Farmaceutica italiana da record, ma pesa la minaccia dei dazi
Il made in Italy di settore tocca i 56 miliardi di euro di produzione e i 54 di export. L'ombra delle politiche commerciali di Trump si allunga sull'industria del pharma che soffre l'inerzia dell'Unione europea

Leader a livello europeo. In pole position fra i grandi del mondo. Eppure l’industria farmaceutica italiana teme la scarsa azione dell’Europa contro burocrazia e pericolo dazi globali. Farmindustria tira le somme all’annuale Assemblea. Nel bilancio in cima risultano i traguardi del farmaco made in Italy: 56 miliardi di euro di produzione e 54 di export. "Farmaci e vaccini sono al primo posto in Italia per surplus con l'estero, con oltre 21 miliardi di attivo nel 2024”, commenta il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani.
Le imprese farmaceutiche italiane si distinguono anche per l'incremento del valore aggiunto, con un +18% dal 2022 al 2024, ben al di sopra della crescita cumulata del Pil italiano (+1,4%). Dietro le cifre imponenti però c’è la consapevolezza per il comparto della necessità di riforme urgenti, in Italia e in Europa, per sostenere la traiettoria in un contesto globale in rapida trasformazione.
IL TIMORE VIENE DA OLTREOCEANO
La questione dei dazi imposti dagli Stati Uniti sui farmaci è un tema complesso, in continua evoluzione, che contraddistingue l’Assemblea di quest’anno. Dal 5 aprile scorso, la Casa Bianca ha introdotto un dazio globale del 10% su quasi tutte le merci importate. La misura include anche una serie di articoli sanitari, come i principi attivi farmaceutici (Api), i dispositivi medici e le attrezzature. In particolare sui prodotti provenienti dalla Cina, le tasse doganali arrivano fino al 245%. Nel frattempo, l'amministrazione statunitense ha avviato indagini sui farmaci importati, con lo scopo di trovare strade per aumentare la produzione interna, che non escludono la possibilità di ulteriori dazi.
GLI SVANTAGGI PER I COMPETITOR
Nonostante lo scenario in divenire, il numero uno di Farmindustria confida nell’azione di mediazione italiana e comunitaria: “Abbiamo – dice – grande fiducia nel lavoro del governo, nel ministro Tajani, e nel commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič, per evitare l’imposizione dei dazi. Il danno sarebbe soprattutto per gli Stati Uniti e per i cittadini americani con rischi di carenze, aumento dei costi assicurativi e sanitari, oltre a un impatto sul Pil”. A trarre beneficio dai dazi sarebbe il gigante asiatico: “C’è un effetto immediato – sottolinea il presidente di Farmindustria – che è l’accelerazione della corsa sulla ricerca e lo spostamento degli investimenti in Cina”.
EQUAZIONE A ZERO
L’attuale imposizione del 10% sulle merci è già un aggravio per una catena produttiva, come quella del farmaco, che supera i confini dei continenti. “Siamo convinti – osserva Cattani – che sui farmaci l’equazione debba essere zero a zero. L’interconnessione della filiera farmaceutica fra le due sponde atlantiche è molto forte perché, durante le fasi di lavorazione, tanti componenti migrano più volte, da una sponda all’altra dell’Oceano Atlantico”.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere visto che la pressione della Casa Bianca alla fine potrebbe spingere le istituzioni europee a rivedere la politica, proprio sul piano della competitività. “Crediamo – suggerisce Cattani a margine dell’Assemblea – che questa situazione abbia anche un risvolto positivo: mettere pressione sull’Europa per reagire, per agire adesso, in maniera forte e concreta, e mettere al centro dello sviluppo europeo l’industria e soprattutto l’industria farmaceutica e del life science che sono quelle che fanno crescere il Pil e l’export”.
PIÙ PREVENZIONE, PIÙ VACCINI
Guardando in casa, l’ipotesi di aumentare, oltre l’attuale 5%, la quota del Fondo sanitario dedicata alla prevenzione, avanzata nei giorni scorsi dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, potrebbe significare anche una crescita di domanda di produzione, in primo luogo dei vaccini. Una previsione allettante per le imprese e per i cittadini. “Il segnale è molto positivo in generale per il Paese”, commenta Cattani. “La prevenzione – continua – è la prima strategia, per vivere meglio e prevenire le malattie che abbiamo imparato nei tempi recenti. Oggi nella prevenzione sono cambiati tanti paradigmi e le possibilità di cura che hanno un onere perché la ricerca consuma tante risorse”. L’aumento di spesa per Cattani non può non essere la direzione giusta. “Siamo convinti – afferma – che sia necessario non solo alzare il finanziamento della prevenzione, ma anche avere più omogeneità in chiave regionale nelle strategie”.
STRATEGIA URGENTE PER LE LIFE SCIENCES
In conclusione, Cattani ribadisce la necessità di "scelte politiche coraggiose e veloci" e di una "Life sciences strategy" a livello nazionale ed europeo, in grado di attrarre nuovi investimenti, garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini e posizionare l'industria al centro come motore di economia, crescita e innovazione. “Se non andiamo in questa direzione – conclude – i cittadini europei inevitabilmente avranno meno farmaci, meno vaccini e meno risultati frutto della ricerca e dello sviluppo”.
Sempre più vicini ai nostri lettori.
Segui Nursind Sanità anche su Telegram