Roghi estivi, diossina e metalli pesanti minacciano la salute
Non solo danni al sistema respiratorio, i fumi arrivano a intaccare anche metabolismo, sistema immunitario e benessere mentale. Il presidente Sima, Alessandro Miani: "L'esposizione ripetuta aumenta il rischio di tumori polmonari, ictus, infertilità e declino congnitivo"

L’estate, purtroppo, spesso e volentieri è associata agli incendi. Che siano dolosi o no, poco importa. Almeno sul fronte della salute. Il fumo infatti può provocare effetti dannosi che non vanno affatto trascurati. C’è da dire che nel 2024, stando al report annuale che fa l’Ispra, la superficie complessiva colpita da incendi boschivi in Italia si è un po' ridotta rispetto ai cinque anni precedenti. Si tratta di 514 km2, una estensione superiore solo a quanto bruciato nel 2018 e nel 2019, ma decisamente inferiore a tutti gli anni tra il 2020 ed il 2023. Ciò non toglie che l’aria che si respira è importante e che, quindi, bisogna fare molta attenzione. Senza trascurare neppure i rischi legati ai roghi di rifiuti, altro grande classico d’estate soprattutto in quelle regioni e città sempre in emergenza immondizia.
In generale, gli inquinanti liberati nell’aria, dal monossido di carbonio fino a composti come diossine e a metalli pesanti come piombo, mercurio e arsenico, possono rivelarsi molto pericolosi. Tra l’altro non solo per il sistema respiratorio. Arrivano a coinvolgere infatti anche metabolismo, sistema immunitario e salute mentale. Come spiega il presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima), Alessandro Miani, nell’intervista rilasciata a Voce della Sanità, ci sono pure i danni a lungo termine: "Studi condotti in California, Australia e Grecia confermano che l’esposizione ripetuta aumenta il rischio di tumori polmonari, ictus, infertilità e declino cognitivo", avverte. Il numero uno di Sima, inoltre, mette in guardia dal mix calore e fumi proprio perché “il caldo aggrava i danni degli incendi". Un dato su tutti? "Il combinato calore-fumo ha triplicato la mortalità respiratoria in alcune aree dell’Europa meridionale", conclude, citando uno studio pubblicato su The Lancet Planetary Health.
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