09 Luglio 2025

Fine vita, il rinvio in Senato. Prove di intesa?

Entra in campo la commissione Affari costituzionali con un ciclo di audizioni e slitta al 17 luglio il termine emendamenti. Si arriverà a un momento di condivisione tra gli schieramenti? I contenuti del ddl e i nodi aperti

Di Ulisse Spinnato Vega
Fine vita, il rinvio in Senato. Prove di intesa?

Adesso c’è da capire se lo slittamento dei lavori in Senato sul testo base del ddl cosiddetto ‘fine vita’ calmerà le acque e favorirà un’intesa tra maggioranza e opposizione. Oppure se proseguirà il muro contro muro, mentre un caso concreto, quello dalla 55enne toscana ‘Libera’ (nome di fantasia), è arrivato per la prima volta all’esame della Corte costituzionale e la proposta di legge di iniziativa popolare dell'associazione Luca Coscioni per legalizzare tutte le procedure, inclusa l'eutanasia, ha raggiunto le 50mila firme raccolte.

Fatto sta che a Palazzo Madama il termine per la presentazione degli emendamenti al testo nelle commissioni Giustizia e Sanità è stato prorogato da oggi alle ore 11 del prossimo giovedì 17 luglio. Il motivo del rinvio è legato all’esigenza di acquisire il parere della commissione Affari costituzionali che nel frattempo ha disposto un breve ciclo di audizioni, probabilmente martedì prossimo, sui vari profili di costituzionalità di un ddl che finora di audizioni non ne aveva avute affatto. Di conseguenza, è ovvio che slitterà anche il termine per l’approdo in aula, inizialmente fissato proprio al 17 luglio. E la speranza è, appunto, che la pausa favorisca un momento di condivisione, magari con la possibilità di conferire il mandato al relatore.

Intanto, però, la maggioranza discute al suo interno e le opposizioni affilano le armi emendative. Il disegno di legge, dopo aver ribadito l’inviolabilità e indisponibilità del diritto alla vita, apre al suicidio assistito attraverso un nuovo comma (2-bis) all’articolo 580 del Codice penale, che esclude la punibilità per chi favorisce il proposito di morte di una persona in determinate condizioni cliniche, purché la volontà sia libera, consapevole e accertata da uno specifico Comitato nazionale di valutazione che la stessa legge istituisce. Il ddl punta poi a potenziare le cure palliative, rendendole accessibili a tutti sull’intero territorio nazionale e sostanzialmente obbligatorie, dato che sarebbero imprescindibili in vista della decisione informata sul fine vita. Vengono quindi introdotte sanzioni per le Regioni inadempienti e Agenas beneficerebbe, secondo il testo, di nuovi strumenti di controllo e verifica.

Il comitato è formato a sua volta da sette esperti, tra cui un giurista e un infermiere. I membri non prendono compensi e durano in carica cinque anni, rinnovabili una volta sola. Ricevuta la richiesta da parte del paziente, l’organismo ha 60 giorni per verificare la sussistenza dei requisiti e rispondere. L’istanza può essere ritirata in qualunque momento dall’interessato, ma in caso di assenso negato, devono passare 180 giorni prima che la richiesta, a fronte di condizioni cliniche mutate, venga reiterata. In conclusione, per volontà forte della maggioranza, soprattutto di Fratelli d’Italia e Lega, il Servizio sanitario nazionale viene escluso dalla partita e non potrà erogare materialmente i servizi connessi al fine vita.

Proprio su quest’ultimo punto qualche crepa si è aperta nel centrodestra. Forza Italia infatti sembra disposta a concedere un ruolo al Ssn, mentre le opposizioni gridano compatte al rischio discriminazione tra malati di serie A e serie B e proveranno certamente a modificare la norma per scongiurare quella che definiscono una “privatizzazione” del suicidio assistito. Non a caso, c’è chi già prefigura un contrasto con l’articolo 32 della Costituzione che garantisce le cure anche agli indigenti, mentre sulla base della versione attuale del ddl il fine vita potrebbe diventare un affare per ricchi e comunque senza le tutele della sanità pubblica rispetto alle procedure adottate. Il testo, peraltro, non disciplina minimamente dimensione, composizione, figure, competenze e requisiti dell’équipe che dovrebbe ottemperare alle volontà del paziente terminale. Al netto di tutte le incognite legate al fenomeno dell’obiezione di coscienza.  

Altro nodo riguarda la presenza stessa di un Comitato di valutazione unico, accentrato e sotto il controllo sostanziale della politica nazionale. Per le opposizioni si tratta di un organismo da “Stato etico”: le proposte di modifica delle minoranze proveranno dunque a smontarlo, magari immaginando svariati comitati territoriali indipendenti che possano essere più vicini ai casi concreti e contribuire così a snellire le procedure. Più in dettaglio, poi, pure il termine minimo di 180 giorni per reiterare la richiesta di fine vita è già nel mirino del centrosinistra che tenterà, attraverso gli emendamenti, di accorciare i tempi. Infine, c’è il nodo delle cure palliative: nessuno mette in dubbio la necessità che siano accessibili a tutti, ma le opposizioni si sono dette contrarie alla loro obbligatorietà.


Il testo base in discussione al Senato


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