17 Febbraio 2025

Demenza, Schillaci: “Patologia che interessa sei milioni di italiani”

Il ministro snocciola i numeri del male neurologico che può portare all’Alzheimer e che investe circa 2 milioni di pazienti e 4 milioni di persone sane che vivono con loro. Uno studio italiano punta su diagnosi e cura precoci

Di NS
Demenza, Schillaci: “Patologia che interessa sei milioni di italiani”

“Il costo della demenza in Italia è pari a circa 23 miliardi di euro l’anno, di cui il 63% a carico delle famiglie”. Sono i numeri che arrivano da Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto superiore di sanità, che ha aggiunto: “Ciò richiede una vera e propria rivoluzione copernicana nel definire politiche di prevenzione e di gestione della malattia in modo tale che la demenza possa essere considerata non più come un peso per la nostra società ma come una straordinaria opportunità di cambiamento del sistema socio-sanitario nel perseguire maggiormente il diritto alla salute e l’appropriatezza dei trattamenti”.

SCHILLACI: “MALATTIA CHE RIGUARDA FINO AL 20% DEGLI OVER 80”
In materia di Alzheimer lo stesso Iss ha evidenziato oggi, nel corso di un evento, l’importanza del progetto Interceptor, lo studio che riguarda una popolazione stimata in Italia di circa 2 milioni di persone con deterioramento cognitivo minore e maggiore e di 4 milioni di persone sane che vivono con loro. Anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, presente all’occasione di discussione, ha elogiato l’iniziativa e poi ha ribadito: “Le malattie neurodegenerative rappresentano una delle maggiori sfide sanitarie del nostro tempo - ha proseguito - in Italia oltre un milione di persone è affetto da patologie neurodegenerative e quasi 900.000 presentano un deterioramento cognitivo lieve, condizione che può evolvere in demenza. Considerando poi i 4 milioni di familiari e caregiver impegnati direttamente nell’assistenza di queste persone, calcoliamo che in Italia le persone che hanno a che fare con le demenze siano circa 6 milioni. La prevalenza della malattia aumenta con l’età e raggiunge il 15-20% negli ultra 80enni. Questo quadro, soprattutto in una nazione longeva come la nostra, impone una risposta forte e strutturata da parte del Servizio sanitario nazionale”.

“IL SSN DOVRA’ ADEGUARSI PER DIAGNOSI E PRESA IN CARICO”
Il ministro ha poi parlato dei risultati della ricerca “che sono sicuramente significativi, dal momento che il modello predittivo sviluppato ha dimostrato un’accuratezza superiore all’80% nel prevedere la progressione della malattia, e potranno di certo arricchire quanto già emerso attraverso le attività promosse dal ministero sostenute con il Fondo per l’Alzheimer e le demenze e portate avanti dall’Istituto Superiore di Sanità”. "Tutti - ha aggiunto Schillaci - ci auguriamo che la ricerca e l’innovazione in campo farmacologico ci porranno di fronte a nuove opportunità di cura per queste patologie. Ed è altrettanto chiaro che i nuovi trattamenti ci chiameranno a una riflessione sull’esigenza di definire percorsi diagnostici e terapeutici appropriati per identificare i pazienti che potranno realmente beneficiare delle nuove terapie, con il miglior rapporto rischi/benefici. In ogni caso il Servizio Sanitario dovrà adeguarsi per garantire una diagnosi tempestiva e una presa in carico personalizzata dei pazienti, integrando la medicina di precisione con un potenziamento delle strutture territoriali e della telemedicina".

“ABBIAMO MESSO 35 MLN SUL FONDO PER L’ALZHEIMER”
"Un lavoro è già stato avviato - ha continuato - il Piano nazionale demenze, che è il principale strumento di sanità pubblica in questo ambito, sarà aggiornato in modo puntuale, come previsto dalle attività affidate all’Iss con uno specifico Accordo di collaborazione. Lo scorso anno abbiamo rifinanziato il Fondo per l’Alzheimer e le demenze con 35 milioni di euro per il triennio 2024-2026 e lo scorso 7 ottobre è stato pubblicato il Decreto di riparto del Fondo tra le Regioni, con una quota riservata all’Iss per le attività di supporto. Sono adesso in corso di approvazione i nuovi Piani triennali di Regioni e PA e il Tavolo permanente sulle demenze si occuperà delle attività di valutazione e monitoraggio di questi Piani. Inoltre è stata aggiornata la mappa dei servizi per la diagnosi e la presa in carico delle persone con demenza, che ha portato a raccogliere i dati su 2.811 strutture”. Inoltre, ha proseguito Schillaci, “a fine 2023 è stata pubblicata la prima Linea guida pubblica sulla diagnosi e trattamento della demenza e del disturbo cognitivo lieve (Mci), con 167 raccomandazioni di pratica clinica e 38 di ricerca".

“PUNTARE SULLA PREVENZIONE”
Il ministro ha affrontato anche il tema della prevenzione, definendola cruciale: “È ormai evidente come la riduzione dei fattori di rischio modificabili - come ipertensione, diabete, sedentarietà e isolamento sociale - possa incidere significativamente sulla probabilità di sviluppare demenza. Per questo il nostro impegno è già da tempo orientato con decisione a promuovere stili di vita sani e un invecchiamento attivo che è stato uno dei temi al centro del G7 Salute lo scorso anno”. E ha concluso tornando a parlare di ricerca: “Nell’ambito dei disturbi del sistema cognitivo, con i fondi della ricerca finalizzata negli ultimi 5 anni sono stati erogati oltre 37 milioni per 89 progetti di ricerca, mentre con i fondi Pnrr abbiamo destinato oltre 24 milioni a 26 progetti di ricerca. Vi è poi il lavoro svolto attraverso la Rete tematica degli Irccs delle neuroscienze e della neuroriabilitazione”.

LO STUDIO ITALIANO
Interceptor, coordinato dalla Fondazione Policlinico 'Agostino Gemelli' di Roma e sponsorizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e dal ministero della Salute, ha l’obiettivo di identificare tra i soggetti con declino cognitivo lieve (o MCI, Mild Cognitive Impairment), coloro che sono a rischio di un’evoluzione verso la malattia dell’Alzheimer. Il progetto sottolinea l’importanza del contributo dei biomarcatori, ossia gli indicatori biologici, in grado di prevedere l’eventuale sviluppo della malattia, per poterne rallentare la progressione attraverso un intervento farmacologico precocissimo. Si tratta di uno studio clinico, interventistico non terapeutico, che parte dalla diagnosi dei sintomi prodromici lievi dell’Alzheimer.



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