03 Giugno 2024

Liste d'attesa: dilemma tra decreto e ddl, ma le risorse scarseggiano

Oggi nuovo vertice tra Mef e ministero della Salute in vista del Cdm di domani. Mancano i soldi per il provvedimento d'urgenza: Schillaci chiede 2 miliardi, Giorgetti mette sul piatto qualche centinaio di milioni, ma la cifra è ancora da stabilire

Di Ulisse Spinnato Vega
Liste d'attesa: dilemma tra decreto e ddl, ma le risorse scarseggiano

Oggi il nuovo confronto tecnico-politico tra ministero della Salute e ministero dell’Economia sulle liste d'attesa potrebbe sciogliere qualche nodo. E chissà se, nel dilemma tra decreto e disegno di legge, si arriverà a uno spacchettamento di norme per salvare capra e cavoli, mandando avanti ciò che si può fare a costo zero o con poche risorse. In vista del Cdm che probabilmente si terrà domani, fonti di governo confermano a Nursind Sanità la praticabilità dello schema dello sdoppiamento tra un decreto ‘light’ e un successivo ddl: “Intanto facciamo procedere norme che non comportano uno sbilanciamento dei conti”. Di sicuro, il ministro di Lungotevere Ripa, Orazio Schillaci, lavora da tempo al provvedimento sulle liste d’attesa, un testo su cui ha investito tanto, una riforma centrale nella sua visione.

Il monitoraggio nazionale unico dei timing di erogazione delle prestazioni, il Cup per strutture pubbliche e private convenzionate insieme, visite ed esami estesi al sabato e alla domenica, la classificazione delle prestazioni stesse in ragione del grado di urgenza, il maggior coinvolgimento degli specializzandi, il nuovo allentamento dei tetti di spesa per le assunzioni del personale nel Ssn, le sanzioni per i dirigenti delle aziende sanitarie che non abbattono le liste d’attesa, l’ulteriore allargamento del ricorso alle prestazioni dei privati: si tratta di misure che secondo Schillaci avrebbero bisogno di circa 2 miliardi di euro, mentre sembrava che dal Mef arrivasse la disponibilità di una dotazione intorno ai 300 milioni, non di più. Fonti qualificate di Via XX Settembre, però, smentiscono a Nursind Sanità questa ricostruzione: "La cifra è sbagliata. Dopo la riunione vediamo di fare il punto".

Ecco allora che lo strumento della decretazione d’urgenza sembra finire nel cassetto o comunque potrebbe essere ridimensionato. Mentre l’esecutivo pare orientarsi su un meno impattante disegno di legge, che entrerebbe in vigore solo dopo l’ok del Parlamento e dunque consentirebbe di avere più tempo per rinvenire le coperture finanziarie. Qualche esponente di governo cerca di indorare la pillola dopo il dietrofront e parla di ddl con corsia preferenziale nelle Camere, ma è chiaro che senza denari non si canta messa. Appare dunque evidente, al netto dell'ipotesi di sdoppiare il provvedimento, che il grosso della partita debba essere rinviato all’autunno e alla possibile individuazione delle risorse in legge di Bilancio.  

Le misure sulle liste d’attesa sono in realtà molto delicate anche perché, secondo diversi osservatori, implicano una riorganizzazione del Ssn e una revisione in radice dei criteri di accreditamento delle strutture private. Un tema ovviamente sensibilissimo e difficile da affrontare a colpi di accetta attraverso un decreto legge. Non a caso, tra l’altro, il mezzo passo indietro dell’esecutivo viene salutato con soddisfazione dall’Uap, la sigla degli ambulatori e poliambulatori privati convenzionati e l’ospedalità privata, che aveva invece accolto con toni preoccupati le misure sulla ‘farmacia dei servizi’ e ora esulta per il “ripensamento da parte del governo circa l’utilizzo dello strumento del decreto legge al fine di, sostanzialmente, equiparare le farmacie alle strutture private”.

Intanto il Nursind, primo sindacato degli infermieri, attraverso il segretario nazionale Andrea Bottega chiede maggiore responsabilità per gli infermieri stessi, in modo da alleggerire le mansioni dei medici e abbattere i tempi d’attesa della prestazioni: “Serve una modifica normativa della legge 42 del 1999, peraltro in passato avallata anche dalle Regioni. Noi possiamo diventare titolari di un numero maggiore di prescrizioni e decisioni, così da valorizzare e rendere più attrattiva la nostra professione. La sanità non può più essere medico-centrica e bisogna iniziare a identificare e a dare un valore economico alle prestazioni degli infermieri, in modo da poter calcolare anche i risparmi”.  

 

 

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