07 Maggio 2024

Oncologia pediatrica, la migrazione sanitaria incide anche sulla guarigione

Lo rivelano i risultati di un'indagine condottata da Aieop. Ma il presidente Prete precisa: "Il dato della differente mortalità potrebbe essere correlato a un riferimento più tardivo dei pazienti verso centri specializzati". I dettagli

Di NS
Foto di Mauro Pozzer
Foto di Mauro Pozzer

La 'migrazione sanitaria' e cioè la necessità di spostarsi da una regione all'altra dell'Italia per curarsi, in tema di oncologia pediatrica è un fenomeno ancora diffuso. Nonostante la rete di centri coordinati dall'Associazione italiana ematologia e oncologia pediatrica (Aieop) sia estesa su gran parte del territorio nazionale. Fanno eccezione regioni come la Basilicata, il Molise e la Valle d'Aosta, che non dispongono di centri Aieop, ma possono comunque contare su strutture geograficamente vicine a cui fare riferimento per i piccoli pazienti. Questa è la fotografia che emerge da uno studio condotto dall'associazione e recentemente pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics.

L’indagine ha quantificato l'entità della migrazione sanitaria in ambito onco-ematologico pediatrico e la sua evoluzione negli ultimi 30 anni, provando ad analizzarne l'impatto. L’analisi si riferisce al periodo compreso tra il 1988 e il 2017 ed è stata effettuata su 41.205 pazienti registrati, con un’età compresa tra 0 e 20 anni al momento della diagnosi. I risultati hanno documentato una migrazione extra-regionale nel 19,5% dei casi, evidenziando un trend in diminuzione: nel decennio 1988-1997, infatti, essa si attestava attorno al 23,3%, mentre nell’arco temporale compreso tra il 2008 e il 2017 il valore è sceso al 16,4%.

 

Lo studio ha messo in risalto come la migrazione sanitaria abbia coinvolto maggiormente pazienti affetti da tumori solidi rispetto a quelli affetti da leucemie e linfomi. I flussi più corposi di migrazione hanno origine dal Sud e dalle Isole più che dal Centro e dal Nord, con regioni virtuose che sono scese sotto la soglia del 10% e regioni nelle quali invece si registra ancora una migrazione per oltre il 60% dei casi.
Rispetto all’impatto della migrazione sanitaria sulle possibilità di guarigione, è stato documentato come i pazienti che migrano fuori regione abbiano una sopravvivenza complessiva a 10 anni dalla diagnosi del 69,9% rispetto a quelli che sono curati in centri a pochi chilometri da casa, nei quali la sopravvivenza si attesta attorno al 78,3%. Questo dato grezzo, contestualizzato rispetto a patologie ad alta complessità che richiedano centri specializzati e un approccio multidisciplinare, risulta invertito.

 

"La migrazione sanitaria in onco-ematologia pediatrica – spiega Arcangelo Prete, presidente di Aieop - è un fenomeno ancora presente in Italia, nonostante esista una rete che copre pressoché tutto il territorio nazionale. Non è tuttavia un fenomeno da demonizzare. Semplicemente le patologie che trattiamo sono molto rare e, per tale motivo, i pazienti necessitano di centri di alta specializzazione. Il ruolo della rete e dei centri regionali è quello di provvedere al corretto inquadramento dei pazienti e di valutare quali siano le situazioni che necessitino di essere prese in carico da centri con differente specializzazione extra regione. Il dato della differente mortalità, infatti, potrebbe essere correlato a un riferimento più tardivo dei pazienti verso centri specializzati o a situazioni di malattia avanzate già alla diagnosi. Stiamo lavorando per comprendere appieno questo fenomeno con l’unico obiettivo di garantire in Italia le cure migliori per i nostri pazienti".

 

 

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