Vulvodinia, il percorso a ostacoli dalla diagnosi alla cura
Ne soffre 1 donna su 7 ma per gli esperti è un dato sottostimato. Liris (FdI) a Nursind Sanità: "La patologia va riconosciuta, non è una malattia immaginaria". La Sigo: "Presto linee guida ai ginecologi per la diagnosi"
Una patologia poco nota anche se diffusa, che colpisce 1 donna su 7 con sintomi molto fastidiosi ma difficilmente diagnosticati. La vulvodinia non ha ancora un percorso diagnostico e terapeutico chiaro e capillare sul territorio e non rientra nei Lea. Per questo i senatori di Fratelli d'Italia Paola Mancini e Guido Liris hanno organizzato in Senato un momento di confronto con gli operatori del settore, in vista del Vulvodinia day che si celebra l'11 novembre.
Come spiega Liris "il Servizio sanitario nazionale non affronta nel modo giusto questa patologia che è poco conosciuta. Troppo spesso si accusa la donna di avere una 'malattia immaginaria' ma ci sono sintomi severi e invalidanti". Per il senatore bisogna quindi "riconoscere la malattia, mettendo in campo protocolli e linee guida, dalla diagnosi alle terapie efficaci, perché le donne non debbano soffrire più".
I SINTOMI
Ma di che sintomi parliamo? "Non ci sono segni apparenti, tuttavia le donne lamentano bruciore, dolori e difficoltà nei rapporti sessuali", spiega Filippo Murina, responsabile patologia del tratto genitale inferiore al Buzzi di Milano e direttore scientifico della Associazione italiana vulvodinia. Quindi, prosegue, "è importante una diagnosi precoce che con una visita accurata si può fare".
Parliamo di una patologia diffusa, che interessa il 16% delle donne, ma si tratta di un dato, come evidenzia Murina a Nursind Sanità, "sottostimato. Io credo siano di più perché spesso la vulvodinia non viene individuata dal medico o in modo tardivo".
LA DIFFICILE PRESA IN CARICO
Anche quando viene diagnosticata, però, subentra la difficoltà della presa in carico delle donne. Nell'ambito pubblico sono poche le strutture specializzate, non più di una decina, con scarsa presenza al Sud, e poi ci sono delle realtà private che comportano costi importanti per le pazienti. La comunità medica è quindi al lavoro per un garantire un riconoscimento adeguato della patologia e delle cure. In particolare, la Società italiana di ginecologia e ostetricia sta elaborando delle raccomandazioni destinate ai medici. "Entro fine anno o inizio 2026 - spiega Vito Trojano, presidente della Sigo - forniremo delle linee guida ai ginecologi, perché di fronte a questa patologia invalidante è fondamentale la diagnosi. Senza diagnosi non c'è terapia, ma è possibile solo la cura dei sintomi senza affrontare le cause".
IL TAVOLO AL MINISTERO PER L'INSERIMENTO NEI LEA
Parallelamente, è stato istituito un tavolo al ministero della Salute che, sulla base delle raccomandazioni scientifiche, potrà valutare la cronicità della vulvodinia e l'inserimento della patologia all'interno dei Livelli essenziali di assistenza. "Sono fondamentali le raccomandazioni - sottolinea Murina - perché una volta depositate all'Istituto superiore di sanità saranno vincolanti, e rappresentano un percorso che ogni ginecologo dovrà seguire per diagnosticare e gestire in modo adeguato la cura della malattia. Qualora il medico non dovesse seguirle è anche passibile di sanzione".
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