Migrazione sanitaria, Gimbe: "In crescita nel 2021, porta 4,25 miliardi al Nord"
Oltre 1 euro su 2 speso per ricoveri e prestazioni specialistiche finisce nelle casse del privato. Il presidente Cartabellotta: "I dati confermano un gap enorme con il Sud del Paese destinato ad aumentare con l'autonomia differenziata"

Nel 2021, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro, cifra nettamente superiore a quella del 2020 (3,33 miliardi), con saldi estremamente variabili tra le Regioni del Nord e quelle del Sud. In occasione dell’avvio della discussione in Aula al Senato del ddl Calderoli sull’autonomia differenziata, arrivano i dati contenuti nel report della Fondazione Gimbe e che fanno dire al presidente Nino Cartabellotta che la la mobilità sanitaria "è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. Un gap diventato ormai una ‘frattura strutturale’ destinata ad essere aggravata dall’autonomia differenziata, che in sanità legittimerà normativamente il divario Nord-Sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell’esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute".
Ma vediamo i numeri nel dettaglio. Per quanto riguarda l’attrazione di pazienti provenienti da altre Regioni, ciò che emerge è che Lombardia (18,7%), Emilia-Romagna (17,4%), Veneto (12,7%) raccolgono quasi la metà della mobilità attiva, un ulteriore 25,6% viene attratto da Lazio (9,5%), Piemonte (6,8%), Toscana (4,9%) e Campania (4,4%). Il rimanente 25,6% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre 14 Regioni e Province autonome. "I dati della mobilità attiva – commenta Cartabellotta – documentano una forte capacità attrattiva delle grandi Regioni del Nord e, con la sola eccezione del Lazio, quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud".
Sul fronte della migrazione dei pazienti dalla Regione di residenza, invece, 3 Regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre € 300 milioni ciascuna: in testa Lazio (12%), Lombardia (10,9%) e Campania (9,3%), che insieme compongono quasi un terzo della mobilità passiva. Il restante 67,9% della mobilità passiva si distribuisce nelle rimanenti 18 Regioni e Province autonome.
Complessivamente, l’86% del valore della mobilità sanitaria riguarda i ricoveri ordinari e in day hospital (69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,4%). Il 9,4% è relativo alla somministrazione diretta di farmaci e il rimanente 4,6% ad altre prestazioni (medicina generale, farmaceutica, cure termali, trasporti con ambulanza ed elisoccorso).
Non è trascurabile infine il dato che riguarda la mobilità sanitaria verso il privato. Oltre 1 euro su 2 speso per ricoveri e prestazioni specialistiche finisce, infatti, nelle casse del privato: esattamente 1.727,5 milioni di euro (54,6%), rispetto a 1.433,4 milioni (45,4%) delle strutture pubbliche. In particolare, per i ricoveri ordinari e in day hospital le strutture private hanno incassato 1.426,2 milioni, mentre quelle pubbliche 1.132,8 milioni. Per le prestazioni di specialistica ambulatoriale in mobilità, il valore erogato dal privato è di 301,3 milioni, quello pubblico di 300,6 milioni. "Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private – spiega Cartabellotta – varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate, oltre che dell’indebolimento di quelle pubbliche2. Infatti, accanto a Regioni dove la sanità privata eroga oltre il 60% del valore totale della mobilità attiva – Molise (90,5%), Puglia (73,1%), Lombardia (71,2%) e Lazio (64,1%) – ci sono Regioni dove le strutture private erogano meno del 20% del valore totale della mobilità: Valle D’Aosta (19,1%), Umbria (17,6%), Sardegna (16,4%), Liguria (10%), Provincia autonoma di Bolzano (9,7%) e Basilicata (8,6%).
Tirando le somme, "i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il Governo per la richiesta di maggiori autonomie”, mentre “oltre la metà del valore delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale vengono erogate dal privato accreditato, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica. Questi dati, insieme a quelli sull’esigibilità dei Lea – conclude il presidente della Fondazione - confermano un gap enorme tra il Nord e il Sud del Paese, inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno concesse maggiori autonomie alle più ricche Regioni settentrionali".
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