"Psicologi abbandonati a loro stessi. Ma esistiamo anche noi"
Il segretario del sindacato Aupi, Ivan Iacob, scrive a Schillaci: "Dire che non esistono medici indigenti è fuorviante" mentre "sarebbe bastato ammettere che non ci sono risorse"

Sul tavolo del ministro della Salute arriva la lettera degli psciologici. E’ indirizzata a Orazio Schillaci, infatti, la missiva del segretario generale nazionale dell'Associazione unitaria psicologi italiani (Aupi), Ivan Iacob, secondo cui è fuorviante sostenere che non ci sono medici indigenti. "Le affermazioni che abbiamo letto sui giornali, secondo cui non esistono medici indigenti, purtroppo, hanno il sapore di una posizione fuorviante e potremmo dire demagogica", scrive appunto Iacob. Per poi aggiungere: "Forse non si può parlare di indigenza in senso stretto, ma quello che vedo ogni giorno negli occhi dei colleghi con cui lavoro è spesso una profonda umiliazione".
"Sicuramente – prosegue la lettera - anche la Fnomceo e altre rappresentanze sindacali avranno modo di contestare. Il medico si forma per molti anni, un percorso che lei, in qualità di professore, conosce bene; si tratta di una preparazione di altissimo livello, specialistica, che richiede costanza e impegno. Quando un medico entra nel mondo del lavoro, deve alternare turni di guardia, notti e disponibilità continua, tutto per garantire la salute pubblica; in caso di emergenza, operazioni o persino durante una pandemia – e forse ce lo siamo dimenticati – è lui a correre in prima linea, spesso mettendo a rischio la propria vita senza chiedere compensi extra. Nel fare tutto questo – rimarca il segretario -, molti medici cadono nel burnout, le loro relazioni familiari ne soffrono e le loro vite private si frammentano: l’ospedale, il distretto o l’ambulatorio diventano il loro mondo, il loro centro".
Ecco perché, secondo Iacob, "umiliare questa categoria sostenendo che i medici non si trovano in difficoltà economiche non sembra una strategia utile a motivare chi già ogni giorno fa sacrifici per il sistema sanitario nazionale; anzi, sembra quasi mirare a qualcos’altro. I sanitari, non solo i medici, tutti i professionisti della salute – prosegue - intraprendono questa professione non solo per una questione economica, ma per contribuire a migliorare la salute della collettività, oggi concepita in chiave biopsicosociale, come indica l’Oms e come è scritto sulla targa all’ingresso del suo Dicastero. Eppure, negli ultimi tempi, sembra sempre più evidente un tentativo di dividere i professionisti sanitari: talvolta si 'tifa' per i medici, altre per gli infermieri, altre ancora per i farmacisti, ma mai per gli psicologi – quelli, sembra, sono lasciati a loro stessi".
"Esistiamo anche noi", ricorda il sindacato a Schillaci. "Che condividiamo con i medici almeno nove anni di formazione, quella specialistica a carico delle nostre famiglie mentre per i medici è a carico dello Stato". Il segretario scrive infine di comprendere "la frustrazione di un ministro che, di fronte a promesse fatte, deve misurarsi con i limiti imposti dal ministero dell’Economia: tuttavia, ciò non giustifica umiliare il medico e, con esso, l’intera categoria sanitaria. Oggi tocca ai medici, domani potrebbe toccare agli infermieri. Invece, sarebbe bastato un messaggio più semplice: 'Non ci sono risorse, stiamo facendo il possibile'. Nessuno avrebbe potuto biasimarla per aver ammesso questa verità".
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