Infermieri, il buco nero degli stipendi: 35 anni di tagli e scelte sbagliate
Un focus del Centro studi Nursind mette in fila i numeri che raccontano tre decenni di erosione delle buste paga dei professionisti, tra austerity e politiche fallimentari: fino a 10mila euro in meno per chi è neoassunto e addirittura fino a 16mila per chi vanta 40 anni di servizio

Il piano ha iniziato a inclinarsi oltre un trentennio fa. Le buste paga degli infermieri, a parità di potere d’acquisto, hanno conosciuto un’erosione inesorabile dall’inizio degli anni Novanta, un crollo che non dipende soltanto, come si potrebbe pensare, dai tagli finanziari e dalle manovre di austerity, ma fa capo a errate scelte normative e a una “politica di appiattimento tipica dei sindacati generalisti che, lo ricordiamo, al tavolo delle trattive nazionali hanno un valore di rappresentanza di circa il 75%”.
LO STUDIO NURSIND: "PESANO TAGLI E SCELTE NORMATIVE"
Il ‘j’accuse’, fondato sui numeri di un puntiglioso excursus storico che prende in esame tutte le voci stipendiali degli infermieri, è contenuto nel focus del Centro studi del sindacato Nursind, curato dal segretario nazionale Andrea Bottega e dal consulente economico Girolamo Zanella. Gli infermieri di ogni livello e anzianità hanno perso soldi rispetto a tre decenni fa, ma l’effetto delle scelte politiche e ordinamentali è stato anche quello, rincara lo studio, di “uno spostamento delle risorse dalle figure più professionalizzate a favore delle figure meno qualificate e da una allocazione delle risorse più selettiva verso una distribuzione ‘a pioggia’ determinando un appiattimento delle retribuzioni e riducendo notevolmente il gap tra i vari livelli, categorie, aree”. In poche parole, la lunga storia dei rinnovi contrattuali è un piatto che piange per tutti gli infermieri e che, ancor peggio, non ha visto alcuna valorizzazione del merito e delle competenze.
FINO A 16MILA EURO IN MENO IN BUSTA PAGA
Le cifre in ballo sono sconcertanti. Venendo al succo, tenendo conto della rivalutazione Istat 2024 e prendendo lo stipendio nella sua globalità, un infermiere neoassunto oggi guadagna fino a 10mila euro l’anno in meno rispetto a un collega dei primi anni Novanta, mentre per un professionista con 40 anni di anzianità si arriva quasi a 16mila euro. Sul piano strettamente economico, Bottega e Zanella ricordano i blocchi della contrattazione nel difficile periodo 1991-1993, in corrispondenza con la prima grande crisi finanziaria italiana e l’uscita della lira dal sistema dei cambi fissi Sme. E poi il pesantissimo stop 2010-2015 con l’impazzimento dello spread e lo shock sui debiti sovrani seguito alla crisi dei subprime americani, blocco poi dichiarato illegittimo per il futuro dalla Corte costituzionale.
LA PRIVATIZZAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Come si diceva, però, non è solo una questione di soldi. Contano i passaggi normativi e infatti l’analisi Nursind parte proprio dalle retribuzioni del comparto fissate dal Dpr 384 del 1990, noto come terzo contratto unico della sanità dalla riforma del 1978, l’ultimo prima dello shock finanziario gestito dal Governo Amato che sancirà la privatizzazione del rapporto di lavoro e darà vita all’Aran, nata appunto nel 1993. Si passò all’epoca dai Dpr ai Ccnl e il focus attacca: “È assolutamente incontrovertibile che le retribuzioni in Italia previste dal succitato contratto, aggiornate con le rivalutazioni Istat” nel tempo “si siano ridotte sia per le croniche scarse risorse sia soprattutto per alcune scelte politico-sindacali quanto meno discutibili”.
