Quell'infermiera che, in casa, ha salvato il cuore e la vita al padre
A dimostrazione che questo lavoro "non è una missione, ma una professione che purtroppo non viene adeguatamente retribuita e riconosciuta". "Finché ciò non avverrà continuerà la fuga dei nostri professionisti dagli ospedali". Sono i commenti del segretario amministrativo Nursind Milano Paolo Toscano e del coordinatore Nursind Lombardia Donato Cosi

Infermieri poco valorizzati nonostante rivestano un ruolo centrale. Nei reparti e in corsia, ma anche fuori dagli ospedali. Per strada o in casa, come nel caso di Francesca, professionista che lavora all’ospedale San Carlo di Milano e che il 30 aprile scorso, trovandosi tra le mura domestiche è stata determinante per salvare la vita di suo padre Vincenzo, 64enne, arrivato in aereo dalla Sicilia poche ore prima insieme alla moglie per trascorrere qualche giorno insieme alla figlia.
I FATTI
Improvvisamente, verso le ore 16:10, Francesca sente un botto: si gira mentre era seduta in sala e vede suo padre riverso per terra. Capisce subito che è successo qualcosa di grave: Vincenzo aveva avuto un arresto cardiocircolatorio. La donna non si perde d’animo: telefona subito al 112 e inizia la rianimazione cardio polmonare. Quindi, continua a rianimare il padre, senza sosta: per 16 interminabili minuti tenta disperatamente di 'riportare' in vita il suo papà. Quando arrivano i soccorritori del 118 la situazione è disperata. Solo dopo 30 minuti il cuore di Vincenzo riprende a battere. La corsa disperata all’ospedale Sacco di Milano dove l’uomo viene sottoposto a un delicatissimo intervento.
IL LIETO FINE
Alla fine Vincenzo è stato dimesso, adesso è a casa, sta bene e naturalmente sta seguendo un percorso di riabilitazione. Aveva avuto un arresto cardiocircolatorio per l’occlusione di un'arteria coronarica ed una concomitante ipopotassiemia.
MORALE?
"Una vicenda che dovrebbe far riflettere il governo e l’opinione pubblica sull’importanza della nostra professione – spiega il compagno di Francesca, Paolo Toscano, segretario amministrativo Nursind Milano -. Vincenzo si è salvato perché sua figlia è un’infermiera e ha seguito un preciso e severo percorso di studio per apprendere la professione. Perché quella dell’infermiere non è una missione o un mestiere: è una professione che, purtroppo, in Italia non viene adeguatamente retribuita e riconosciuta e spesso ci sono operai o artigiani che guadagnano molto di più di quello che guadagna un infermiere, un professionista preparato per salvare una vita". Una posizione ribadita anche da Donato Cosi, coordinatore regionale Nursind Lombardia e membro della direzione nazionale del sindacato: "Fino a quando la nostra professione non verrà riconosciuta avremo ospedali dai quali gli infermieri scappano, e una sanità che continuerà a vacillare".
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