Malattie rare, trovata una diagnosi nel 33% dei casi
E' il risultato del progetto dell'Istituto Mario Negri che fa parte della Rete per le patologie senza nome. Almeno il 6% di questi malati infatti è "orfano" di una corretta determinazione, in persone con disabilità si arriva al 40%

Le malattie rare colpiscono una persona ogni 2mila abitanti; oggi ne conosciamo oltre 7mila diverse fra loro. Il numero complessivo di ammalati rari è un problema sanitario di dimensioni sociali: in Italia sono più di un milione le persone che hanno a che fare con queste patologie. Il problema nel problema è rappresentato poi dalle malattie rare 'senza nome' Sono molte, infatti, come spiega il Centro di ricerche cliniche per le malattie rare "Aldo e Cele Daccò" dell’Istituto Mario Negri (che tra l’altro è stato il primo oltre 30 anni fa ad occuparsi di queste patologie), le persone che soffrono di una malattia rara "non diagnosticata": almeno il 6% dei malati rari è "orfano" di una diagnosi; in persone con disabilità, si arriva al 40%.
Si tratta di una condizione che costringe i pazienti e le loro famiglie ad affrontare un percorso estremamente difficile, più complesso rispetto agli altri ammalati rari: ottenere una diagnosi è infatti il punto di partenza per definire l’iter terapeutico, ottimizzare le scelte e ricevere un’assistenza medica e sociale efficaci. Proprio per dare una risposta a questa criticità, l’Istituto Mario Negri ha coordinato un progetto in collaborazione con il Centro multidisciplinare di Immunopatologia e Documentazione sulle malattie rare di Torino e l’Istituto superiore di sanità (Iss), di cui fornisce i risultati oggi, a due giorni dalla Giornata delle Malattie rare (che sarà festeggiata in tutto il mondo appunto il 29 febbraio). Sempre oggi, tra l’altro, è stata emessa dal ministero dell’Economia e delle Finanze la moneta dedicata all’anniversario di Uniamo, la Federazione italiana malattie rare che da 25 anni opera per migliorare la qualità di vita e tutelare i diritti delle persone con malattia rara e delle loro famiglie, e alla Giornata delle Malattie rare.
Tornando al progetto dell’Istituto Mario Negri (nato all’interno dell’Undiagnosed Network Program Italy -UDNP Italy, la rete dedicata ai pazienti adulti senza diagnosi, di cui fa parte il Mario Negri). Concluso a fine 2023, ha permesso di analizzare 273 casi di pazienti adulti senza diagnosi, arrivando a definire una malattia geneticamente determinata in 89 casi. Il risultato è stato possibile grazie a una valutazione multidisciplinare da parte degli enti coinvolti e all’avvio di indagini genetiche mirate.
"Questo ambizioso risultato, pari al 33% dei casi analizzati, sottolinea l’importanza di una rivalutazione periodica dei pazienti adulti senza diagnosi, alla luce dei costanti progressi nelle tecniche di indagine molecolare – commenta Ariela Benigni, segretario scientifico dell’Istituto Mario Negri e coordinatore delle ricerche per le sedi di Bergamo e Ranica (Bg) –. Il tasso di successo diagnostico nella popolazione studiata, affetta da malattie di sospetta origine genetica, è stato altamente significativo considerando le caratteristiche - adulti con età media superiore ai 40 anni - e la lunga storia di malattia che nel tempo li ha costretti a numerosi consulti in più centri specialistici in diverse regioni d’Italia".
"I risultati del progetto sono ancora più importanti se consideriamo che il network si focalizza in particolare sui pazienti adulti con nefropatie non diagnosticate, in vista di un futuro trapianto di rene: la diagnosi consente infatti in questi casi di stabilire l’opzione più adeguata (trapianto da donatore vivente o deceduto, eventuale compatibilità con un consanguineo), influenzando la probabilità di successo dell’intervento", ha aggiunto Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri.
La ricerca del Mario Negri in questo ambito prosegue e vede già impegnato l’Istituto attraverso il Progetto ANTHEM (AdvaNced Technologies for Human-centrEd Medicine), finanziato dal Piano complementare al Pnrr, in collaborazione con altri 22 enti italiani, che ha avuto un primo meeting scientifico a Bergamo nei giorni scorsi.
"Lo studio delle malattie rare è una priorità di sanità pubblica, perché tutti gli ammalati hanno il diritto di avere lo stesso tipo di trattamento – spiega Erica Daina, responsabile del Centro Clinico –. Ma ha anche un interesse scientifico che va al di là di questo. Proprio attraverso lo studio delle malattie rare si è infatti arrivati a comprendere molti dei meccanismi che regolano le patologie più comuni. Tutto questo va ad avvallare l’importanza di sostenere le malattie rare che oggi sono orfane di fondi".
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