21 Maggio 2025

Si vive di più ma ci si cura di meno. La fotografia dell'Istat

Secondo il Rapporto 2025 una persona su dieci ha rinunicato a visite o esami specialistici. Pesano le liste d'attesa (6,8% dei casi) e le difficoltà nel pagare le prestazioni sanitarie (5,3%). Fumatori in calo, ma preoccupano obesità ed eccesso di peso

Di NS
Si vive di più ma ci si cura di meno. La fotografia dell'Istat

Si vive di più, ma ci si cura di meno. Pesano le liste d'attesa troppo lunghe e le prestazioni costose. E così nel 2024 una persona su dieci (9,9%) ha rinunciato a visite o esami specialistici. Segnali preoccupanti riguardano poi le conseguenze per la salute connesse all’obesità e all’eccesso di peso. Mentre tra gli adulti e gli anziani i livelli più elevati restano stabili, nelle classi di età 20-39 anni, infatti, l’eccesso di peso cresce sensibilmente, in particolare tra i nati dagli anni Ottanta del secolo scorso in poi. A rendere il quadro ancora più allarmante, sempre guardando agli effetti sulla salute, è lo stato generale della popolazione: nel 2024 oltre un quinto dei residenti a rischio povertà o esclusione sociale. Sono alcuni dei dati emersi dal Rapporto Istat 2025 presentato oggi a Montecitorio dal presidente dell’istituto Francesco Maria Chelli.

RINUNCIA ALLE CURE: PESANO LE LISTE D’ATTESA
Il Rapporto sulla situazione del Paese rivela, come detto, che nel 2024 una persona su dieci ha rinunciato a visite o esami specialistici, principalmente a causa delle lunghe liste di attesa (6,8%) e per le difficoltà nel pagare le prestazioni sanitarie (5,3%). La rinuncia alle prestazioni sanitarie è in crescita sia rispetto al 2023 (7,5%), sia rispetto al periodo pre-pandemico (6,3% nel 2019), soprattutto per l’aggravarsi delle difficoltà di prenotazione.
Sebbene aumenti la speranza di vita alla nascita, secondo il report la quota di anni vissuti in buona salute si riduce, soprattutto per le donne. Nel 2024, gli uomini possono aspettarsi di vivere in buona salute 59,8 anni in media, in linea con il 2019. Per le donne, invece, il valore scende a 56,6 anni, il minimo dell’ultimo decennio.
Nel 2022 il tasso di mortalità 'evitabile' è pari a 17,7 decessi per 10mila abitanti, valore più basso nell’UE27 dopo la Svezia. L’Italia è tra i Paesi con le performance migliori in entrambe le componenti della mortalità 'evitabile': la mortalità prevenibile, legata principalmente alla prevenzione primaria e alla promozione di stili di vita salutari, e la mortalità trattabile, associata, invece, alla capacità del sistema sanitario di diagnosticare e curare tempestivamente. Il tasso di mortalità prevenibile è pari a 11,3 per 10mila nel 2022 e il tasso di mortalità trattabile è pari a 6,3 per 10mila. Tuttavia, nel contesto dell’UE27, l’Italia perde posizioni, evidenziando un rallentamento nella capacità del sistema sanitario di garantire diagnosi e cure tempestive

TASSI DI MORTALITA PREVENIBILE INVERSAMENTE PROPORZIONALE AI LIVELLI D’ISTRUZIONE
In Italia si osservano tassi di mortalità prevenibile e trattabile più alti per le persone con livello di istruzione più basso. I tassi di mortalità prevenibile degli uomini e delle donne con al massimo la licenza elementare (41,1 e 15,7 per 10mila rispettivamente) sono oltre il doppio di chi ha almeno una laurea (16,8 per i laureati e 7,6 per le laureate). Analogamente, per la mortalità trattabile, il tasso degli uomini meno istruiti (15 decessi per 10mila) è 2,1 volte superiore a quello dei più istruiti (tasso pari a 7,1), mentre per le donne tale rapporto è inferiore e uguale a 1,8.

DISAGIO MENTALE TRA ETÀ CHE AVANZA E DISUGUAGLIANZE DI GENERE
C'è poi il problema dell'indice di salute mentale che nel 2024 si attesta a 68,4 punti in media, con un disagio psicologico che peggiora con l’aumentare dell’età. Il valore medio più elevato dell’indice si riscontra tra i giovani di 14-24 anni (70,4 punti) e raggiunge il minimo (65,1) tra le persone di 75 anni e oltre. Le disuguaglianze di genere nel disagio psicologico sono marcate, soprattutto tra giovani e anziani. Tra i 14-24enni il divario tra donne e uomini è di 6,1 punti (67,2 contro 73,3). Anche tra gli over 75 il disagio psicologico delle donne è superiore a quello degli uomini (indice di salute mentale più basso 62,7 contro 68,5).

