25 Giugno 2024

Liste d'attesa, Gimbe: "Nessuna risorsa in più e ulteriore sovraccarico per il personale"

Il presidente Cartabellotta in audizione al Senato: il testo "non include misure per ridurre la domanda inappropriata di esami e visite". Previsti almeno sette decreti attuativi, "in contrasto con il carattere d'urgenza del provvedimento"

Di NS
Liste d'attesa, Gimbe: "Nessuna risorsa in più e ulteriore sovraccarico per il personale"

"Il decreto legge sulle liste di attesa non prevede risorse aggiuntive e potrà essere pienamente operativo solo previa approvazione di almeno sette decreti attuativi con scadenze non sempre definite e tempi di attuazione che rischiano di diventare biblici. Ancora, non include misure per ridurre la domanda inappropriata di esami diagnostici e visite specialistiche e punta, oltre che su attività ispettive e sanzioni, sul potenziamento dell’offerta di prestazioni sanitarie con ulteriore sovraccarico dei professionisti sanitari che hanno carichi di lavoro già inaccettabili". Nino Caratbellotta, presidente della Fondazione Gimbe, audito oggi in commisisone Affari sociali e sanità del Senato, mette in fila le criticità del provvedimento licenziato dall'esecutivo per la riduzione dei tempi d’attesa.

"Le interminabili liste d’attesa, fonte di grande disagio per cittadini e pazienti – sottolinea –rappresentano il sintomo di un indebolimento organizzativo e soprattutto professionale che richiederebbero consistenti investimenti e coraggiose riforme. In tal senso, ricondurre tutti i problemi del Ssn alle liste di attesa è estremamente semplicistico perché si continua a guardare al dito e non alla luna. Una sorta di 'riduzione prestazionistica' del Ssn dove l’importante è esigere/erogare una prestazione sanitaria in tempi brevi, e non importa se l’erogatore sia pubblico o privato. Dimenticando che quello che abbiamo perduto è la capacità del Ssn di prendere in carico i pazienti, soprattutto quelli cronici, in primis quelli oncologici. Pazienti oggi costretti, come novelli Ulisse, a peregrinare tra diversi CUP, tra vari ospedali sino a Regioni diverse, nel disperato tentativo di prenotare una visita o un esame diagnostico, attività di cui un tempo si occupava il Ssn seguendo il percorso diagnostico-terapeutico del malato. Ecco perché bisogna investire sul personale sanitario aumentando gli organici, e non stremare ulteriormente quello già in servizio, con il rischio di alimentare ulteriormente la fuga dei professionisti dal Servizio sanitario nazionale".

 

Nel merito del provvediemnto, la Fondazione fa notare innanzitutto che i tempi di attesa aumentano a causa dello squilibrio tra l’offerta e la domanda di prestazioni sanitarie, di cui non tutte soddisfano reali bisogni di salute. Ovvero una quota di esami diagnostici e visite specialistiche è inappropriata: la loro esecuzione non apporta alcun beneficio in termini di salute e contribuisce ad ingolfare il sistema, lasciando indietro pazienti più gravi. "Tuttavia le misure previste dal dl – commenta Cartabellotta – prevedono solo di inseguire la domanda aumentando l’offerta, una strategia perdente: come dimostrano numerosi studi, infatti, una volta esaurito il cosiddetto “effetto spugna” nel breve periodo, l’incremento dell’offerta induce sempre un ulteriore aumento della domanda". In tal senso, è indispensabile definire criteri di appropriatezza di esami e visite specialistiche e un piano di formazione sui professionisti e d’informazione sui pazienti, al fine di arginare la domanda inappropriata di prestazioni.

C'è poi la questione dei decreti attuativi e dei tempi di attuazione. Il decreto prevede almeno sette decreti attuativi e per quattro di loro (uno relativo alle “Disposizioni per l’implementazione del sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie” e tre al “Superamento del tetto di spesa per l’assunzione di personale sanitario”) non sono nemmeno definiti i termini di pubblicazione. "Un numero così elevato di decreti attuativi – sottolinea Cartabellotta – oltre che in contrasto con il carattere di urgenza del provvedimento, lascia molte perplessità sui tempi di attuazione delle misure. Infatti, nonostante le rassicurazioni del ministro Schillaci sul rispetto dei tempi, la storia insegna che, tra valutazioni tecniche, attriti politici e passaggi tra Camere e Ministeri, dei decreti attuativi si perdono spesso le tracce con la conseguente impossibilità di applicare le misure previste".

