Sanità in rosa? Sì, ma senza tutele. Ora una legge prova a rimediare
Le donne medico superano il 50% del totale, le infermiere sono addirittura il 77%, ma lavorare nel Ssn garantisce pochi sostegni al work-life balance. Un ddl del M5s, con un fondo da 100 milioni l'anno, punta ad aiutare le famiglie dei professionisti della salute

Lavorare nella sanità pubblica italiana è sempre meno gratificante. Il cane si morde la coda: gli stipendi bassi e le scarse prospettive di carriera sono tra le cause della carenza di personale che genera un ménage professionale via via più difficile, tra turni massacranti, rischio burnout e aggressioni dilaganti. Fattori, questi ultimi, che a loro volta minano il reclutamento e contribuiscono ad allargare i buchi di organico. Il quadro è ancor più desolante per le donne, che si trovano a dover conciliare il lavoro con carichi familiari mediamente più pesanti: eppure il personale femminile rappresenta il 69% degli operatori del Ssn, in aumento dal 64% del 2010. Le infermiere sono addirittura il 77% del totale e i medici in rosa sono passati dal 38,4% del 2010 al 52,5% del 2022. Malgrado ciò, il gentil sesso occupa pochi ruoli dirigenziali: per dare un dato, solo l’8,6% dei camici bianchi donne è direttore di struttura semplice o complessa, contro il 21% degli uomini.
In attesa che, dopo la bocciatura nel gennaio scorso da parte di Cgil, Uil e Nursing-up, maturi il negoziato sullo schema di contratto 2022-2024 per il comparto, testo che innova gli istituti del work-life balance, il Parlamento prova a intervenire almeno su questo fronte per migliorare le condizioni dei lavoratori del Ssn. Come Nursind Sanità è in grado di anticipare, si è mosso infatti il gruppo M5s in Senato che con Barbara Guidolin, membro della commissione Sanità e Lavoro, ha depositato un disegno di legge che istituisce un Fondo per la creazione di asili nido e centri polifunzionali destinati agli under 15 in seno alle strutture sanitarie. La senatrice spiega: “Nello specifico, questo è un tema di cui si parla poco. Io, prima ancora che Oss, sono figlia di un’infermiera e so bene cosa significhino i turni di notte o le reperibilità”. La relazione al testo chiosa: “L’obiettivo è duplice: da un lato, sostenere le famiglie del personale sanitario, offrendo servizi che permettano una gestione più equilibrata dei tempi di vita e lavoro; dall’altro, valorizzare gli spazi pubblici esistenti, promuovendo la trasformazione delle strutture ospedaliere in veri e propri poli di comunità”.
Secondo il ddl, il fondo dovrebbe poter contare su 100 milioni di euro annui a partire dal 2026, risorse pescate dal serbatoio delle ‘esigenze indifferibili’, istituito con la legge di Bilancio del 2015. I soldi devono andare a beneficio esclusivo delle strutture sanitarie pubbliche per creare asili nido e centri polifunzionali per bambini e ragazzi che facciano parte dei nuclei familiari dei dipendenti delle strutture stesse. A valle dell’approvazione della legge, sarà un dpcm a definire le modalità e le procedure di trasmissione dei progetti da parte degli enti sanitari e i criteri di riparto delle provviste finanziarie. Un successivo decreto interministeriale individuerà invece gli enti beneficiari, gli interventi ammessi al finanziamento e l’importo per ciascuna iniziativa. Naturalmente, tutta la procedura passa dal consenso in sede di conferenza Stato-Regioni. Guidolin conclude: “Al Nord ci sono già iniziative in tal senso, ma anche i sindacati testimoniano che i progetti vengono avviati e poi spesso rimangono inaccessibili ai dipendenti per colpa delle rette troppo alte. Il fondo servirà proprio a questo, a coprire non soltanto la costruzione, ma anche il funzionamento a regime di questi presidi di sostegno alle famiglie dei professionisti sanitari”.
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