22 Novembre 2024

Payback, non pagano solo le imprese. Danni per pazienti e sanitari

Il contributo a carico dei produttori di dispositivi medici rischia di mandare in tilt il sistema. Spena (Fais) a Nursind Sanità: "Temiamo tagli alle forniture". Caruso (Aiiao): "Infermieri costretti a operare una riorganizzazione"

Di Elisabetta Gramolini
Payback, non pagano solo le imprese. Danni per pazienti e sanitari

Un salasso per le aziende, un ulteriore svantaggio per pazienti cronici e operatori sanitari. Il contributo che le aziende produttrici di dispositivi medici dovrebbero pagare alle Regioni, in misura del 48% rispetto all’eccedenza del tetto stabilito per la spesa pubblica, il cosiddetto payback, non sferza solo i conti delle imprese, ma ha conseguenze pure sugli altri attori del sistema: le persone che i device, dal catetere alla sacca, li devono usare per migliorare la propria condizione, gli specialisti e gli infermieri. Alle ricadute che potrebbe provocare l’applicazione del balzello, è stato dedicato un convegno, dal titolo "Il payback: cosa è e che impatto potrà avere sulla vita dei cittadini", promosso a Roma dalla Federazione associazioni incontinenti e stomizzati (Fais).

Pazienti, specialisti e aziende hanno ripercorso le tappe della vicenda che riguarda il payback, a cominciare dalla norma del 2015 che l’ha introdotto, il suo congelamento e la mancata attuazione, l’intervento del governo Meloni che ha ridotto al 48% il contributo lo scorso anno (a condizione che rinunciassero a contestare in giudizio), la sentenza del Tar del Lazio che ha sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale e le sentenze della Consulta (139 e 140) di luglio con cui è stato di fatto confermato il meccanismo. Diverse le occasioni colte dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, per criticare il contributo. “Il payback – ha dichiarato di recente – è una norma sbagliata ed ereditata", aggiungendo: "Siiamo in sintonia con le aziende più piccole nazionali e vogliamo cercare di limitare i danni introdotti da questa norma".

La conferma da parte della Corte Costituzionale giunta in estate ha allarmato gli imprenditori e, non meno, i pazienti e i professionisti del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Lo scorso anno, la Fais e la Federazione associazioni italiane paraplegici (Faip) hanno condotto un’indagine su 38 aziende operanti nel settore dei dispositivi medici per valutare l’impatto del payback. Dalla ricerca, emerge che il 68,4% delle imprese ritiene che l’applicazione potrebbe avere un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti; il 65,8% che potrebbe avere ricadute sugli investimenti in innovazione e ricerca e sviluppo nel settore e il 71% che potrebbe condizionare le scelte delle aziende sulla riduzione delle forniture al Servizio sanitario nazionale e per il 52,6% ai pazienti. "Il payback – ha commentato Nicola Barni, presidente di Confindustria dispositivi medici – pone tutta la filiera della salute davanti a una crisi irreversibile: le imprese non saranno in grado di garantire le forniture con un’inevitabile ripercussione sulla capacità del Ssn di assicurare la tutela della salute dei pazienti".

Per i pazienti stomizzati ora il rischio è veder cambiata la disponibilità dei presidi. "Siamo convinti che dopo il pagamento, avverranno dei tagli sulle forniture e sul sostegno all’innovazione", ha spiegato a Nursind Sanità, Pier Raffaele Spena, presidente della Fais. "Siamo molto preoccupati degli effetti che il payback potrà avere sulla vita delle persone che in Italia utilizzano un presidio medico. Lo dico come rappresentante di un’associazione, ma al tempo stesso come paziente. È necessario che le associazioni e i movimenti civici siano coinvolti nei processi propositivi e decisionali, e non rimangano semplici spettatori inermi. Finora il tema è rimasto nelle stanze istituzionali e del mondo imprenditoriale, mentre le persone non hanno nessuna coscienza di cosa sia il payback. Il rischio è non ricevere più o solo in parte la fornitura di presidi a casa". I device a volte sono personalizzati o molto ricercati: "Il prodotto – ha spiegato Spena – viene scelto spesso dopo un periodo di training con i vari specialisti perché deve adattarsi alla persona. Ad esempio, personalmente ho cambiato otto presidi negli anni perché sono cambiate le mie esigenze".

Esiste poi il rischio della compartecipazione alla spesa da parte dello stesso paziente: "Questo – ha osservato – già esiste per via delle differenze regionali. Ci sono Regioni più virtuose e altre meno. Molte famiglie, se il prodotto che hanno scelto non viene riconosciuto in gara, lo comprano. Attualmente la spesa media di una famiglia che integra con dei device pagando di tasca propria è tra i 500 e i mille euro l’anno. Non si tratta di una cifra bassa per coloro che percepiscono una pensione minima".
Anche gli infermieri sono molto preoccupati per l’applicazione del payback. "Le aziende, ovvero enti privati a fini di lucro, iniziano già da ora a fare valutazioni di carattere economico in quali Regioni partecipare alle gare e in quali altre no. Alcune Regioni risultano infatti poco attrattive per presentare i prodotti. Ciò implica che i pazienti che utilizzano i dispositivi medici si ritrovano davanti a una riduzione dell’offerta e a una problematica legata alla fornitura", ha commentato Rosario Caruso, presidente dell’Associazione italiana infermieri di area oncologica (Aiiao). "Gli infermieri, per tutelare il diritto dei cittadini ad avere e a scegliere i giusti presidi, indipendentemente dalle regole di mercato, sono costretti a operare una riorganizzazione di ciò che occorre ai loro pazienti. La frustrazione del paziente si riversa sull’infermiere e a sua volta l’infermiere si sente frustrato perché non riesce a raggiungere gli obiettivi. Bisogna quindi organizzarsi per cercare di evitare che questo meccanismo abbia conseguenze negative". Come presidente dell’Aiiao, Caruso ha condiviso le preoccupazioni con gli altri colleghi non appena è arrivata la sentenza della Consulta. "Gli effetti negativi del maccanismo surclassano gli effetti positivi. Questa norma è indicatrice della crisi di identità del nostro Servizio sanitario nazionale. Il meccanismo del payback è infatti tipico del sistema misto che prevede la compartecipazione del privato, quando la Regione non è in grado di governare il proprio bilancio. Le aziende che lavorano solo nelle Regioni più disagiate economicamente sono destinate non solo a non avere mai margine, ma ad andare sempre in negativo".

 

 

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