11 Febbraio 2025

Farmaci, alimenti e nuove droghe: in Italia mezzo milione di avvelenamenti l'anno

Sono diversi i fattori scatenanti e i Centri antiveleni si confermano un osservatorio privilegiato, oltre che un presidio importante. In prima linea anche per la gestione degli antidoti

Di NS
Foto di HeungSoon
Foto di HeungSoon

Farmaci assunti in maniera non corretta, determinati alimenti come alcuni tipi di funghi, oppure morsi di animale. Senza contare le nuove droghe. Sono tanti i fattori che possono provocare avvelenamenti. Incluse le intossicazioni, seppure più rare, derivanti da cianuro, che si forma in caso di incendi nelle abitazioni dalle imbottiture di sedie, poltrone, divani, letti e materassi. Morale? In Italia si contano ogni anno mezzo milione di avvelenamenti acuti, secondo le stime diffuse oggi dai Centri Antiveleni (Cav), in occasione della seconda giornata dei lavori del 22° Congresso nazionale della Società italiana di tossicologia (Sitox), in corso a Bologna.

Un numero sottostimato che potrebbe elevarsi fino a circa 900mila casi annui, tenuto conto dell’indisponibilità di dati accurati sugli accessi ai Pronto soccorso (PS) dell’intero territorio nazionale, circa 20 milioni/anno, di cui le intossicazioni rappresentano il 3-5%. A questi si aggiungono i casi, meno gravi, non gestiti nel sistema dell’urgenza (es. medicina e pediatria di base, strutture territoriali, Rsa), quelli che i Cav seguono direttamente a domicilio. E ciò senza considerare le consulenze richieste ai Centri dai PS, circa il 10-12% degli accessi all’urgenza, e da altri reparti per pazienti che presentano problemi di interazioni e reazioni avverse a farmaci. “La popolazione che accede a ospedali e PS per problemi tossicologici o farmaco-tossicologici è di grande portata", dichiara ad Agi Carlo Alessandro Locatelli, responsabile della UO Tossicologia del Centro antiveleni Maugeri di Pavia, Centro Nazionale di Informazione Tossicologica e past president Sitox.


I NUMERI DEI CAV
Proprio i Centri antiveleni, è evidente, rappresentano dunque un osservatorio privilegiato di una problematica spesso misconosciuta nei suoi valori e volumi. Alcuni Cav, e fra questi il Centro nazionale antiveleni Maugeri di Pavia, tra l’altro, sono operativi H24, 365 l’anno, per consulenze in emergenza-urgenza, anche se in carenza di risorse come tutti i servizi clinici d’urgenza. Ma quanti sono e come sono distribuiti?
I Centri Antiveleni sono un servizio voluto dall’Organizzazione mondiale della sanità dal 1950, che ne ha definito l’operatività, la diffusione anche in Europa stabilendo la necessità di almeno un centro ogni 10 milioni di abitanti, al massimo, in ciascuno Stato. Quindi vi è un solo Cav in territori piccoli come Svizzera, Belgio, Olanda, e fino a 6 a 8 centri in Paesi più grandi. Se questi sono i parametri che circoscrivono i Centri, di contro gli avvelenamenti non hanno confini.

GLI AVVELENAMENTI NON HANNO CONFINI D’ETÁ
Non ne hanno neppure in termine di età potendo coinvolgere l’intera popolazione, dal lattante all’ultracentenario, con una percentuale di casi ugualmente distribuita, seppure con una certa variabilità condizionata dal numero di accessi ai Centro Antiveleni presenti nell’area di riferimento, dalla densità popolazione e dalla tipologia di utenza. Il 30-40% degli avvelenamenti riguardano i bambini, principalmente per ingestione accidentale di prodotti domestici per la pulizia della casa o per errori di somministrazione di farmaci, il 30% riguarda gli anziani soprattutto a causa di una scorretta assunzione di farmaci, spesso in eccesso, e in misura minore per atti anticonservativi per stanchezza, disperazione, solitudine, malattia; il 30-40% infine interessa persone di giovane-media età con chiari segni di intossicazione in parte accidentali ma anche di tentati suicidi, atti di autolesionismo, misti a problemi psichiatrici. Per esempio, come fa notare Locatelli, "nel post-Covid abbiamo registrato un aumento dell’87% degli atti autolesivi da sostanze chimiche e farmaci nella fascia di età fra 10 e 19 anni, a indicare la sofferenza subita dai ragazzi nel non poter comunicare fra loro durante il lockdown, e che ancora si trascina".

