"La Medicina interna sia al centro del nuovo rapporto tra ospedale e territorio"
La Simi: "Oltre il 20% dei pazienti, per lo più ad alta complessità, rimane ricoverato in modo inappropriato". Ciocchetti (FdI): Valorizzare il ruolo degli internisti per la loro visione globale dei pazienti". Malavasi (Pd): "Possono essere perno di una rinnovata gestione della presa in carico e dei percorsi di cura"

Il ruolo strategico che svolge la Medicina interna e quello che sempre più potrà assumere nell’ottica di un potenziamento dell’assistenza territoriale. Alla Camera oggi si è parlato proprio di come questa branca possa migliorare il processo di dimissione dei pazienti dagli ospedali per acuti. Si tratta per lo più di soggetti ad alta complessità e con plurime patologie, ma più del 20% di essi rimane ricoverato in maniera inappropriata, riducendo la disponibilità dei posti letto per il pronto soccorso. A organizzare l’iniziativa “Integrare per curare: la medicina interna tra ospedale, territorio e governo del percorso assistenziale", promossa dal vicepresidente della commissione Affari sociali, Luciano Ciocchetti (FdI), è stata la Società italiana di medicina interna (Simi), che va a congresso dal 10 al 12 ottobre a Rimini.
IL NODO DELLA DIMISSIONE DEI PAZIENTI
L'attenzione si concentra appunto sui pazienti che, una volta dimessi, hanno ancora bisogni assistenziali complessi e residui. I medici internisti sono consapevoli della necessità di un approccio più complessivo, che non si limiti alla cura della patologia acuta in ospedale, ma che integri strettamente l'assistenza ospedaliera con quella del territorio. Questo cambiamento è cruciale per la gestione efficace dei pazienti cronici e polipatologici, che necessitano di un'assistenza continua e coordinata tra ospedale e comunità.
INTERNISTI PUNTO DI RACCORDO TRA OSPEDALE E TERRITORIO
"La Medicina interna rappresenta oggi un presidio fondamentale per garantire l’appropriatezza e la continuità delle cure – sottolinea quindi Ciocchetti –. Il nostro sistema sanitario sta vivendo una fase delicata: da un lato la pressione crescente sugli ospedali, dall’altro la necessità di rafforzare i servizi territoriali. Per questo credo sia indispensabile valorizzare il ruolo dei medici internisti, che con la loro visione globale del paziente possono essere il punto di raccordo tra ospedale e territorio. L’obiettivo deve essere quello di costruire un percorso assistenziale integrato, capace di accompagnare i cittadini non solo durante la fase acuta della malattia, ma anche nella gestione delle cronicità, evitando ricoveri impropri e migliorando la qualità della vita delle persone. Come Parlamento e come istituzioni siamo chiamati a sostenere questo cambiamento, investendo su professionalità, strutture e modelli organizzativi che mettano davvero il paziente al centro".
I NUMERI DELLA MEDICINA INTERNA IN ITALIA
"Spina dorsale del sistema ospedaliero – spiega a sua volta il presidente della Simi Nicola Montano – la Medicina interna è la specialità con il maggior numero di ricoveri e posti letto: in Italia ci sono 1052 unità con poco meno di 30.000 posti letto e un numero di ricoveri per acuti annuali di circa 1.000.000. La maggior parte di questi pazienti è ad alta complessità, con plurime patologie e bisogni assistenziali e sociali molto elevati. Un recente studio Simi-Fadoi ha messo in luce che più del 20% di questi pazienti rimangono ricoverati in maniera inappropriata, riducendo la disponibilità dei posti letto per il pronto soccorso e quindi contribuendo al boarding. È chiaro quindi che è tutto il percorso territorio-ospedale-territorio che va riformato, e la Medicina interna va coinvolta perché è uno degli attori principali di questo cambiamento".