ADDIO AL SISTEMA DEI LIVELLI: SI APRE IL BARATRO
Ecco dunque il piano che inizia a inclinarsi, spinto verso il basso da logiche secondo il Nursind sbagliate come quella di favorire “promozioni massicce dei profili di livello medio basso, anche in pendenza dei titoli di studio previsti, tramite selezioni interne o corso-concorso o con norme di primo inquadramento di un rinnovo contrattuale i cui finanziamenti sono sempre stati ricompresi nei costi contrattuali a scapito di una contrazione delle retribuzioni più elevate”. Sul banco degli imputati finisce soprattutto il passaggio, negli anni, dal sistema dei livelli a quello delle categorie con fasce di progressione interna, fino alle aree. La differenza stipendiale tra le figure apicali e quelle base scivola così da un +70% del 1990 a circa il +40% del periodo 1998-2018, fino a ridursi a circa il 26%, all’inizio del 2023, tra l’area dei professionisti della salute e dei funzionari e l’area del personale di supporto. In numeri assoluti, se prendiamo in considerazione solo il tabellare, l’ex livello 8bis ha perso oltre 8mila euro dal 1990 ad oggi, mentre il livello 1 ha guadagnato poco oltre mille euro.
IL CONFRONTO IMPIETOSO SULLE ALTRE VOCI
Considerando le altre voci del trattamento economico fondamentale (stipendio base e indennità fisse e continuative), i calcoli Nursind prendono in esame il caso di un ex livello 6. L’infermiere neoassunto dal 1990 ad oggi ha perso 1.135 euro come stipendio base e 1.320 alla luce delle altre voci, per un totale di quasi 2.500 euro. Mentre un professionista con 40 anni di anzianità si è visto scippare in busta paga oltre 8.500 euro. Pure il confronto tra il vecchio plus orario e il successivo fondo della produttività è impietoso. Nel caso di un infermiere neoassunto la perdita economica per un’ora di lavoro aggiuntivo a settimana supera i 1.500 euro annui e i 5mila euro per due ore aggiuntive settimanali. Nel caso invece di un professionista con 40 anni di servizio, vanno in fumo rispettivamente oltre 2.150 e oltre 6.200 euro l’anno. Infine, le penalizzazioni sono marcate anche sulle indennità del salario accessorio se si confrontano i livelli stipendiali del 1990 con il Ccnl 2022-2024: per citare alcune cifre, l’indennità giornaliera per personale infermieristico operante su triplo turno perde 4,74 euro e quella riservata a chi opera nei servizi di malattia infettiva vede sparire 6,35 euro al giorno.
BOTTEGA: "INVERTIRE IL TREND CON L'AREA DELL'ELEVATA QUALIFICAZIONE”
Bottega chiosa: “È evidente che un simile trend di appiattimento si può invertire ad esempio con il sistema degli incarichi che viene mutuato dal Ccnl della dirigenza e, quindi, facendo decollare l’area dell’elevata qualificazione, ancora purtroppo solo sulla carta. Sarebbe il giusto strumento per dare un riconoscimento al personale con livelli più alti di formazione in termini sia di carriera che economici”. In tal senso, aggiunge il segretario, “andrebbe definito un fondo contrattuale specifico in cui dovrebbero confluire anche le risorse dei differenziali economici e delle indennità fisse e continuative che fanno capo al fondo del personale laureato”. E a Nursind Sanità rincara la dose: “Chiediamo risorse in più da indirizzare al sistema delle indennità”.
ZANELLA: "SERVE UN CAMBIO RADICALE NELLA GESTIONE DEL PERSONALE”
Zanella a sua volta riflette: “Dopo oltre 30 anni ci vorrebbe un cambiamento radicale nella gestione del personale. Il sistema riformato nel 1978 ha messo assieme persone arrivate da cinque categorie di enti diversi e gli ospedalieri sono stati i più penalizzati, mentre gli altri avevano sempre una leggina ad hoc che li favoriva. Ora è necessaria una diversificazione a priori e un forte aumento dei fondi specifici per il disagio, mi riferisco ai turni notturni, ai festivi o alla pronta disponibilità. Sono soldi che non devono finire nel calderone del contratto, ma devono essere indirizzati al disagio per legge”.
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