Malattie cardiovascolari, "L'Ue verso un piano unitario, l'Italia indietro"
L'indagine di Salutequità. Il presidente Aceti: "Ancora risposte parziali ed eterogenee sul territorio nazionale". Il focus sulle cadiomiopatie con le Regioni che rispondono in ordine sparso alle criticità
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte in Italia e nel mondo, con un impatto epidemiologico, sociale ed economico elevato. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono responsabili di oltre 6,5 milioni di decessi prematuri ogni anno, superando il cancro e le malattie respiratorie croniche. In Europa, queste patologie colpiscono oltre 62 milioni di persone e generano un costo annuale di circa 282 miliardi di euro.
I NUMERI IN ITALIA
In Italia, i dati Istat del 2022 confermano che le malattie del sistema circolatorio sono la prima causa di morte, con forti disuguaglianze territoriali: il Mezzogiorno è particolarmente colpito e le persone in condizioni socioeconomiche fragili sono maggiormente a rischio. La spesa sanitaria per le malattie cardiovascolari –considerando solo ipertensione e dislipidemia- nel nostro Paese è stimata in circa 15 miliardi di euro. I farmaci per l’apparato cardiovascolare rappresentano la seconda categoria terapeutica a maggior spesa pubblica.
Ad approfondire il tema è stato l’Osservatorio di Salutequità che ha condotto un’indagine ad hoc sulle malattie cardiovascolari con focus sulle cardiomiopatie.
L'APPROCCIO UNITARIO CHE MANCA
Che cosa è emerso dallo studio? È semplice: in Italia, come spiega il presidente di Salutequittà, Tonino Aceti, ciò che manca è una visione d’insieme e quindi uan risposta unitaria. “La tematica ha una priorità altissima, lo dicono i numeri. Ma le risposte sono parziali ed eterogenee sul territorio nazionale, frutto dell’inefficacia della programmazione nazionale fatta finora”.
Secondo Aceti, ciò che manca è appunto “una cornice nazionale chiara dalla prevenzione alla riabilitazione. Non basta infatti - evidenzia - avere la trattazione in quota parte nel piano nazionale di prevenzione; non basta la quota parte della trattazione del piano nazionale di cronicità, così come approvato (senza cronoprogramma, un sistema di controllo efficace, ecc.), ma serve un piano nazionale di azione dedicato. Lo ha capito bene l’Europa, che sta dando una lettura unica e integrata e sta per emanare il piano europeo cardiovascolare in un’ottica sistematica e unitaria, che ci spingerà a fare di più e meglio”.
LE CARDIOMIOPATIE E LE RISPOSTE IN ORDINE SPARSO SUL TERRITORIO NAZIONALE
L’indagine condotta da Salutequità ha messo in evidenza proprio come ciò che manchi sia l’uniformità d’approccio sul territorio nazionale. Le criticità riscontrate da chi soffre di cardiomiopatie, evidenziate dall’associazione Aicarm, ne sono una prova. Si va dall’accesso disomogeneo ai test genetici ai tempi diagnostici lunghi, dai percorsi frammentati all’ assenza di tutele socio-sanitarie uniformi. Mentre una proposta di legge in discussione in Parlamento punta a introdurre il riconoscimento normativo delle cardiomiopatie come patologia invalidante; l’aggiornamento dei Lea; la definizione di percorsi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; il rafforzamento dei centri specialistici, i territori si muovono in ordine sparso per provare a rispondere alle criticità. E così si passa dalla Toscana che vanta la prima legge per prevenire la morte cardiaca improvvisa nei giovani, con screening scolastici, registro regionale e formazione e mappatura dei defibrillatori (Dae) al Veneto, con il suo centro regionale per lo sport nei giovani con cardiopatie e rete di palestre della salute per attività fisica sicura nelle cronicità. Tra le altre Regioni, se la Sicilia ha annunciato il registro genetico regionale delle cardiomiopatie integrato in uno studio nazionale sullo scompenso cardiaco, la Puglia ha puntato invece su telemonitoraggio e teleconsulti strutturati per scompenso e cardiomiopatie presso Asl Taranto, con percorsi integrati e codici regionali dedicati.
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