12 Maggio 2025

Gli infermieri italiani? Pochi e malpagati, ma affezionati al pubblico

L'identikit arriva dal primo rapporto sulla professione di Fnopi e Scuola Sant'Anna. Gli operatori sono appena 6,5 ogni mille abitanti e guadagnano in media oltre 7mila euro l'anno in meno dei colleghi in area Ocse. Ma restano molto apprezzati dagli assistiti

Di Ulisse Spinnato Vega
Un momento della presentazione del rapporto Fnopi
Un momento della presentazione del rapporto Fnopi

Sono pochi rispetto alla platea e ai bisogni della popolazione italiana, guadagnano meno della media dei loro colleghi nei Paesi avanzati e malgrado tutto continuano a preferire in gran parte il lavoro nel settore pubblico, conservando un’immagine largamente positiva agli occhi degli assistiti. Luci e ombre nell’identikit degli infermieri italiani, tracciato dal primo Rapporto sulla professione realizzato dalla Fnopi (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche) in collaborazione con la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.

SOLO 6,5 PROFESSIONISTI OGNI MILLE ABITANTI
Presentato oggi nella sede romana di Palazzo Rospigliosi, il documento parte dalla certificazione di un dato che ormai nessuno può più fingere di non vedere: la cronica carenza di operatori. In Italia ci sono 6,5 infermieri ogni mille abitanti, il dato medio europeo è di 8,4, ma in Germania si arriva a 12 e in Finlandia addirittura a 14. Il rapporto cita anche il raffronto numerico con i medici, basato ancora su dati Ocse: in Italia ci sono 1,5 infermieri per medico, mentre il valore medio dei Paesi avanzati è pari a 2,2.

RETRIBUZIONI APPENA SOPRA I 32MILA EURO
Anche sulle retribuzioni c’è poco da stare allegri. Lo stipendio medio annuo dei professionisti in Italia è pari a 32.400 euro. La Ral supera di un soffio la media degli impiegati (32.174 euro), ma è nettamente inferiore alla media degli infermieri in area Ocse che sfiora i 40mila euro (39.800). Come è facile immaginare, poi, ci sono grandi sperequazioni tra le diverse aree della Penisola, soprattutto tra Nord e Sud, con Trentino Alto-Adige (37.204) ed Emilia-Romagna (35.857) ai vertici, mentre Campania (27.534) e Molise (26.186) languono in fondo alla classifica. Tendenze, queste ultime, che si sovrappongono perfettamente a quelle sulle posizioni dirigenziali: 1,66 dirigenti ogni mille infermieri è la media nazionale, ma le stesse due Regioni del Centronord sono in cima alla lista.

LAUREE: GIU’ LE TRIENNALI, INTERESSE PER LE MAGISTRALI
Particolarmente delicato il capitolo della formazione e del percorso di studi che conduce alla professione. Si osserva infatti un forte calo nel numero dei laureati triennali (dai 13.058 del 2015 ai 10.631 del 2023) e il crescente interesse per le lauree magistrali (dai 682 del 2011 ai 1386 del 2023). “I laureati triennali – spiega il rapporto Fnopi – tendono a inserirsi nel mondo del lavoro più rapidamente, mentre i laureati magistrali spesso intraprendono il percorso magistrale dopo un periodo di lavoro, il che spiega la loro età più avanzata e il maggiore livello di esperienza lavorativa”. Dall’altra parte, invece, si registra una progressiva diminuzione dell’età media (25,2 anni) al compimento degli studi triennali, mentre aumentano i liceali che scelgono infermieristica: il 68,2% nel 2023. Va detto che il 92,3% dei laureati magistrati dichiara di aver trovato impiego in un ambito coerente con gli studi. Tuttavia, proprio per quanto riguarda la laurea magistrale la maggiore disponibilità di corsi si concentra nelle aree del Nord (20 università tra Nordovest e Nordest). Il Centro Italia conta solo sette atenei, il Sud otto e le Isole maggiori appena quattro.

POSIZIONI ACCADEMICHE: BALZO CON LA PANDEMIA
Le posizioni accademiche in Scienze infermieristiche segnano invece un netto ritardo rispetto a tutte le altre aree, sia nelle scienze sperimentali sia in quelle sociali. Solo dal 2020 si osserva un deciso incremento, passando da 35 posizioni nel 2014 a 83 nel 2024 (37 ricercatori, 36 professori associati, 10 professori ordinari). Il rapporto chiosa: “Questo suggerisce una maggiore attenzione verso la ricerca infermieristica, stimolata dalla pandemia e dalle nuove esigenze sanitarie globali”.

OTTO SU DIECI PREFERISCONO IL SETTORE PUBBLICO
Gli infermieri spesso chiedono forme di apertura verso la libera professione, ma va detto che la stragrande maggioranza continua a preferire il settore pubblico. Nel 2018 si era registrato il picco di interesse dell’84,9%, tuttavia il dato 2023 sfiora l’80 (78,9%). Dunque, si tratta di un valore che rimane costantemente alto. Risulta gratificato sia chi lavora in contesto domiciliare sia chi opera in ospedale, ma solo se viene coinvolto nei processi gestionali. Molto positivi restano i riscontri degli assistiti per fattori come coinvolgimento nelle decisioni (78 punti su 100), chiarezza e utilità delle informazioni ricevute (91 su 100), rispetto e dignità (94 su 100), supporto emotivo (95 su 100).

IL DILEMMA SULL’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Interessante infine il focus sull’Infermiere di famiglia e comunità. A partire dall’analisi che viene fatta sul differente utilizzo della definizione: Ifec o Ifoc. Il rapporto evidenzia che solamente Lazio, Lombardia, Sardegna e Toscana utilizzano la definizione ‘Infermiere di famiglia e comunità’ (Ifec), “suggerendo un modello integrato che abbraccia entrambi gli ambiti”. Tutte le altre scelgono ‘Infermiere di famiglia o comunità’ (Ifoc), “che potrebbe indicare una maggiore flessibilità nelle funzioni e nelle modalità operative”.

MANGIACAVALLI: “SERVE UNA CABINA DI REGIA”
La presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, ha spiegato: “Vogliamo fare in modo che il nostro rapporto di anno in anno sia presente sulle scrivanie dei decisori, a disposizione per acquisire dati certi sulla nostra professione. L’obiettivo è trasformare i dati in informazioni, perché le informazioni servono ad assumere le decisioni che, nel nostro caso, non possono essere esclusiva di un unico ministero”. Mangiacavalli poi si è spinta oltre: “La complessità della questione infermieristica richiede l’istituzione di una cabina di regia con poteri straordinari in grado di coinvolgere più strutture di vertice e toccare diversi ambiti di intervento per prendere definitivamente un problema che non appartiene a una categoria professionale, ma all’Italia intera”.

SCHILLACI: “GOVERNO AL LAVORO PER VALORIZZARVI”
Il ministro della Salute Orazio Schillaci, pur mancando la presenza alla presentazione del rapporto, ha tenuto a rivendicare le azioni del governo che “ha adottato una serie di interventi per una valorizzazione economica degli infermieri: misure sulla libera professione per chi lavora nel servizio pubblico, indennità per chi è occupato nell’emergenza urgenza e detassazione degli straordinari, per citarne alcune. E anche insieme alla Fnopi abbiamo ragionato sulle misure che sono in itinere per riformare i percorsi specialistici”. “L’impegno – ha concluso Schillaci – è quello di riportare i giovani a scegliere questo corso di studi, anche e soprattutto investendo sulla motivazione”.


Il rapporto integrale

La sintesi del rapporto

 

 

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