Medicina, l'exit strategy dal numero chiuso rinviata a dopo le Europee
Atteso il voto sugli emendamenti al testo base in commissione Istruzione del Senato. Rimangono i vincoli di programmazione, ma viene abolito il test. Pd e M5s chiedono una prova finale dopo il primo semestre. I dubbi del relatore Zaffini (FdI)

Non si abolisce il numero chiuso, si cambiano solo le regole d’accesso. E’ unanime il coro di maggioranza e opposizione in merito al disegno di legge delega che punta a ridisegnare l’ingresso alle facoltà mediche. Il testo base, attualmente al vaglio della commissione Istruzione al Senato, è stato adottato al termine del lavoro svolto dal comitato ristretto e si attende ora il voto sugli emendamenti, illustrati la scorsa settimana e presentati soprattutto da Pd e Cinque stelle.
Il disegno di legge prevede che gli aspiranti medici possano frequentare un iniziale semestre conseguendo una soglia minima di crediti formativi universitari, in base ai quali sarà formata una graduatoria nazionale di merito che darà diritto, sopra una certa soglia, all’accesso al secondo semestre e quindi al percorso formativo completo. Un modo per superare l’attuale test di ingresso, fonte ogni anno di polemiche e ricorsi da parte degli esclusi. La programmazione dei posti disponibili nelle diverse facoltà Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria sarà calcolata in base al fabbisogno, di concerto tra ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni e ministero dell’Università, attraverso la Crui.
Il voto sulle proposte emendative potrebbe arrivare dopo le elezioni europee, ma il dialogo è già in corso tra maggioranza e opposizione. I pentastellati chiedono di escludere esplicitamente le università telematiche dal primo semestre. I dem vorrebbero invece che la prima fase propedeutica all’accesso venisse estesa a un anno. Entrambi, infine, chiedono che la graduatoria di merito venga formata sulla base di un test di valutazione finale sulle materie studiate "per evitare che ci siano troppe persone con lo stesso punteggio" spiega a Nursind Sanità, in relazione ai crediti CFU, la senatrice Maria Domenica Castellone. Secondo la parlamentare pentastellata, medico e componente del comitato ristretto che ha lavorato al testo base, "il primo semestre in comune permette di valutare gli studenti mettendoli tutti sullo stesso piano dal punto di vista della formazione e si mette finalmente fine a quel mercimonio delle scuole di preparazione al test di Medicina".
Dello stesso avviso il senatore Pd Andrea Crisanti. Anche il virologo, che ha seguito il dossier all’interno del gruppo ristretto, sottolinea con Nursind Sanità come "la selezione basata solo sui CFU non valorizzi i risultati degli esami e, inoltre – aggiunge -, un test di verifica nazionale introdurrebbe un elemento di trasparenza, evitando distorsioni locali".
Difficile, però, che la proposta di una valutazione alla fine del primo semestre possa essere accolta dalla maggioranza poiché il primo a non esserne convinto è proprio il relatore del testo, il senatore FdI e presidente della commissione Salute Francesco Zaffini. "Personalmente non sono d’accordo, non vedo l’opportunità di sottoporre lo studente ad altri test dopo che ha già superato gli esami ed è stato valutato con il voto. Mi sembra accanimento terapeutico”, spiega Zaffini al giornale.
Il clima generale rimane dialogante. "Rispetto a come si era partiti, oggi il testo raccoglie già parecchie richieste, c’è stata veramente molta collaborazione e confido si possa arrivare a un incontro su alcuni punti", osserva Castellone. Meno conciliante Crisanti: "il testo finale attualmente non ci soddisfa, riteniamo che abbia elementi demagogici ma spero nelle capacità di mediazione del presidente di Commissione, che si è speso molto per trovare una sintesi. A livello individuale alcuni colleghi convergono sui nostri punti ma, a volte, le posizioni personali vengono sacrificate per accordi interni ai partiti di maggioranza".
Allo stato attuale, quindi, la questione della riforma dell’accesso ai test delle facoltà mediche sembra dividere più la categoria che la politica. Mentre la Fnomceo-Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri aveva fatto sapere, per voce del presidente Filippo Anelli, di apprezzare l’intenzione del legislatore di correlare il numero degli studenti ai fabbisogni di professionisti, Anaao Assomed con Pierino Di Silverio aveva parlato di "colpo di grazia alla formazione medica".
Anche se, poi, a ben guardare, la posizione del sindacato è condivisa in Senato: "Siamo perfettamente d’accordo con Anaao, infatti non vogliamo abolire il numero chiuso – ribatte Crisanti -, al contrario vogliamo arrivare a un processo di trasparenza, facendo anche in modo che le famiglie più disagiare non si trovino in difficoltà, per questo abbiamo presentato un emendamento per riservare una quota di posti ai redditi bassi”, puntualizza ancora il senatore. "Chiaramente non si parla di superamento di numero programmato che resta – fa eco Castellone -. Nel testo base abbiamo voluto inserire una programmazione dei posti fatta di concerto tra i ministeri dell’Università e della Salute tenendo conto anche della formazione post laurea, per evitare il fenomeno dell’imbuto formativo. Ricordo che nel 2018 avevamo solo 6mila posti di specializzazione a fronte di 10mila laureati ogni anno. Oggi quei posti sono già saliti a oltre 13mila".
Più laconico il senatore Zaffini. Le dichiarazioni dell’Anaao? "Come spesso accade, Pierino Di Silverio parla prima di leggere i provvedimenti – ribatte -. Il numero rimane programmato, cambia solo il criterio di selezione che, attualmente, è estemporaneo e schizofrenico. Con le modifiche proposte tutti entrano al primo semestre e sostengono 4 o 5 esami, in base a quanto deciderà il ministero. Saranno ammessi a Medicina coloro che supereranno una soglia minima di merito e profitto di questi stessi esami. Chi invece non la supererà, potrà iscriversi alle altre facoltà biomediche. E’ una riforma molto sentita dalle famiglie e spero che riusciremo a renderla operativa fin dal 2025-2026". Per ora, si attende il voto finale in commissione e l’approdo in Aula dopo le Europee. Appuntamento a metà giugno.
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