dell’obiettivo quantitativo. Anche perché “la necessità di individuare durante lo sviluppo progettuale la copertura finanziaria di un costo superiore a quello pianificato nella fase di gara genera ritardi nell’affidamento dei lavori contrattualizzati”. Della serie: si sono concluse le procedure di appalto prima che si scatenasse la bufera inflattiva e ora gli affidatari non riescono a far quadrare i conti.
Sul fronte degli obiettivi legati alla telemedicina, la proposta di modifica punta alla riduzione delle Centrali operative territoriali (Cot) da 600 a 524 e allo slittamento del target di un semestre, dalla metà alla fine del 2024, sempre giustificati con l’aumento dei costi. Fitto ribadisce che le Cot escluse dal Pnrr “verranno realizzate con risorse a valere su fondi nazionali” legati alla legge 67 del 1988. Anche sul numero di persone assistite attraverso gli strumenti di telemedicina (almeno 200mila), si propone di “differire il conseguimento del target di un semestre”, dalla fine del 2025 al 30 giugno 2026, “in considerazione della difficoltà a reperire materie prime”, ad esempio “metalli e materiali utilizzati nelle apparecchiature tecnologiche”.
Il ridimensionamento degli obiettivi riguarda anche gli Ospedali di comunità. Il testo prevede di rimodulare la soglia da 400 a 304 progetti, con un taglio di circa un quarto, “destinando le risorse ai progetti di ristrutturazione di edifici esistenti che, alla luce delle ultime attività di monitoraggio, non presentano complessità attuative”. Dunque, dice Fitto, “i nuovi edifici e, in generale, i progetti che presentano un maggior rischio di mancata realizzazione entro i termini saranno invece finanziati” con le risorse nazionali della legge 67 del 1988 o con quelle del Fsc.
Per quanto riguarda invece la dotazione digitale dei Dea e degli ospedali, il ministro punta ad allargare il ventaglio degli strumenti contrattuali a disposizione dei soggetti attuatori, sia avvalendosi delle gare Consip già in essere che ricorrendo al mercato Mepa-Sdapa per acquisti ancillari. Appoggiarsi agli “interventi avviati sugli accordi quadro” già oggi disponibili consente “una migliore efficacia degli interventi stessi (come, ad esempio, l’acquisto di tablet per la raccolta della firma grafometrica da parte dei pazienti per gli interventi di cartella clinica digitale)”. Inoltre, spiega la relazione “con le economie di gara e di progetto nonché le risorse dei progetti in essere ex art. 20 della legge 67-88 non rendicontate potrà essere inserita una linea d’intervento a favore della gestione dei farmaci mediante il finanziamento di 100 progetti innovativi di logistica del farmaco”.
Le proposte di modifica puntano poi a differire di un anno, fino alla fine del 2025, il target che riguarda “tutte le attività necessarie per l’acquisto, l’installazione e la sostituzione delle apparecchiature obsolete o fuori uso”. La colpa è sempre dell’aumento dei costi, che “incide sui lavori per l’adeguamento degli spazi destinati a ospitare le grandi apparecchiature e sull’effettiva disponibilità nei tempi previsti dalle procedure di acquisto delle grandi apparecchiature contrattualizzate”, ma pesano pure “i ritardi nelle forniture e le difficoltà legate all’approvvigionamento delle materie prime”. Fitto ci tiene a precisare che le risorse risparmiate “potrebbero essere destinate all’introduzione di apparecchiature innovative e/o upgrade di quelle esistenti”. E in più le economie non rendicontate per la legge del 1988 “potranno finanziare due nuove linee d’intervento a favore dell’adeguamento di 100 sale operatorie e del rafforzamento tecnologico mediante l’introduzione di tecnologie innovative in ambito chirurgico con l’acquisto e/o noleggio di 80 robot chirurgici”.
Infine, anche i target di adeguamento antisismico dei nosocomi subiscono una revisione: da 109 a 87 strutture ospedaliere. I progetti a rischio, come al solito, vengono dirottati sulle risorse nazionali, mentre i fondi Pnrr residuati potranno essere destinati “a coprire i maggiori costi e a rafforzare l’investimento anche sotto il profilo della sostenibilità, intervenendo con opere impiantistiche finalizzate all’adeguamento degli impianti aerazioni e all’adeguamento antincendio”. L’ultima proposta di revisione riguarda invece il Fascicolo sanitario elettronico (Fse): il ministro Fitto pensa bene di snellire il processo di migrazione documentale partendo dai dati nativi digitali, “escludendo dal perimetro dell'intervento la migrazione/trasposizione ad hoc di documenti cartacei attuali o vecchi”.
Il documento integrale con le proposte di modifica al Pnrr
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