Adolescenti solitari, "Il fenomeno inizia già nell'infanzia"
Ci sono gli hikikomori, ma il ritiro sociale dei ragazzi ha diverse sfaccettature. E i numeri italiani sono in aumento. Intervista di Nursind Sanità alla psicoterapeuta Toro: "Troppa 'socialità illusoria' per i bambini, spesso manca il tempo per gestire fallimenti e noia"

Chiusi nella propria camera, ritirati dal mondo, prima ancora che il mondo si accorga di loro. Gli adolescenti in isolamento sociale, fenomeno sempre più assimilabile a quello degli hikikomori del Giappone, sono in aumento in Italia. A dirlo sono due indagini trasversali, condotte dal gruppo multidisciplinare di ricerca, "Mutamenti sociali, valutazione e metodi" (Musa), dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps). Gli autori hanno indagato, dal 2019 al 2022, una popolazione di oltre 3mila studenti tra i 14 e i 19 anni, descrivendoli sulla base di tre profili: le “farfalle sociali”, “gli amico-centrici” e i "lupi solitari". All’interno di quest’ultimo, c’è spazio per una sottocategoria, composta da adolescenti che, al di fuori della scuola, non incontrano coetanei. Già precedenti studi avevano indicato le cause di alcuni effetti negativi del mutamento delle interazioni sociali, accelerato della pandemia da Covid-19, che ha acutizzato il passaggio nel mondo virtuale. Ora il numero dei ritirati dalla società è quasi raddoppiato, passando dal 5,6% del 2019 al 9,7% del 2022. A Nursind Sanità, Beatrice Toro (nella foto), direttore della Scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo interpersonale di Roma, spiega come i segnali vadano ricercati già nell’infanzia, un periodo in cui andrebbero acquisite le prime dosi di autonomia e la capacità di gestire anche i momenti di noia.
Le ricerche descrivono un’emergenza sociale?
Se si considera in parallelo l’aumento di disagio mentale in adolescenza il dato è importante. Sono fenomeni correlati. Il ritiro sociale predispone al peggioramento di una serie di indicatori, fra cui l’ansia che non viene gestita, la vergogna e le problematiche con il cibo. Nell’immediato post pandemia, nel 2021, era stato calcolato un aumento importante delle psicopatologie, riscontrabili in un adolescente su sette. Non si tiene però conto che il ritiro sociale inizia già nell'infanzia. Per andare oltre il concetto di emergenza, si può fare un ragionamento ad ampio raggio poiché che c’è un continuum fra infanzia, adolescenza ed età adulta.
Quali sono i campanelli d’allarme nei bambini?
Fondersi in un gruppo artificioso, scandito da tante attività non è vero allenamento alla socialità. Nell’infanzia c’è quella che chiamo una ‘socialità illusoria’ per cui i bambini vengono portati ovunque: alle feste, al ristorante, alle attività sportive. Manca però il tempo per l’esperienza del fallimento e della noia. Il primo campanello è la difficoltà ad andare a scuola: tanti bambini non riescono ad andarci e cambiano istituto anche più volte. Altro segnale è il bullismo. Il vero banco di prova non è la lezione o l’ora di judo, ma è la ricreazione fra una attività e l’altra.
Cosa vuole dire?
È in questi spazi di confine che è importante osservare cosa fanno i bambini, se socializzano con gli altri oppure no. I piccoli si devono cimentare in soluzioni creative, da cui nasce la vera indipendenza e il momento del dialogo. A volte l’adulto deve lasciare che il bimbo si barcameni con le proprie difficoltà, perché è in questi momenti che si applica per trovare soluzioni e diventare autonomi.
Passiamo all’adolescenza.
Nell’adolescenza, invece, il ragazzo usa l’iperconnessione in modo strategico, in conseguenza di uno stress importante, per chiudersi e rifugiarsi. I segni del ritiro sono l’apatia, il passare del tempo senza significato. Il dramma è che non fanno sogni o progetti, ma un adolescente che non sogna è pieno di un’energia che non sa canalizzare e questo lo rende potenzialmente pericoloso.
I dati non parlano di differenze fra ragazzi del Nord o del Sud, fra maschi o femmine, fra ceto basso o alto. Cosa li accomuna?
La vergogna, l’ansia da prestazione e in particolare il senso di inadeguatezza distillato dai social in cui vivono un confronto continuo. Prima delle connessioni virtuali, i contesti di socialità avevano un inizio e una fine, ora la pressione è costante. Abbiamo un problema di salute mentale perché c’è una disponibilità di intrattenimento incessante che ha interrotto i cicli vitali.
È risaputo che si tratta di un problema non solo italiano.
È mondiale. Una ricerca del 2020 dell’Università di Cambridge diceva che il fenomeno fosse cross-nazionale. In Italia viene studiato già dai primi anni 2000, ma è gradualmente cresciuto.
Una famiglia che ha in casa un ragazzo che vive in isolamento cosa può fare?
Con l’adolescente la strategia dei premi e delle punizioni funziona poco, molto meglio perseguire il dialogo, la presenza e il buon esempio. Al di là di ricorrere a uno specialista, il genitore dovrebbe recuperare la propria autorevolezza coltivando il benessere, la felicità, il prendersi cura di se stesso. Insomma, fare in modo che la famiglia sia il luogo della ritualità in cui si sta insieme e si gestisce l’eventuale conflitto con i fratelli. A volte bisogna cercare ciò che funziona. Il ritiro sociale inoltre, va detto, ha diverse facce: c’è l’adolescente che non esce la sera, quello che non ha nessuna relazione, se non con la classe, e quello che non esce per nulla e resta in casa. Per ciascun livello va cercato l’intervento giusto, anche con l’aiuto di uno specialista. E occorre ricordare che gli adolescenti, anche se non parlano, ascoltano e guardano come agiscono gli adulti, da cui si aspettano un comportamento maturo.
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