AVVELENAMENTI E FATTORI SCATENANTI
Da farmaci, ad alimenti, a prodotti chimici. Sono alcune delle sostanze che costituiscono 'l’agente causale' principale di avvelenamento e intossicazione fra gli italiani. Circa il 50% sono riferiti a farmaci, 29-30% a prodotti domestici quali caustici/corrosivi (candeggina, acido muriatico, disgorganti per lavelli), 5-6% ad alimenti (funghi in autunno, bacche, radici, vegetali poco conosciuti e consumati in modo non corretto in altre stagioni) fra i quali circa 40 casi accertati all’anno di botulismo/tossina botulinica, il veleno più potente al mondo, e dalle possibili conseguenze molto gravi (ricoveri in rianimazione per trattamenti prolungati), 5-6% a droghe, in particolare le nuove droghe che hanno superato le mille molecole diffusesi rapidamente con il grande mercato di internet.

DALLE INTOSSICAZIONI AMBIENTALI A QUELLE PIÙ RARE
A questi avvelenamenti si aggiungono poi intossicazioni ambientali legate innanzitutto a contesti domestici, fra queste quella da monossido di carbonio, la più frequente intossicazione accidentale nel mondo occidentale, che si sviluppa dalla combustione in caldaie, fornelli a gas, stufe ed ogni altro dispositivo in cui il combustibile brucia in condizioni inadatte. Si stima che circa un migliaio di casi all’anno necessitino di trattamento in camera iperbarica in Italia e su questo problema si potrebbe agire in prevenzione, ad esempio dotando di allarmi più efficienti i sistemi di riscaldamento che potrebbero produrre monossido. Seguono le intossicazioni, più rare, come quelle da cianuro che si forma in caso di incendi nelle abitazioni dalle imbottiture di sedie, poltrone, divani, letti, materassi e altro, e che richiedono trattamenti in emergenza; l’ingestione delle batterie al litio nei bambini, che mette a rischio di vita in quanto le pile, che restano incastrate nell’esofago, continuano a scaricare fino a potere perforare l’aorta, causando emergenze da gestire in sala operatoria. "Si tratta di eventi e di pericoli non sempre conosciuti dai sanitari cui i Centri Antiveleni offrono supporto circa la prognosi, il monitoraggio e trattamento in acuto e nella fase post-acuta", sottolinea l’esperto.

LA SCORTA DI ANTIDOTI, ANCHE IN CASO DI ATTI TERRORISTICI
Infine, aggiunge Locatelli, “ va ricordata la gestione, non meno importante, delle situazioni che richiedono il ricorso ad antidoti e che rappresentano un altro importante problema, in quanto ospedali e PS, a differenza dei Centri Antiveleni, non dispongono di tutti questi farmaci specialistici, e spesso non ne conoscono le modalità di impiego. Oltre alla consulenza fornita in urgenza, spesso è necessario far correre da un capo all’altro del Paese l’antidoto ad hoc”.
Il Cav di Pavia, inoltre, "gestisce per lo Stato italiano (ministero della Salute) la scorta nazionale degli antidoti necessari in caso di atti terroristici da agenti chimici e da problematiche radio-nucleari, sia in ambito di protezione che, dopo le Twin Towers (Torri Gemelle), di difesa civile, ovvero di attentati in luoghi pubblici come le metropolitane, i porti, le stazioni, gli stadi".

I CAV IN PRIMA LINEA ANCHE PER MORSI DI ANIMALI E INFEZIONI RARE
Infine, seppure non legato a sostanze chimiche, il Centro antiveleni ha competenze e interviene in contesti talvolta inusuali, come nel caso di morso di animali o infezioni rare, indicando e fornendo trattamenti quali le immunoglobuline antirabbiche o l’antitossina difterica. E tutti gli interventi dei Cav vengono attuati quasi sempre, nelle urgenze, in relazione solo a valutazioni cliniche, prima dei risultati di test analitici che, quando possibili, diventano disponibili dopo ore dalla presa in carico del paziente. Antiparassitari, pesticidi, fitofarmaci usati nell’ambiente, ad esempio topicidi, tarlicidi, lumachicidi rispetto a 30 anni fa hanno ridotto pericolosità e tossicità, senza perdere in efficacia. Di questi alcuni sono stati esclusi dal commercio, come i topicidi contenenti tallio, sostituito da anticoagulati che diventano letali sono raramente, se assunti in dosi non accidentali e in continuità. "Il pericolo da ingestione accidentale di queste sostanze è dunque molto diminuito, e ci pone in condizioni di buona sicurezza. Il problema - conclude Locatelli - oggi è più importante per gli alimenti, che non devono aver tracce di queste sostanze, rispettando le norme imposte dagli organismi regolatori come l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e la Food&Drug Administration).

 

 

 

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