Allergie in aumento: ne soffre un italiano su tre
Gli allergologi lamentano il mancato aggiornamento dei Lea: "Le prestazioni sono remunerate con tariffe datate. C'è discrepanza tra l'incremento della domanda e le risorse diponibili nel SSn"

Le stime parlano chiaro: circa un italiano su tre soffre di una patologia allergica. Un trend in costante aumento che impatta sulla qualità di vita dei pazienti e sulla sostenibilità del sistema sanitario, come evidenziano gli allergologi che vanno a congresso da domani e affronteranno proprio questo tema (il Congresso nazionale è promosso dall’Associazione allergologi immunologi italiani territoriali e ospedalieri -Aaiito).
NODO LEA: PRESTAZIONI ALLERGOLOGICHE REMUNERATE CON TARIFFE DATATE
“La pressione epidemiologica delle allergie si avvicina al 30% della popolazione – sottolinea l’attuale presidente Lorenzo Cecchi – e chiunque faccia il medico si trova quotidianamente davanti a un paziente allergico. È un tema che riguarda tutti, non solo gli specialisti”. In Europa, i disturbi allergici rappresentano oggi la principale causa di malattie croniche non trasmissibili tra i giovani adulti, un dato che conferma l’urgenza di strategie di prevenzione e formazione mirate.
Una criticità rilevante, secondo il presidente designato Francesco Murzilli, riguarda la discrepanza tra l’aumento della domanda di prestazioni allergologiche e le risorse disponibili nel Servizio sanitario nazionale. I Livelli essenziali di assistenza (Lea) definiscono le prestazioni garantite ai cittadini, ma molte di quelle allergologiche continuano a essere remunerate con tariffe datate: "C’è una prevalenza elevata di malattie allergiche, ma un investimento economico e politico sempre più ridotto – spiega – tanto da rischiare che il sistema non riesca più a sostenere la domanda crescente di cure e diagnosi specialistiche”.
LE RICHIESTE DEGLI ALLERGOLOGI
L’Aaiito chiede un aggiornamento dei Lea e una maggiore integrazione dell’allergologia nella rete dei servizi territoriali, per garantire diagnosi tempestive e appropriate. Come evidenzia Cecchi, la carenza di percorsi formativi strutturati pesa sul futuro della disciplina e sulla gestione dei pazienti: “C’è un vuoto formativo importante. Mancano percorsi specifici sia a livello accademico che nella formazione dei medici di medicina generale".
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