"MEDICINA INTERNA COME FLUSSO DI CURA"
A sua volta, la presidente eletta della Simi Cecilia Becattini, riguardo alla riforma, osserva: "È essenziale una visione della Medicina interna come un flusso di cura, che accoglie il paziente acuto nelle unità di Medicina differenziate in diverse intensità di cura, lavorando a fianco ed in continuità con i pronto soccorso; durante il ricovero, considerando il paziente un unicum, la Medicina interna è il punto di raccordo indispensabile per la medicina specialistica e in dimissione rappresenta il raccordo con la medicina del territorio per la maggior parte dei pazienti".
"Il medico internista rappresenta una risorsa chiave nella gestione delle persone con patologie croniche e complesse. La capacità di valutare il paziente nella sua interezza, anziché focalizzarsi su singoli organi o sistemi, permette all’internista di intervenire in modo efficace non solo sulla patologia principale, ma anche sulle sue complicanze e sulle eventuali comorbidità. L’internista, in questo contesto, si configura come lo specialista di riferimento, capace di prendersi cura delle persone con patologie croniche in ogni fase del percorso di cura: dall’acuzie alle riacutizzazioni che richiedono ospedalizzazione, fino alle fasi più avanzate della malattia. Il suo approccio non si limita alla gestione della patologia, ma considera anche gli aspetti sociali e familiari, offrendo una visione globale della salute del paziente”, aggiunge il past president Giorgio Sesti.
"SERVE UN APPROCCIO GLOBALE ALLE PATOLOGIE"
Sul piano delle più recenti politiche sanitarie invece, il vicepresidente Simi, Roberto Tarquini, ricorda come "nel 2016 il Piano nazionale della cronicità (PNC) stabilisca principi quali presa in carico integrata, continuità assistenziale e centralità della persona; il limite di questo approccio è stato considerare le singole malattie, piuttosto che il paziente cronico pluripatologico. Questo ha prodotto una frammentazione dei percorsi e una non sostenibilità del modello; solo un approccio globale a questi pazienti rende il modello sostenibile, in un continuum tra medici di medicina generale e ospedale, dove l’internista è l’unico specialista, in grado di gestire questi malati con un impiego di risorse contenuto. La nascita delle Case di Comunità può essere sì una nuova opportunità, a patto che si disponga di risorse adeguate e si superino barriere organizzative, ma soprattutto anacronistici conflitti culturali tra specialisti e medici di famiglia”.
UN RUOLO DA RAFFORZARE
"La Medicina interna è al centro di una profonda trasformazione in relazione ai cambiamenti demografici, alle nuove tecnologie e ai percorsi di cronicizzazione di numerose patologie, senza dimenticare le difficoltà che riguardano finanziamenti e sostenibilità del nostro sistema sanitario. La carenza di personale e l'aumento del carico di lavoro minacciano la qualità dell'assistenza, richiedendo urgenti investimenti e una valorizzazione del ruolo degli internisti, che in questi anni non abbiamo visto. In questo contesto, tra le altre cose, a maggior ragione, sarebbe fondamentale rafforzare sempre più l'integrazione ospedale-territorio, dove gli internisti possono agire, grazie alla loro visione globale e olistica, come perno di una rinnovata gestione della presa in carico delle persone e dei percorsi di cura. Lo scorso anno avevo accolto con molto interesse la proposta di un’indagine parlamentare conoscitiva in merito alla situazione dei reparti di Medicina interna, idea lanciata dalla Federazione dei Medici Internisti Ospedalieri che, tuttavia, al momento non ha avuto seguito. Penso che sia necessario rilanciare questa necessità di conoscenza e confronto, proprio perché stiamo parlando di un ambito centrale nell'organizzazione del nostro sistema sanitario, che deve essere valorizzato e tutelato a favore di tutti e tutte, come tutela della salute e principio fondante della nostra democrazia”, conclude la deputata Pd Ilenia Malavasi, membro della commissione Affari sociali della Camera.
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