Ssn, Ragioneria: "La spesa sanitaria al 6,2% del Pil fino al 2030"
Il report dei tecnici del Mef sulle tendenze di lungo termine: secondo lo scenario attuale solo nel 2045 gli esborsi pubblici per la salute toccherebbero il 7% della ricchezza. Allarme sugli impatti demografici

Spesa sanitaria in contrazione, sulla base delle previsioni del Def 2024, rispetto allo scenario disegnato dalla Nota di aggiornamento al Def del settembre 2023. Un calo che la tiene inchiodata alla linea di galleggiamento poco sopra il 6% del Pil e che non la porta al 7% prima del 2045, mantenendosi poi intorno al 7,2-7,3% fino al 2070. Secondo il rapporto della Ragioneria generale dello Stato che disegna le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, a legislazione vigente la spesa per la salute è prevista crescere a un tasso medio del 2% nel triennio 2025-2027, mentre il Pil nominale salirebbe in media del 3,1%. Dunque una dinamica che non tiene il passo dell’avanzamento della ricchezza, incluso l’andamento dei prezzi, e porta gli esborsi sanitari a flettersi fino al 6,2% del Pil nel 2027 e a rimanere su quel livello anche nel 2030.
In termini assoluti, il Ssn beneficia di 138,7 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 5,8% rispetto all’anno scorso (131,1 miliardi, in riduzione dello 0,4% sul 2022). Ma il valore che conta è quello correlato all’avanzamento delle risorse complessive del sistema economico. Inoltre la Ragioneria spiega che “a partire dal 2030, la curva della spesa sanitaria in rapporto al Pil si mantiene mediamente 0,1 punti percentuali al di sotto di quella delle precedenti previsioni”.
L’organismo del Mef precisa che i fattori che compongono il rapporto tra spesa pubblica sanitaria corrente e Prodotto interno lordo sono fondamentalmente tre: la variazione del rapporto fra il consumo sanitario medio, non dipendente da ragioni demografiche, e la produttività media del lavoro; l’effetto sul Pil imputabile alla variazione del numero di occupati indotta da una modificazione dei tassi di attività e dei tassi di disoccupazione; infine l’effetto della ricomposizione per età e sesso della popolazione sul consumo sanitario e sulla produzione.
Rispetto alla spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale, la Ragioneria calcola una somma pari a 43,9 miliardi nel 2024, con un +9,7% rispetto al 2023. Ma evidenzia che l’aumento “è influenzato dagli oneri correlati al rinnovo contrattuale dei dirigenti degli enti del Ssn per il triennio 2019-2021 nonché da quello relativo all’intero personale dipendente per la tornata 2022-2024”. E inoltre “l’aggregato è in crescita anche in ragione delle spese previste per l’attuazione della ‘Missione 6: Salute’ del Pnrr”.
Un vero e proprio allarme arriva invece dalle previsioni sugli effetti della componente demografica che agisce sia sul numeratore che sul denominatore del rapporto tra spesa sanitaria e Pil. “Fino a circa il 2045, l’impatto sulla spesa sanitaria risulta preponderante rispetto a quello esercitato sulla dinamica del Pil – spiegano i tecnici del Mef –. Ciò dipende dal fatto che, mentre la popolazione anziana aumenta fin da subito (invecchiamento assoluto), il calo della popolazione in età di lavoro (invecchiamento relativo) risulta abbastanza contenuto nel medio termine”.
Ma ecco le note dolenti: “Tuttavia, nel periodo 2045-2050, il fenomeno dell’invecchiamento relativo e il conseguente calo della popolazione in età da lavoro subisce una forte accelerazione in conseguenza della transizione delle generazioni del baby boom alla fascia di popolazione anziana. La transizione demografica delle generazioni del baby boom, oltre a irrobustire l’effetto dell’invecchiamento sulla spesa sanitaria, contribuisce a rallentare anche la dinamica del Pil. Nell’ultima parte del periodo di previsione l’impatto del fattore demografico sul rapporto spesa sanitaria/Pil tende però a rallentare vistosamente con il concorso di entrambi i fattori esplicativi”.
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