15 Maggio 2025

L'accesso libero a Medicina avrà un impatto negativo sui corsi di Infermieristica

Si tratta di una nuova impostazione che ha suscitato perplessità sull'intero sistema formativo universitario. Chi non supererà il cosiddetto 'semestre filtro', trascorsi i primi sei mesi di studi, dovrà infatti ripiegare su soluzioni alternative

Di Rosaria Alvaro*
L'accesso libero a Medicina avrà un impatto negativo sui corsi di Infermieristica

Caro direttore,

come anticipato nella nostra intervista, il tema dell’ingresso libero a Medicina merita un’ulteriore riflessione. Una premessa, innanzitutto: la modalità di accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi dentaria e medicina veterinaria ancora non sono del tutto chiare. In realtà, non stiamo discutendo dell’abolizione del numero chiuso, ma di una modalità alternativa che prevede la possibilità per tutti di iscriversi a un primo semestre, durante il quale si frequentano insegnamenti di base in ambito fisico, chimico e biologico. Per accedere ufficialmente al corso di laurea è necessario, alla fine del periodo previsto, superare gli esami previsti, svolti secondo standard uniformi, e collocarsi in posizione utile nella graduatoria di merito nazionale, sulla base del numero di iscrivibili.

Questa nuova impostazione ha suscitato perplessità sull’intero sistema formativo universitario. Chi non supererà il cosiddetto "semestre filtro" dovrà rispiegare su soluzioni alternative. Infatti, il semestre-filtro lascerà fuori dal corso di laurea tanti ragazzi dopo sei mesi di studi. Secondo Anelli, presidente Fnomceo, questa modalità rischia di creare un’illusione di accesso, seguita da una brusca esclusione per chi non riuscirà a rientrare tra i migliori. "Il vero problema è per i giovani – ha detto – perché la selezione non sparisce, ma si trasforma in una competizione ancora più dura, dopo un semestre già vissuto da studenti universitari".

Anche docenti e rettori esprimono perplessità. Temono gli effetti sugli atenei, che non sarebbero pronti ad accogliere l’elevato numero di iscrizioni senza un adeguato potenziamento delle infrastrutture e del personale. Le risorse attuali, aule, laboratori, tutor, sono già al limite, e un semestre aperto rischia di danneggiare la qualità della didattica.
Inoltre, tale modalità impatterà inevitabilmente su tutti i corsi di laurea, in particolare su quelli di area sanitaria, rendendo questa scelta di ripiego e non consentendo probabilmente un avvio regolare del percorso, dal momento che non sono chiare ancora le modalità di selezione per l’accesso alle professioni sanitarie e come e se si potranno iscrivere fuori dal numero programmato gli studenti che non entrano nel percorso di medicina, odontoiatria o veterinaria.

Per questo ad oggi non essendo rese note le modalità attuative definitive restano molti interrogativi aperti. Certo è che i dati attuali indicano che il problema, oggi, non è la mancanza di medici. Come dichiarato il 7 marzo 2024 dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), nel 2030 è attesa "una nuova pletora medica". Quest’anno, inoltre, circa il 25% delle borse di specializzazione non è stato assegnato, con particolare riferimento a discipline fondamentali per il sistema sanitario nazionale: quali la Medicina di comunità e cure primarie (coperto il 21%), la Medicina e cure palliative (22%), la Medicina d'urgenza ed emergenza (30%), l’Igiene (67%), la Geriatria (72%).

Vorrei segnalare che già da qualche anno le università stanno laureando più medici che infermieri. L’Italia si colloca quasi in fondo alla classifica europea, con soli 6,2 infermieri ogni 1.000 abitanti, a fronte di una media europea di 9. Alla luce di questi numeri, sarebbe auspicabile aprire una riflessione ampia e strutturata, per individuare le azioni più opportune da intraprendere. Per tale motivo è urgente affrontare il tema della carenza infermieristica e contrastare la crescente emigrazione dei nostri professionisti verso l’estero.
Per la professione infermieristica in Italia è molto difficile fare previsioni. Tutto dipende dalle scelte politiche che vengono adottate per rendere la professione infermieristica più attrattiva e per definirne reali percorsi di sviluppo professionale. I dati attuali mostrano un evidente squilibrio nella domanda di accesso ai corsi di laurea in Infermieristica: nelle regioni del Nord molti posti restano vacanti, mentre al Sud si registrano fino a cinque domande per ogni posto disponibile. Inoltre, secondo i dati di AlmaLaurea, gli studenti iscritti provengono in larga parte da famiglie appartenenti alla "classe media impiegatizia" (30,1%) e alla "classe del lavoro esecutivo" (32,9%).

Bisognerebbe quindi valutare la possibilità di interventi che facilitino il trasferimento e la frequenza in regioni diverse da quelle di residenza con misure di sostegno alle famiglie e agli studenti fuori sede.
Mi auguro che in futuro gli infermieri possano contare su concrete prospettive di carriera, sia in ambito clinico che organizzativo, con la possibilità di esercitare la professione anche al di fuori dei vincoli di esclusività, lavorando all’interno di team multidisciplinari e supportati da figure formate lungo l’intero percorso della filiera infermieristica.



*Professore ordinario in Scienze infermieristiche dell’Università Tor Vergata di Roma e presidente della Società italiana di scienze infermieristiche

 

 

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