CONDIZIONI DI DISABILITÀ A PREVALENZA MASCHILE FINO AI 64 ANNI
Passsiamo alle condizioni di disabilità: interessano 2,9 milioni di persone in Italia nel 2023 (5% della popolazione), di cui 1 milione 690mila donne. La quota più elevata di persone con disabilità si riscontra nelle classi di età più anziane: 6,9% nella classe 65-74 anni e 19,2% tra gli anziani di 75 anni e più. Tra le donne si osserva una prevalenza inferiore a quella degli uomini fino ai 64 anni, per le classi di età successiva la quota di donne con disabilità supera quella degli uomini. Solo il 9,8% delle persone con disabilità dichiara di stare bene o molto bene, contro l’83,1% del resto della popolazione. Nel corso degli anni, la quota di persone con disabilità che dichiarano di stare male o molto male è diminuita (dal 61 del 2010 al 57,3% del 2023). Dal 2010 al 2023, la percentuale di persone con disabilità con almeno una patologia cronica ha oscillato intorno all’88% (33% nel resto della popolazione). La quota aumenta con l’età raggiungendo, nel 2023, il 95,5% per gli individui di 75 anni e più (69,8% nel resto della popolazione). 

FUMATORI IN CALO, PREOCCUPA L’ECCESSO DI PESO
Il rapporto Istat ci dice anche che negli ultimi 40 anni è diminuita sensibilmente la quota di fumatori, soprattutto tra gli uomini, con un calo marcato da una generazione all’altra: tra i nati nel secondo dopoguerra oltre il 60% fumava a 30-34 anni, quota che scende al 33,4% tra i nati negli anni Novanta. A destare preoccupazione, invece, come detto, sono obesità ed eccesso di peso soprattutto tra i giovani di oggi rispetto a quelli delle geenrazioni precedenti. A 20-24 anni, ad esempio, i nati nel 2000-2004 mostrano quote di eccesso di peso nettamente superiori rispetto ai coetanei delle generazioni precedenti (21,6% 13,4% dei nati nel 1960-1964), con un aumento più marcato tra le donne.
Gli stili alimentari costituiscono un’importante leva per la riduzione dei fattori di rischio nelle società a sviluppo avanzato. Il consumo giornaliero di frutta, verdura o ortaggi evidenzia un calo progressivo per generazione, che si fa ancora più marcato tra i più giovani: a 30-34 anni, ad esempio, il consumo di frutta, verdura e ortaggi è sceso dall’89,1 per cento tra i nati nel 1960-1964 al 77,8 per cento tra i nati nel 1975-1979.
A parità di età, i consumi giornalieri di alcol diminuiscono significativamente attraverso le generazioni: ad esempio, tra i nati nell’immediato dopoguerra, il consumo giornaliero raggiungeva il 40,3 per cento nella classe di età 45-49 anni, mentre tra i coetanei nati tra il 1970 e il 1974 scende al 18,8 per cento. Al contrario, il consumo fuori pasto mostra una tendenza opposta e indica un aumento progressivo da una generazione all’altra: se per i nati tra il 1965 e il 1969 il livello di consumo fuori pasto era pari al 29,6 per cento a 35-39 anni, sale al 49,1 per cento tra i nati nella generazione 1985-1989.
La pratica sportiva invece, saltuaria o continuativa, è cresciuta tra le generazioni: tra i 45-49enni si passa dal 18,3% di praticanti tra i nati nel 1945-1949 a quasi il 40% tra i nati nel 1975-1979. I livelli più elevati si riscontrano per le generazioni nate a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso.

RICORSO ALLA PROCREAZIONE ASSISTITA IN AUMENTO
L’invecchiamento della distribuzione delle donne in età feconda è correlato con un crescente ricorso, negli anni più recenti, alla procreazione medicalmente assistita (Pma): tra 2005 e 2022 il numero dei trattamenti è cresciuto del 72,6%o e il tasso di successo è raddoppiato (passando dal 16,3% al 32,9%). A partire dai 40 anni di età delle madri, il numero di nascite da Pma cresce in modo sostenuto, raggiungendo il picco dai 50 anni in poi, quando il 76,0 per cento delle nascite avviene grazie a tecniche di fecondazione assistita. L’età media delle donne divenute madri tramite Pma è di 38 anni rispetto ai 32 anni per le nascite naturali. 

 

 

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