16 Dicembre 2024

"Operatori sanitari stanchi e frustrati. Si torni a investire sul personale"

Anatomia di una crisi. Il terzo Rapporto sulla salute di Eurispes ed Enpam mette il dito nella piaga di un Ssn sfibrato e sotto stress: "Ma il futuro è nelle donne e nei giovani"

Di Ulisse Spinnato Vega
"Operatori sanitari stanchi e frustrati. Si torni a investire sul personale"

Il nostro prezioso Servizio sanitario nazionale è sfibrato e sotto stress, con un personale sempre più carente, anziano e sfiduciato. La cruciale relazione medico-paziente è in affanno, mentre i tagli alla spesa e la penuria di investimenti hanno provocato un generale peggioramento nelle erogazioni delle prestazioni. Certo, le innovazioni tecnologiche migliorano il quadro dei servizi e la produttività, ma il primo volano di questo cambiamento, ossia il Pnrr, vede un’attuazione troppo lenta e farraginosa. Ci sono molte ombre e poche luci nel terzo ‘Rapporto sulla salute e il sistema sanitario’ presentato oggi dall’Eurispes e dalla Fondazione Enpam, studio che in premessa parla di “operatori stanchi, frustrati, in cerca di vie di fuga, di un Ssn che sembra aver smarrito la via, dimenticando le priorità per cui era stato istituito, trascurando la sua forza pulsante, cioè il suo personale”. Un sistema salute che comunque è “allo stesso tempo attraversato” da una modificazione che “sta avvenendo al suo interno, in termini generazionali e di genere e forse da questi temi si può ripartire per immaginare un futuro diverso per la Sanità”.

Dall’istituzione del Ssn, nel 1978, fino al 2007 la dinamica del dato riferito a medici e infermieri è stata espansiva. Poi è arrivata la crisi economica globale e dal 2008 sono iniziati i dolori con le politiche di austerity e il blocco del turnover. Secondo il rapporto, la perdita di personale è costante: nel 2014 vengono assunti 80 dipendenti ogni 100 usciti, nel 2015 il rapporto è di 70 ogni 100, nel 2017 vengono sostituiti 98 dipendenti ogni 100. Inoltre, tra il 2014 e il 2017 l’incidenza della spesa per personale dipendente del Ssn sulla spesa sanitaria totale si riduce dal 31,4% al 30,1%. Di conseguenza, aumenta anche l’età media dei dipendenti. Abbiamo 1,8 medici ogni mille abitanti, con un’età media di 50,5 anni, dove la classe di età compresa tra 60 e 64 anni è ancora la più numerosa. Per il personale infermieristico, invece, l’età media è pari a 46,9 anni, con rapporto rispetto alla popolazione residente di 4,71 per mille, che sale al 5,04 se si considerano anche gli ospedali equiparati al pubblico.

Alla diminuzione del personale stabile fa da riscontro l’incremento del lavoro precario: nel 2018, nel comparto sanità si concentra il 45% dell’utilizzo di unità annue a tempo determinato di tutta la Pa (35.481 su 79.620). Oltre alla riduzione degli occupati, secondo Eurispes ed Enpam, si assiste a un peggioramento delle condizioni di lavoro a parità di retribuzioni medie lorde. Al 31 dicembre 2022 il personale dipendente del Ssn ammonta a 625.282 unità, risultando in aumento dell’1,3% rispetto all’anno precedente (+8.083 unità) e a dicembre 2021 sono 450.066 le donne che lavorano con contratto a tempo indeterminato, un trend che risulta in crescita costante. Più di un medico su due è donna (51,3%), “una percentuale destinata a crescere, considerata la prevalenza femminile nelle classi di età più giovani”, spiega il rapporto. Ma intanto aumenta anche il precariato: tra il 2019 e il 2022 il ricorso al personale a tempo determinato sale del 44,6% (Rapporto Fnomceo, 2024). La carenza cronica di risorse costringe da decenni a sforzi prolungati e turni extralarge, con ricadute negative sul piano fisico e psicologico. Il report cita una survey condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri, secondo cui un camice bianco su due è in burnout (52%) e per gli infermieri poco meno di uno su due (45%); per entrambe le professioni, l’incidenza è più del doppio tra le donne, a causa delle maggiori difficoltà di conciliazione lavoro-vita familiare.

