Buco nero negli screening: un italiano su cinque non riceve neppure gli inviti
Tra i cittadini coinvolti uno su tre ha difficoltà a partecipare ai controlli. Il 20% rinuncia alla prevenzione per orari incompatibili e liste d'attesa. Lo rivela il report del Barometro del Patient engagement. La psicologa Masiello (Aimami) a Nursind Sanità: "Le persone vogliono sentirsi parte dell'équipe"
Di Elisabetta Gramolini
Ascoltare, elaborare strategie lasciando il canale di comunicazione sempre aperto anche attraverso le nuove tecnologie. A questi obiettivi aspira il nuovo modello di relazione fra il medico e il paziente, tuttavia la realtà spesso è offuscata dai ritardi e dall’impossibilità di accedere ai servizi. Una fotografia del rapporto che vivono oggi gli italiani con gli operatori sanitari è stata scattata dal report Barometro del patient engagement, la prima indagine nazionale sulla percezione del coinvolgimento attivo dei cittadini nel proprio percorso di cura, realizzata da Helaglobe e presentata oggi nella sede della Asl Roma 1.
In base al documento, il 20% degli italiani non riceve alcun invito a fare screening e, pure fra quelli che vengono coinvolti, uno su tre ha difficoltà a partecipare ai controlli, mentre uno su cinque rinuncia alla prevenzione, a causa di orari incompatibili, liste d'attesa e difficoltà logistiche del nostro Servizio sanitario nazionale. Sono solo sei su dieci quelli che vengono messi in condizione di portare a termine i controlli di prevenzione.
"Il quadro che viene delineato dai tanti dati che abbiamo raccolto con i questionari sottoposti ad un campione di circa 3mila cittadini in tutte le regioni è quello di una sanità costantemente sollecitata, ma che si preoccupa poco di coinvolgere i cittadini, di ascoltare le loro esigenze e di prendere in considerazione le loro proposte di miglioramento. Prescrive visite ed esami, suggerisce screening, ma poi in molti casi abbandona il paziente a se stesso senza metterlo in condizione di seguire quelle indicazioni", ha spiegato Davide Cafiero, managing director di Helaglobe.
Nella ricerca spicca l'87% dei cittadini che afferma di non essere mai stato coinvolto in indagini sulla qualità del servizio di ospedali o di strutture sanitarie, o in gruppi di lavoro specifici per progettare e migliorare tali servizi. Questo a fronte del 35% dei rispondenti che ha trovato difficile o molto difficile prenotare esami o visite. E anche a livello di singoli professionisti sanitari si rispecchia la stessa mancanza di partecipazione, con il 22% dei pazienti che dichiara di non venire mai coinvolto dal proprio medico nelle decisioni sulla propria salute e un 40% che viene coinvolto saltuariamente, nonostante da parte di quasi tutti i cittadini ci sia il desiderio di partecipare ed essere ingaggiato nelle scelte pur rispettando quelle dei camici bianchi.
Come barriera fra la persona e il medico c’è anche la burocrazia. "I pazienti spesso si sentono solo dei numeri”, ha spiegato a Nursind Sanità Gabriella Masiello, psicologa e referente della linea d’ascolto dell’Associazione italiana malati di melanoma e tumore della pelle (Aimami). Lo sbrigare al computer le pratiche amministrative allontana sempre di più dalla relazione di fiducia fra il medico e il paziente: "È chiaro – ha proseguito – che entrambe le parti dovrebbero beneficiare di un valore aggiunto. Dipende comunque da ciò che la persona ricerca nella relazione con il medico: ho conosciuto pazienti molto attenti alla professionalità e altri più attenti all’empatia".
Si parla spesso di mettere il paziente al centro, ma come ricorda la dottoressa Masiello, "le persone vorrebbero invece far parte dell’équipe. Se vogliamo effettivamente essere d’aiuto ai pazienti dobbiamo immaginarci di essere in una posizione diversa".
Tre sono secondo Alessandra Ferretti, referente comunicazione istituzionale della direzione generale Cura della persona, Salute e Welfare della Regione Emilia Romagna, le azioni per coinvolgere i pazienti: educare attraverso la scuola e i canali dell'informazione i processi, i dubbi, i successi e i fallimenti della scienza, potenziare la preparazione sul patient engagement alla facoltà di medicina e chirurgia e infermieristica e la formazione continua degli operatori sanitari, ed infine assumere una prospettiva 'di complessità' da parte di tutti gli agenti coinvolti.
Non manca poi lo sguardo al digitale che sempre più fa parte del rapporto fra medico e paziente. “Resta chiaro – ha affermto Paolo Petralia, direttore Generale della Asl 4 Liguria – che questo strumento deve però coniugarsi con l’obiettivo di ingaggio dei cittadini a riorientare ogni aspetto gestionale-organizzativo verso la centralità della persona che poi è il vero motore di cambiamento dell'intero sistema salute. Il patient engagement è certamente la coordinata dentro la quale ritrovare consapevolezza e responsabilità del cittadino, inteso come 'cittadino - paziente', perché è evidente che il suo esserci significa esserci in maniera matura ed in maniera informata".
La buona comunicazione nel rapporto è a beneficio del paziente e anche del sanitario come ha osservato infine Matteo Scortichini, ricercatore Facoltà di Economia, Valutazione economica e Hta (Eehta), Ceis, Università Roma Tor Vergata: "Coinvolgere i pazienti non è solo una questione etica, ma è fondamentale per l'efficienza del sistema sanitario. Quando i pazienti sono informati, educati e coinvolti attivamente nelle decisioni terapeutiche, il tasso di adesione alle terapie e il rispetto delle prescrizioni migliorano sensibilmente riducendo ricoveri e accessi al pronto soccorso".
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