"Medici di famiglia? Una necessità per le Case di comunità"
Il ministro Schillaci torna a battere sul tasto dolente. Entro il 2026 ne apriranno oltre 1.400 e i Mmg dovranno lavorarci 18 ore a settimana. In manovra? "Proposte per aumentare l'indennità di specificità di chi lavora nel Ssn e di defiscalizzazione"
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Entro il 2026 apriranno oltre 1.400 Case di comunità e i medici di famiglia dovranno lavorare 18 ore a settimana in queste strutture. Su questo tema delicato, che riguarda gli investimenti del Pnrr, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha più volte insistito. Anche oggi è tornato sul tema, pur a costo di aprire un altro fonte di malcontento con il personale sanitario. In questo caso, in particolare, con i medici di medicina generale. L’occasione è stata l’'Healthcare Summit' del Sole 24 Ore: "Io sono molto chiaro - ha detto -, questa non è una scelta, è una necessità. I medici di famiglia sono da sempre vicini ai cittadini e devono capire che la sanità è cambiata e quindi dobbiamo veramente guardare al futuro. Tutti devono fare la propria parte. Sono certo che i medici di famiglia non si tireranno indietro. E il calcolo delle ore dovute è un calcolo che si basa su quello che attualmente è il numero dei medici di famiglia, per cui al di là della formula, non possiamo non avere i medici di famiglia all'interno delle Case di comunità, così come non possiamo non avere degli orari che poi assicurino il funzionamento continuativo delle stesse case di comunità". Lo scoglio da superare rimane quello delle ore per i medici di base che, appena ieri, complice lo sciopero di alcune sigle di sanità, hanno fatto sentire la loro voce, non senza prefigurare prossime azioni di protesta.
Il segretario generale Fimmg, Silvestro Scotti, ha infatti stigmatizzato il fatto che sia rimasta inascoltata ogni proposta arrivata dalla categoria. Ad esempio, quella di individuare forme di detassazione delle quote variabili che sono oltretutto collegate agli obiettivi delle Regioni contenute nel Patto della salute e nel Pnrr, utili a sostenere lo sforzo assistenziale prodotto dai singoli medici. "E' inoltre essenziale – ha evidenziato Scotti - un investimento sul corso di formazione in Medicina Generale (unica disciplina formativa post-laurea con il maggiore rapporto di abbandono e senza copertura di posti messi a concorso) che in manovra viene dimenticata". Senza tralasciare infine il nodo della carenza: "Paesi come Portogallo, Finlandia, Belgio e Francia, sono riusciti a mantenere un buon equilibrio tra medici di famiglia e specialisti, con i medici di famiglia che rappresentano almeno il 30% di tutti i medici. In Italia questo non è avvenuto. Allo stesso modo, se il più dei Paesi europei ha aumentato il numero di posti di formazione post-laurea in medicina generale per far fronte alle carenze dei medici di famiglia, l'Italia non lo ha fatto".
La manovra, appunto, rimane nel mirino di tutti gli operatori della sanità. Il ministro, dal canto suo, nelle ore cruciali dell'esame e della selezione degli emendamenti in Parlamento (bisognerà ridurre la mole dei segnalati a soli 250 super segnalati), ha provato a difendere le modifiche in campo: "Ci sono delle proposte emendative all'attenzione della commissione Bilancio della Camera – ha spiegato - Sono proposte per aumentare l'indennità di specificità di chi lavora nel servizio sanitario pubblico e anche di eventualmente, defiscalizzare. Questa voce stipendiale è un argomento importante che abbiamo sicuramente preso a cuore". E poi ancora, citando l’indennità di medici e infermieri e degli operatori sanitari dei pronto soccorso, rifinanziata nel 2025, e il decreto liste d’attesa "nel quale le retribuzioni, le prestazioni straordinarie di medici e infermieri vengono tassate al 15%. Questi sono interventi importanti per valorizzare economicamente il personale sanitario, in linea con quello che c'è stato, anche sollecitato dai sindacati che abbiamo incontrato più di una volta".
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