Il disagio è ulteriormente aggravato dal crescente fenomeno delle aggressioni da parte dell’utenza, a sua volta spesso esasperata dai disservizi del Ssn o da problemi di comunicazione con il personale sanitario. Secondo il rapporto Eurispes-Enpam, sono stati circa 18mila gli operatori coinvolti e i due terzi delle segnalazioni arrivano da professioniste donne. Gli infermieri sono i più colpiti, seguiti da medici e Oss, mentre i setting più a rischio sono i Pronto soccorso e le aree di degenza. “Questi fattori hanno concorso a ridurre l’attrattività del Ssn rendendo oltremodo difficile reclutare nuovi operatori e trattenere quelli già in servizio. Chi lascia il Ssn va all’estero o nel privato alla ricerca di orari più flessibili, maggiore autonomia professionale, minore burocrazia”, spiega lo studio. E tuttavia, pesa anche il cambiamento generazionale che ha determinato un diverso approccio alle professioni sanitarie. “Esiste un gap piuttosto marcato tra la prima generazione (Baby boomers), composta peraltro quasi esclusivamente da uomini e le seconde due (Gen X e Millennials) altamente femminilizzate. Queste ultime, infine, sembrano differenziarsi a loro volta dalla Generazione Z, i nativi digitali – nota lo studio – ancora più flessibili e mobili rispetto ai colleghi”.

Il quadro è reso persino più fosco dal nodo salariale e dalle scarse prospettive di carriera. In un confronto con i paesi dell’area Ocse emerge che il reddito annuale dei medici specialisti in Italia risulta di quasi il 22% più basso della media, con penalizzazioni molto forti rispetto a Svizzera, Olanda, Germania, Irlanda e rilevanti anche con Danimarca e Regno Unito. Anche per il reddito medio annuale degli infermieri ospedalieri l’Italia si colloca oltre il 22% al di sotto della media Ocse. Certo, robot e innovazioni diagnostiche stanno migliorando la qualità delle prestazioni, così come digitalizzazione, telemedicina e intelligenza artificiale potranno aiutare a sburocratizzare le professioni sanitarie e migliorare la relazione di cura. Tuttavia, secondo Eurispes ed Enpam c’è l’altra faccia della medaglia, ossia “i rischi maggiori di perdita del lavoro” che riguardano “alcune occupazioni di livello ‘inferiore’ con competenze prevalentemente manuali, come gli ausiliari”. Eppure, il Ssn risulta “impoverito nella sua risorsa forse più importante: quella umana”, per cui “è fondamentale ricorrere innanzitutto alla leva economica per poter attrarre nuove forze” e, soprattutto per le giovani generazioni, serve benessere professionale, con “condizioni di lavoro dignitose relativamente ai carichi di lavoro e alle turnazioni, all’ambiente fisico in cui esercitano la professione”, nonché la possibilità “di conciliare la sfera professionale con quella privata”.

L’altro nodo negativo, secondo il rapporto, riguarda l’attuazione del Pnrr che dovrebbe, in prima battuta, rivoluzionare l’assetto dell’assistenza territoriale. Dunque “mentre la l’attuazione normativa e procedimentale delle componenti della Missione 6 – in massima parte affidata alla competenza del Ministero della Salute – è sino ad oggi avvenuta nel rispetto del cronoprogramma fissato nel Pnrr, la loro attuazione concreta – rimessa alle Regioni ed agli Enti locali – sconta rallentamenti e ritardi in grado di mettere in dubbio la conclusione dei relativi interventi, programmata entro il mese di giugno 2026”, spiega lo studio Eurispes-Enpam. E poi sentenzia: “Il numero e la capacità tecnico-amministrativa del medesimo personale non sono stati sino ad oggi in grado, anche all’interno della Missione Salute, di rendere le Regioni e gli Enti locali pienamente capaci di attuare concretamente gli interventi affidati a tali livelli di governo”.

Il futuro del nostro sistema sanitario passa ovviamente da un approccio ‘One Health’ che tuteli la salute attraverso la “collaborazione tra le diverse discipline” nell’ottica di uno “sviluppo sostenibile per i nostri ecosistemi”. Da una parte bisogna “sensibilizzare i singoli individui sul fatto che ben il 50% delle chances di mantenersi in salute risiede nelle loro scelte di vita”, ma dall’altra è necessario “stimolare governi e policy makers perché sviluppino politiche sanitarie fondate su una comprensione profonda e integrata di tutte le esposizioni che influenzano la salute: la genetica, il clima, gli ambienti urbani e naturali, il lavoro, l’istruzione, lo stress psicologico e, naturalmente, il sistema sanitario”. Secondo il presidente Eurispes, Gian Maria Fara, dunque “occuparsi di salute richiede un approccio olistico, intersettoriale, dinamico, nazionale e internazionale”, mentre per Alberto Oliveti, presidente della Fondazione Enpam, “vanno rivalutati il ruolo e l’atto medico” e nella relazione di cura bisogna “insegnare l’importanza della parola e di approcci non verbali diversi per interpretare il bisogno e l’aspettativa relazionale del paziente”.



Sintesi del Rapporto


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