Case della comunità: solo il 2,7% in linea con gli standard Pnrr
L'ultimo monitoraggio Agenas sull'applicazione del dm 77 del 2022 si ferma al 30 giugno scorso. Ma i numeri mostrano quanto siano lontani gli obiettivi del Recovery a nove mesi dal traguardo. Appena un quarto degli Ospedali di comunità attivati sul totale previsto

Avanti piano, anzi pianissimo con la riforma dell’assistenza territoriale voluta dalla Missione 6 Componente 1 del Pnrr. Le Case della comunità (Cdc) con almeno un servizio attivo sono 660 su 1.723 programmate, poco più di una su tre. I numeri crollano però quando si tratta di contare le Cdc con una presenza medica attiva allineata agli standard del decreto ministeriale 77 del 2022: appena 172. Se dal presidio medico si passa a quello infermieristico, si scende ancora a 162. Mentre 172 sono le strutture con tutti i servizi obbligatori dichiarati attivi. E appena 46 (il 2,7%) le Case della comunità che hanno avviato sia i servizi obbligatori sia la presenza medica e infermieristica secondo i dettami del dm 77. Delle 660 attive, a volte anche in sedi provvisorie, 282 sono presenti nelle sole Lombardia ed Emilia Romagna, mentre ben quattro Regioni languono a quota zero: Abruzzo, Basilicata, Campania e Provincia di Bolzano.
Si tratta di numeri che arrivano dal monitoraggio Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, sull’applicazione del provvedimento normativo che regola i modelli delle prestazioni territoriali. I dati sono aggiornati al 30 giugno scorso e va detto, come nota di metodo, che si registrano leggeri disallineamenti tra le cifre che emergono dalla programmazione dei tavoli istituzionali dei Cis (Contratti istituzionali di sviluppo) e quelle rendicontate attraverso la piattaforma Regis, lo strumento unico attraverso cui le amministrazioni interessate devono adempiere agli obblighi di monitoraggio delle misure e dei progetti finanziati dal Pnrr. Discrasia fondamentalmente connessa ai ritardi tecnici con cui Regis incorpora gli adeguamenti.
Sulle Case della comunità, struttura chiave della riforma e da tempo al centro dei riflettori e delle polemiche, Agenas fa notare che l’avanzamento degli interventi legati al Pnrr ha determinato in alcune circostanze a livello territoriale la rivisitazione di servizi che risultavano operativi nel semestre scorso. E aggiunge: “Le Case della comunità pienamente operative sono spesso collegate a realtà regionali-provinciali che partivano da un modello organizzativo di assistenza territoriale già indirizzato a quello individuato dal dm 77-2022”. In ogni caso, le 1.723 totali considerate riguardano sia la programmazione Cis che extra Cis, mentre il traguardo finale del Pnrr si avvicina inesorabilmente: 30 giugno 2026.
Sugli Ospedali di comunità, l’altra gamba infrastrutturale chiave del ridisegno dell’assistenza territoriale, siamo a circa un quarto di aperture rispetto ai target del Recovery plan. Il totale previsto a metà dell’anno prossimo è di 592 (Cis ed extra Cis). Finora ne sono stati attivati appena 153, con 2.716 posti letto, anche in sede provvisoria. Qui tra le Regioni spicca il Veneto con 46 strutture, seguono Lombardia (26) ed Emilia Romagna (24). A zero ancora molti territori: Basilicata, Calabria, ma anche Marche, Valle d’Aosta e Provincia di Bolzano. Lo stesso Lazio langue con 2 presidi. Le notizie migliori riguardano invece le Centrali operative territoriali (Cot), che tuttavia a fine dicembre 2024 avevano già tagliato il traguardo Pnrr di 480 strutture attive ed erano ben oltre, a quota 612. Oggi siamo a 638 funzionanti e certificate su 651 programmate (Cis ed extra Cis).
Il monitoraggio Agenas si dedica poi all’Assistenza domiciliare integrata (Adi). Una tabella divide le regioni in base ai 568 distretti sanitari presenti sul territorio nazionale e indica in percentuale quelli in cui è presente almeno un erogatore dei vari servizi considerati (assistenza infermieristica, del medico di base, del pediatra di libera scelta, medico-specialistica, riabilitativa, servizi socio-assistenziali e fornitura di farmaci e dispositivi). La maggioranza delle Regioni ha un quadro di copertura del 100% su quasi tutti i fronti. Pecora nera appare la Sicilia che non raggiunge mai la soglia massima, mentre la Lombardia crolla al 19% sui medici di medicina generale e al 20% sui pediatri. E Bolzano è a zero sui servizi socioassistenziali.
Infine il documento si sofferma sulla copertura di distretti con almeno un erogatore del servizio unità di cure palliative domiciliari. Solo sette aree del Paese su 21 raggiungono il 100%, mentre la Sicilia è in coda con il 27%. Se si considerano sia gli erogatori pubblici che privati accreditati e non accreditati, la Lombardia spicca con 936 punti di erogazione, mentre in Trinacria (popolazione oltre la metà di quella lombarda) ce ne sono appena 35.
Il monitoraggio Agenas (pdf)
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