Tumore al seno: la speranza viene dal tessuto adiposo autologo
La vera innovazione è la crioconservazione del grasso che consente una ricostruzione naturale con ottimi risultati sia sul piano fisico che psicologico per le pazienti. Benefici pure per le strutture sanitarie in termini di risparmi sui tempi e sui costi

Ricadute positive per la donna e la sua qualità della vita, ma benefici in termini di riduzione dei tempi di attesa e di risparmi finanziari anche per il sistema sanitario. La novità della crioconservazione del tessuto adiposo autologo promette di essere molto importante per le pazienti che affrontano il delicato percorso della ricostruzione mammaria dopo un tumore. Oltre all’impatto positivo sul piano fisico e psicologico, la ricostruzione con l’innovazione della crioconservazione genera un accorciamento delle liste d’attesa per le sale operatorie.
La crioconservazione in Italia avviene nella Banca Cute della Regione Emilia Romagna (Rer) per merito della partnership pubblico-privato attivata nel 2022 con l’azienda Lipobank che è riuscita a realizzare la crioconservazione del tessuto adiposo, cioè a congelare e scongelare il grasso mantenendolo vitale. Un tentativo provato fino ad oggi da numerosi laboratori nel mondo, ma mai riuscito. In realtà, l’utilizzo del grasso, grazie alle proprietà rigenerative del tessuto adiposo, rappresenta una metodica chirurgica ampiamente consolidata che prende il nome di “lipofilling”.
Questa tecnica mostra tuttavia un tallone d’Achille: il grasso trapiantato non ha una vitalità propria e deve prendere nutrimento dall’area ricevente. È infatti indispensabile trasferire quantità ridotte di tessuto in sessioni ripetute, a distanza di mesi una dall’altra, per ottenere il massimo del successo di attecchimento. La crioconservazione risolve il problema, perché consente di fare un unico intervento, nel quale si preleva una quantità importante di grasso, che viene poi ripartito in sacche di volume idoneo alla necessità del caso clinico, richiesto dal chirurgo. Il tessuto adiposo in questo modo viene inserito senza la necessità di fare un vero e proprio intervento chirurgico, nella quantità che può essere considerata simile a quella di una seduta di “filler” che tante donne fanno ambulatorialmente sul volto per motivi estetici.
Risultato? Siamo di fronte a pratiche chirurgiche non eccessivamente invasive. L’intervento di prelievo avviene in sala operatoria, in anestesia locale e sedazione, in regime di day surgery, con dimissione in giornata. L’infiltrazione, invece, spesso avviene con una leggerissima anestesia locale. Dunque, l’impatto è positivo sia per le pazienti in termini pratici e psicologici sia per le strutture sanitarie in ragione dei tempi e costi ridotti.
Il tema ha tenuto banco, ieri, in una conferenza a Roma in vista del Rome-Dubai Breast symposium & advanced aesthetic medicine meeting (18-20 giugno), evento a cui partecipano i più importanti esperti internazionali di chirurgia plastica ricostruttiva. Roy De Vita, primario di Chirurgia plastica presso l'Istituto nazionale dei tumori "Regina Elena" della Capitale, è stato il primo chirurgo italiano a usare il tessuto adiposo crioconservato. “La tecnologia – ha spiegato – ha contribuito a migliorare la vita delle donne in maniera incredibile perché ha ridotto il numero degli interventi a cui sottoporre le pazienti. Grazie ad essa, infatti, è possibile fare un unico intervento chirurgico per il prelievo, a cui seguono delle sessioni ambulatoriali di infiltrazioni del grasso conservato. Sono certo che la tecnica avrà un futuro radioso e man mano che acquisterà notorietà sarà sempre più utilizzata perché grandissimo è il vantaggio che offre”.
“Oggi è possibile prelevare il grasso al momento della mastectomia, conservarlo nella Banca e utilizzarlo nei successivi tre anni, nell'arco del programma ricostruttivo”, ha detto invece Giorgio De Santis, professore senior di Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica dell’Università di Modena e Reggio Emilia, già direttore del reparto di Chirurgia plastica – ricostruttiva ed estetica presso il policlinico di Modena, fra i pionieri nella ricerca sull’utilizzo del grasso crioconservato a scopo ricostruttivo. “In questo modo, si allevia moltissimo il disconforto degli eventuali successivi interventi che non vengono eseguiti e, anche dal punto di vista amministrativo, la possibilità di eseguire gli interventi in regime ambulatoriale e non più in ricovero è un beneficio. Il grasso congelato mantiene le stesse caratteristiche di vitalità di quello fresco, ciò rappresenta sicuramente un passo innovativo di eccellenza nella scienza e nella clinica della ricostruzione mammaria post mastectomia”.
Alla presentazione alla stampa, hanno partecipato in video collegamento Paolo Veronesi, direttore dell'Unità di Chirurgia senologica presso l'Istituto europeo di pncologia (Ieo), Davide Melandri, tra l’altro professore straordinario di Dermatologia Università di Bologna - dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche (Dimec), ed Elena Bondioli, direttore tecnico Cell Factory Pievesestina e di Criobanca, dirigente responsabile Bioingegneria tessutale e Terapia cellulare, U.o. Centro grandi ustionati e Banca della Cute Rer Ausl della Romagna. Quest’ultima è una delle cinque banche del tessuto cutaneo italiane, autorizzate e accreditate dal Centro nazionale trapianti (Cnt) e dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e secondo Bondioli e Melandri, “grazie alla collaborazione nata con l’azienda Lipobank, è stato possibile rendere accessibile a pazienti con specifiche patologie nell’ambito della Medicina Rigenerativa il trapianto di tessuto adiposo autologo crioconservato, garantendone al contempo la massima qualità e sicurezza clinica”.
“Attraverso una rilevazione con le pazienti che aderiscono alla nostra rete associativa – ha raccontato infine Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia – abbiamo voluto ascoltare il vissuto delle donne dopo l’intervento chirurgico. Di fatto è emerso che più di un terzo delle pazienti che hanno effettuato la ricostruzione del seno dopo la mastectomia, ha avuto complicanze e circa la metà lamenta il mancato dialogo con il proprio medico con speranze spesso disattese. Per tutte queste ragioni, Europa Donna Italia, come portavoce delle pazienti, chiede che sia favorito un maggiore dialogo con i medici affinché le donne possano essere davvero informate su tutte le nuove opportunità oggi disponibili. È fondamentale infatti che, se esistono tecniche di ricostruzione certificate e sicure che vanno nella direzione di una migliore qualità di vita, queste vengano comunicate e promosse, perché ritrovare l’integrità corporea dopo la malattia è parte stessa della cura”.
Sempre più vicini ai nostri lettori.
Segui Nursind Sanità anche su Telegram