Zanzare d'estate: West Nile, Chikungunya e gli altri virus da tener d'occhio
La tropicalizzazione del clima e gli insetti più aggressivi mettono l'Italia sempre più a rischio. I numeri non allarmano, ma la preoccupazione cresce. Ciccozzi a Nursind Sanità: "La 'tigre' è più subdola". Ecco perché

Facile parafrasare Leonardo Sciascia: fatto sta che la ‘linea della palma’ sale sempre più al Nord. Il clima si tropicalizza, le zanzare si diffondono, diventano via via più aggressive e l’Italia è più esposta all’endemia in relazione a malattie ritenute un tempo ‘esotiche’, virus di cui i fastidiosi insetti sono vettori.
L’attenzione mediatica al momento si concentra sul West Nile: i nove morti dall’inizio dell’anno generano preoccupazione, ma il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità sottolineano che l’andamento epidemiologico è per adesso in linea con quello degli anni precedenti. I casi accertati dall’avvio del 2025 sono 89, però si tratta della punta di un iceberg, visto che l’80% delle infezioni è asintomatico.
Massimo Ciccozzi, responsabile di Statistica medica e Epidemiologia molecolare dell’Università Campus Biomedico di Roma, a Nursind Sanità smonta comunque l’allarme e sconfessa la previsione di un presunto picco del West Nile dopo Ferragosto: “Ma come si fa a dire una cosa del genere? Non è mica una malattia respiratoria. Possiamo parlare di un maggior numero di contagi e possiamo prevedere, sulla scorta delle serie storiche, che agosto sarà il mese con più infezioni. Ma siamo in linea con gli anni precedenti: nel 2024 abbiamo avuto 484 casi, quest’anno potrebbero essere 500 o 600, ma comunque non ci discosteremo molto da queste cifre, anche perché il numero di zanzare infette è limitato”.
Poi l’esperto rincara con tono accorato: “Sento qualcuno che presenta modelli matematici con cui si prevedono 10mila casi di West Nile nel 2025: non arriveremo a un conteggio del genere nemmeno se il virus glielo spremi dentro alle persone”. In effetti, il trend degli ultimi anni, certificato dall'Iss, non giustifica particolari allerte. Nel 2024 ci sono stati appunto 484 casi (266 nella forma neuro invasiva) con 36 decessi. Nel 2023 sono stati meno: 394 (195 nella forma neuroinvasiva) con 32 decessi, ma il 2022 aveva visto ben 728 infezioni (330 nella forma neuroinvasiva) con 51 decessi.
Si discute invece pochissimo del Chikungunya (Chikv) che appartenente al genere alfavirus. A differenza del West Nile non si trasmette attraverso la puntura della nostra zanzara autoctona, la Culex, ma il vettore è rappresentato dalle femmine infette del genere Aedes, (Aedes aegypti e Aedes albopictus), ossia la celebre zanzara tigre. Ancora Ciccozzi spiega: “La ‘tigre’ è con noi dagli anni Novanta, ma è più subdola della Culex, perché non la senti arrivare, non avverti il suo ronzio e può pungerti a tutte le ore, anche di giorno. Poi si rintana nella vegetazione e non rimane lì nei paraggi come la nostra zanzara”.
Il caso zero di Chikungunya, identificato in provincia di Bologna, è in realtà di importazione: si tratta di una persona che aveva viaggiato in una zona a rischio. L’epidemiologo romano conferma: “Fino al 29 luglio si sono registrati solo due autoctoni su 32 infezioni segnalate”. E aggiunge: “Si tratta di una tipica malattia da viaggio: possiamo consigliare repellenti, abiti lunghi, chiari e leggeri quando ci si trova in aree tropicali, ma poi non esistono vaccini o farmaci ad hoc per curare il virus”. Esattamente come succede con West Nile, la differenza è che in questo caso non si registrano finora decessi. Rimane comunque raccomandato il ricorso ad analgesici o antipiretici per alleviare i dolori e la febbre.
Rispetto al percorso di trasmissione, Ciccozzi la mette in modo semplice: “Il vettore è sempre la zanzara, il Chikungunya non passa da uomo a uomo. Noi possiamo essere contagiati dall’insetto, ma l’insetto che punge noi non si infetta mai a causa nostra”. Il serbatoio invece sono sempre gli uccelli. L’infezione da Chikungunya appare circa 4-8 giorni dopo la puntura e scatena mal di testa, nausea, affaticamento, a volte febbre ed eruzioni cutanee. Il sintomo più caratteristico è tuttavia legato ai dolori articolari. “Molto forti, ma normalmente poi passano via senza lasciare tracce”, chiosa Ciccozzi. Certo, in alcuni pazienti si segnalano problemi alla vista, impatti neurologici o complicanze cardiache. I più fragili sono neonati e anziani e raramente il Chikungunya porta alla morte accanto ad altre cause.
Eppure, questo virus dal nome esotico non è affatto nuovo dalle nostre parti: molte decine di casi erano state segnalate in Emilia Romagna già nel 2007 e varie infezioni anche nel Lazio dieci anni dopo. In totale, tra il 2006 e il 2023, abbiamo avuto 142 casi di Chikungunya in Italia, che vanno a braccetto con i 1.577 di Dengue, anch’esso trasmesso dalla zanzara tigre. Così come lo Zika virus, che finora ha fatto registrare quest’anno solamente quattro infezioni. Alla fine, tirando le somme sui casi di arbovirosi, l’Iss segnala dal 1 gennaio al 29 luglio 98 conferme sul Dengue (tre autoctoni), 32 per il Chikungunya, 23 di Tbe (meningoencefalite da zecche), 38 casi del semi sconosciuto Toscana virus (trasmesso dai pappataci) e, appunto, quattro per Zika virus. Numeri che non devono (ancora) allarmare, anche se l’approccio One Health sembra non funzionare e la ‘linea della palma’ continua inesorabilmente a salire.
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