Ma poi c'è anche il nodo risorse: il provvedimento, ricorda la Fondazione, è frutto di un prolungato braccio di ferro tra il ministero della Salute e il ministero dell’Economia e delle Finanze e tutte le misure previste sono senza maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto utilizzano risorse già stanziate, sottraendole ad altri capitoli di spesa. "È evidente che la versione definitiva del dl risente dell’impossibilità da parte del governo di investire ulteriori risorse in sanità e che la scure del Mef ha fortemente ridimensionato gli obiettivi del ministero della Salute, generando un provvedimento tanto perentorio nei termini e sovrabbondante nella forma, quanto povero di contenuti realmente efficaci per risolvere i problemi strutturali del Ssn che generano il problema delle liste di attesa. D’altronde per superare il tetto di spesa per il personale sanitario sono necessarie risorse da investire e professionisti da assumere: le prime sono pari a zero e i secondi sono sempre meno. Anche se il dl pone le basi per conoscere meglio il fenomeno e prevede l’implementazione di varie misure, in larga parte già esistenti, la loro attuazione richiede tempo e soprattutto una stretta collaborazione di Regioni e Aziende sanitarie".

 

Senza dubbio, secondo Gimbe, la piattaforma nazionale per le liste d’attesa permetterà di realizzare un monitoraggio rigoroso e analitico per le varie prestazioni sanitarie in tutte le Regioni con le stesse modalità. Tant'è che Cartabellotta la definisce "l’unica vera novità del dl" anche se, aggiunge, "la sua implementazione richiederà tempi medio-lunghi considerata l’estrema eterogeneità e la limitata trasparenza di numerosi sistemi informativi regionali sulle liste di attesa". Mentre "lascia molto perplessi – continua il presidente– l’istituzione di un Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria con l’obiettivo di rafforzare le attività del già esistente Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SIVeAS), a cui si aggiungono solo funzioni di polizia amministrativa e giudiziaria che riconoscono all’Organismo la qualifica di agente di pubblica sicurezza". Tali perplessità derivano da almeno tre ragioni. Innanzitutto scientifiche: utilizzare strategie ispettive e sanzionatorie prevalenti rispetto a quelle premianti aumenta il rischio di effetto boomerang, come documentato dalla letteratura internazionale. In secondo luogo giuridiche: non è chiaro come applicare direttamente sanzioni e premialità nei confronti dei Direttori generali degli Assessorati regionali e delle Aziende sanitarie, viste le competenze esclusive delle Regioni in materia. Infine operative, visto che il volume delle segnalazioni di cittadini, enti locali e associazioni di categoria sarà indubbiamente enorme e i tempi di chiarimenti richiesti alle Regioni molto stretti. "Peraltro – chiosa Cartabellotta – tale Organismo avrà un costo di oltre 2,65 milioni di euro l’anno a carico del bilancio del ministero della Salute".

 

Nelal sua analisi, infine, la Fondazione fa notare che i potenziamento dell’offerta di visite diagnostiche e specialistiche tramite l’estensione delle attività a sabato e domenica e prolungando le fasce orarie trova il principale ostacolo nella carenza di professionisti sanitari. "In particolare – afferma Cartabellotta – se i professionisti sono sempre gli stessi e con carichi di lavoro già inaccettabili, come potranno mai erogare le prestazioni anche il sabato e la domenica, senza violare la direttiva Ue sugli orari di riposo che prevede, oltre alle 11 ore al giorno, almeno un giorno intero (24 ore) di riposo a settimana?". Va peraltro ribadito che tale misura dispone di una copertura finanziaria solo per l’anno 2024, come previsto dall’ultima legge di Bilancio.

 

 

 

 

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