Payback: i senatori tentano il blitz pro-imprese nel dl Economia
Alla vexata quaestio è dedicato l'articolo 7 del provvedimento in discussione a Palazzo Madama. Le modifiche puntano ad allungare i tempi di pagamento, a sostenere le Pmi in difficoltà e in qualche caso fanno capolino veri e propri colpi di spugna

Continua il lavoro di vaglio e scrematura, ma senza i segnalati, dei 910 emendamenti presentati al cosiddetto decreto legge Economia, in discussione alla commissione Bilancio del Senato. Il problema è far quadrare le risorse e le votazioni vere e proprie dovrebbero prendere avvio non prima di giovedì 24 luglio. Tuttavia, governo e maggioranza stanno intanto facendo il punto su priorità e nodi da sciogliere, tra cui il tema caldo del payback sanitario. Il testo dovrebbe arrivare in Aula a Palazzo Madama il 30 luglio per essere approvato due giorni dopo. Lo attende quindi la Camera dei deputati, nella quale la discussione generale è già calendarizzata per il 4 agosto. La scadenza per la conversione è il 29 agosto.
Sul versante sanitario, hanno fatto discutere i due emendamenti di Fdi e Lega, giudicati poi ammissibili e dunque ancora in ballo, che per smaltire le liste d’attesa innalzano da 0,4% a 0,7% il tetto del finanziamento del Ssn da destinare alle strutture private convenzionate. Mentre era stata dichiarata improponibile una modifica simile, ancora a firma Fratelli d’Italia, che fissava la soglia allo 0,5%.
Ma il capitolo più corposo riguarda la vexata quaestio del payback sanitario, contro cui sono da tempo in trincea le imprese di settore, paventando perdite complessive per circa 3 miliardi di euro. Il decreto, all’articolo 7, prende in carico il problema a partire dagli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 e ricorda innanzitutto l’istituzione, nel 2023, di un fondo da 1.085 milioni di euro che aveva già compensato il 52% dei 2.085 milioni dovuti dai fornitori agli enti autonomi. Ora la norma dimezza ancora quel restante miliardo di euro: 520 milioni vanno a carico delle aziende, mentre gli altri 480 milioni finiscono in capo a un nuovo fondo statale per 360 milioni e alle stesse regioni e province autonome che devono sobbarcarsi i residui 120 milioni, giostrando in seno ai bilanci sanitari.
Le modifiche dei senatori cercano in linea di massima di concedere più tempo alle imprese per rifondere gli enti sanitari, immaginano compensazioni sui versamenti, disegnano sostegni a beneficio delle Pmi che dovessero trovarsi in difficoltà economico-finanziaria e in qualche caso prevedono dei veri e propri colpi di spugna sui pagamenti. Fratelli d'Italia, ad esempio, con un emendamento chiede al ministero dell’Economia e al Mimit di promuovere “la stipula di specifiche convenzioni finalizzate a garantire l'accesso a linee di credito assistite da garanzia pubblica, in favore delle imprese tenute ai versamenti” connessi al payback. Il meccanismo vede l’intesa dell’Abi, di Sace, del Mediocredito centrale e altri intermediari vigilati.
La Lega, dal canto suo, punta con una modifica del senatore Massimo Garavaglia a fare in modo che “alle aziende fornitrici di dispositivi medici che abbiano provveduto al versamento del 48% degli importi indicati nei provvedimenti regionali e provinciali" vengano "riconosciuti gli importi, effettivamente versati, eccedenti la quota del 25%, in detrazione rispetto a quanto eventualmente dovuto a titolo di ripiano dello scostamento del tetto di spesa dei dispositivi medici per gli anni successivi al 2018, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".
Forza Italia e Pd, in ottica bipartisan, chiedono invece che l’ente creditore conceda una ripartizione del pagamento fino a 60 rate mensili sulla scorta della semplice istanza dell’azienda fornitrice che dichiari una temporanea e obiettiva difficoltà economica e finanziaria. Il perfezionamento della procedura preclude quindi ogni ulteriore azione giudiziale. Ma anche nel lasso di tempo che intercorre tra la richiesta di rateazione e la sua accettazione “sono precluse nuove azioni esecutive e sono altresì sospese le eventuali azioni esecutive in corso”. Ancora gli azzurri puntano poi a fare in modo che per gli anni dal 2015 al 2018 gli obblighi delle aziende fornitrici di dispositivi medici si intendano assolti con il versamento, in favore degli enti territoriali, entro il 31 dicembre prossimo, della quota del 25% degli importi indicati nei provvedimenti regionali e provinciali. Il decreto, invece, stabilisce il termine per il versamento a “30 giorni dalla data di entrata in vigore” del provvedimento. In pratica, si tratterebbe appunto di un colpo di spugna.
Un’altra proposta bipartisan, Fdi e Pd, mira a far sì che "per esigenze di liquidità connesse all'assolvimento dell'obbligo di ripiano" si permetta alle Pmi di "richiedere finanziamenti a banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e ad altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, suscettibili di essere assistiti, previa valutazione del merito di credito, dalla garanzia prestata" dal Fondo del Mediocredito centrale. Anche il M5s punta a una dilazione ampia (36 rate) del versamento per le Pmi in temporanea difficoltà economico-finanziaria. E ancora il Partito democratico e il Cinquestelle immaginano una franchigia sugli obblighi di pagamento a carico dell’impresa fornitrice per gli anni 2015-2018, pari a 5 milioni di euro e determinata in relazione al fatturato annuo del periodo considerato. Infine, lo stesso M5s propone di cancellare del tutto gli importi da versare come payback qualora la cifra complessiva non superi i 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018.
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