Liste d'attesa, Schillaci annuncia tempi brevi ma c'è l'alt dei medici
Il ministro annuncia interventi anche sull'appropriatezza prescrittiva contro l'eccesso di esami non necessari. Onotri (Smi): "Non può essere solo un calcolo matematico". Quici (Cimo-Femed) chiede "più interventi strutturali"

Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, torna a parlare di liste d’attesa e riparte il carosello di distinguo. Oggi è il Sindacato medici italiani (Smi) a mettere in guardia: "Non si abbattono le liste di attesa non curando più i cittadini". Mentre Cimo-Fesmed chiede più interventi strutturali perché "affrontare, in sanità, la questione tempi di attesa è un po’ come approcciare un paziente con una patologia multiorgano che necessita di terapie specifiche, ma che invece viene curato con placebo".
Stamattina in una intervista al quotidiano Libero, Schillaci ha spiegato che il decreto sulle liste d’attesa è in dirittura d’arrivo: "Siamo alle battute finali del decreto che porteremo a stretto giro in Cdm". Per poi aggiungere: "A differenza del passato, questo governo ci sta mettendo la faccia. Le sembra normale che nessuno si sia mai preoccupato di verificare in modo puntuale quali siano veramente i tempi i tempi d’attesa delle prestazioni? Oggi – ha incalzato - un monitoraggio di questo tipo non esiste e da lì dobbiamo partire per mettere in campo azioni che richiedono il contributo fattivo delle Regioni. Perché altra cosa che spesso si dimentica è che lo Stato mette a disposizione soldi e fornisce indirizzi ma poi la messa a terra degli interventi spetta alle Regioni".
Per Schillaci, "non è solo questione di risorse ma anche di modelli organizzativi che devono essere più efficienti. Il cittadino che chiama il Cup per prenotare una visita deve trovare tutta l'offerta di prestazioni disponibile, pubblica e privata convenzionata, e pagare solo il ticket se non è esente. Così come intendiamo definire Linee guida con l'Istituto superiore di sanità per l'appropriatezza prescrittiva perché anche l'eccesso di esami se non sono necessari allunga le liste".
Nervo scoperto quello della approprietazze prescrittiva, tant’è che la replica dello Smi non si è fatta attendere: "Si prevede una stretta sulle prescrizioni effettuate dai medici di medicina generale per sottoporli all’appropriatezza come avviene per la farmaceutica, ma, mentre, si esercita una forte pressione sui medici, si concede ai farmacisti di prescrivere analisi a carico del Servizio sanitario nazionale in assenza di una qualsiasi indicazione clinica da parte di un medico", ha affermato il segretario generale Pina Onotri. "Quello che viene previsto, per quanto riguarda l’esecuzione di alcuni esami nella farmacia dei servizi, lo riteniamo gravissimo, perché permette ai farmacisti di prescrivere Ecg e Holter anche senza competenze mediche specifiche. Davanti alla crisi del Ssn ci aspettavamo, invece, il rafforzamento della medicina di prossimità. Solo in questo modo, siamo del parere, si potrebbero abbattere le liste di attesa e sollevare le sorti del nostro sistema sanitario".
"L’appropriatezza prescrittiva non può essere solo un calcolo matematico", ha poi osservato Onotri. Prima di concludere: "Siamo di fronte non tanto all’appropriatezza prescrittiva, come viene sbandierato, bensì all’ulteriore tentativo di mettere tanti lacci e laccioli alla libera determinazione del medico di poter prescrivere gli esami in scienza e coscienza; si sta puntando alla riduzione tout court delle prestazioni mediche. Questo è il modo peggiore agire: si vuole trovare la soluzione delle liste di attesa tagliando i servizi e facendo pressioni improprie sui medici. Forse – ha concluso - si vogliono abbattere le liste di attesa non curando più i cittadini?".
Parte dalle cause a monte del nodo liste d’attesa, invece, il presidente del sindacato dei medici della Federazione Cimo-Fesmed, Guido Quici: "La ridotta offerta sanitaria, la carenza di risorse umane, l’inappropriatezza delle prestazioni, l’approccio demagogico verso la libera professione del medico”. "Iin Italia – ha proseguito – oggi ci sono oltre 2,12 milioni di famiglie che vivono in assoluta povertà, circa 6 milioni di famiglie che si trovano in una condizione di povertà sanitaria e 25,2 milioni di famiglie italiane che mediamente spendono poco meno di 1.500 euro l’anno per curarsi, con una spesa per out of pocket aumentata di 10 mld (oggi circa 40 mld) tra il 2019 e il 2022. Il tutto in un contesto, più ampio, che vede gli attuali Lea del tutto insufficienti con una sanità integrativa che diventa sempre di più sostitutiva. Quindi occorre una terapia molto più articolata che aggredisca contemporaneamente più cause".
"In attesa di conoscere il testo del decreto - ha concluso Quici - riteniamo invalicabili due principi: nessun ulteriore divieto ad esercitare la libera professione, istituto diverso dalle prestazioni aggiuntive e, soprattutto, riaffermare il carattere di eccezionalità e temporaneità delle stesse prestazioni aggiuntive finalizzate a ridurre i tempi di attesa. Di certo le seconde non devono mai impedire il diritto ad esercitare l’unica residua attività professionale che sancisce il diritto di scelta del cittadino verso lo specialista di fiducia e che induce molti medici a non lasciare ancora il Ssn pubblico".
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